Dopo quasi quindici anni d’attesa, ciò che ci si aspetta dal ritorno di Duke Nukem al mondo dei first person shooter è innanzitutto un gioco maleducato, capace di entrarti in casa senza chiedere il permesso, rubarti una birra dal frigo e trangugiarla con le gambe incrociate sul tavolino, facendo commenti osceni sul culo della tua ragazza.

In tal senso, gli sviluppatori di 3D Realms si sono prodigati a pompare eccessi di testosterone e cafonaggine nel loro iconico sterminatore di alieni, arrivando a caratterizzare con gusto grettamente trash anche le componenti ludiche più elementari di Duke Nukem Forever. Un esempio su tutti è l’indicatore di ricarica degli scudi energetici, qui rivisitato sottoforma di una barra rappresentante l’ego del protagonista, la cui capacità massima può essere incrementata attraverso parodistiche dimostrazioni di machismo e sciovinismo, innescate dall’interazione con attrezzi per il body building, spogliarelliste in topless, riviste porno o altri elementi scabrosi disseminati per l’ambiente di gioco.

Duke Nukem Forever

Non mancano, inoltre, quelle situazioni a cavallo tra gore e umorismo carnascialesco, da sempre caratteristiche del brand, come le umiliazioni finali da infliggere ai boss alieni sconfitti, utilizzandone i testicoli a mo’ di punch-ball o urinandogli nel cranio, dopo averglielo aperto in due.

Va però ricordato che, oltre a essere il compiaciuto vessillifero del videogioco politicamente scorretto, il Duca di 3D Realms ha pure rivoluzionato il mondo degli sparatutto in prima persona, attraverso l’episodio Duke Nukem 3D del 1996, dove il potenziale innovativo si esprimeva per mezzo di livelli strutturalmente articolati e dall’eccezionale sviluppo verticale. Essi erano in grado di offrire una dimensione di gioco a tutto tondo e finanche un’ombra di free roaming, complici la presenza di aree segrete, da scoprire risolvendo enigmi ambientali, e di un arsenale devastante, capace di ridisegnare lo scenario.

Si tratta di una formula di gioco che conserva inalterata la sua freschezza ancora oggi e che, se fosse stata sviluppata o solo riproposta da Duke Nukem Forever, avrebbe trasformato il revival del Duca in una marcia di trionfo. Purtroppo, Duke Nukem Forever non eredita nessun cromosoma ludico dal suo illustre predecessore, stagnando negli stilemi del first person shooter più anonimo.

Duke Nukem Forever

Il level design risulta drasticamente appiattito dalla rigorosa strutturazione modulare degli ambienti, composti per lo più da corridoi e spiazzi, che, concatenati tra loro, definiscono un percorso univoco, lineare e scevro da aree segrete o da altre divagazioni creative. Alcune sezioni conservano una parvenza di originalità, come quelle in cui il protagonista viene miniaturizzato e si deve confrontare con una realtà magnificata, dove pure una friggitrice per patatine può rivelarsi una trappola mortale. Si tratta, però, di meri gimmicks estetici, che cercano in vano di nascondere la monotonia di fondo sotto una patina di trovate ironiche.

A peggiorare la situazione concorre un arsenale depotenziato, che consente di trasportare solo due i tipi di armi contemporaneamente e dove gli ordigni bellici producono un impatto minimo sul rimodellamento dell’ambiente. Anche gli avversari non fanno nulla per risollevare l’interesse del giocatore, risultando poveri di spessore e di varietà a livello tattico, nonché scontati sul piano estetico, dato che il bestiario proposto si limita a tradurre in poligoni le creature in bitmap di Duke Nukem 3D. Su questo scenario sconfortante grava una realizzazione tecnica anacronistica, la quale, soprattutto nelle versioni per console, si avvicina più al porting di Doom 3 per Xbox che a prodotti per le piattaforme di attuale generazione.

Conservato nella forma ma privato della sostanza, il redivivo Duca deve stare attento a pronunciare la sua tracotante “hail to the king, baby!” o corre il rischio che l’utenza risponda all’esortazione alzando il dito medio.



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Piero Ciccioli

Coniuga da anni la sua professione di ricercatore scientifico a quella di articolista e saggista specializzato in videogiochi, cinema d’exploitation, horror, fumetti e nei più disparati prodotti di entertainment d’origine nipponica. Nutre una viscerale predilezione per tutto ciò che è weird e sogna di radere al suolo una riproduzione in cartapesta di Tokyo, vestito da Godzilla.

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