Marco D’ambrosio, in arte Makkox, è un nome -relativamente- nuovo nel panorama del fumetto italiano. Il suo esordio avviene nel 2007 eppure oggi può vantare già due risultati importanti. Innanzi tutto è considerato il padre di un formato, quello della striscia a scorrimento verticale, che si è rivelato ideale per la fruizione via web del fumetto. Inoltre, partendo proprio dal web è stato tra i primi a comprendere le potenzialità dell’autoproduzione, trasformando il successo del suo nel blog in un’avventura editoriale curata interamente da lui. Insomma, la figura ideale da cui cominciare per illustrare quale siano le motivazioni e le problematiche di chi decide di muoversi sulle proprie gambe nel mercato dell’editoria, argomento che gli sta particolarmente a cuore. Quando Players gli ha proposto l’intervista Marco ha risposto con entusiasmo, mostrando attraverso le risposte tutta la passione e l’orgoglio per il suo lavoro.

La tua carriera nel fumetto è cominciata circa 5 anni fa attraverso il blog, poi è arrivato Liberazione, Internazionale e Coniglio editore. Oggi autoproduci un tuo volume, Ladolescenza, e ne vendi 1000 copie [giusto?] in due giorni di prevendita su internet, eppure ti senti dire che se gli editori tradizionali non ti avessero offerto spazio anni fa il tuo successo indipendente non sarebbe possibile: ti fa incazzare o credi ci sia un fondo di verità?

Se gli editori non si fossero offerti di pubblicare su carta mie cose già apparse nel web avrebbero perso un’occasione, a me non sarebbe cambiata d’una virgola la numerica web. Su Animals, la rivista mensile di Coniglio Editore su cui ho pubblicato più materiale che altrove, da un sondaggio sui propri lettori, sondaggio abbastanza complesso e approfondito che richiedeva la registrazione del lettore e numerosi dati personali, perfino l’indirizzo fisico dell’abitazione in quanto i partecipanti al sondaggio ricevevano dei libri in omaggio, risultò che io ero il secondo autore più apprezzato dopo Gipi, e la maggior parte di quanti avevano espresso questa preferenza mi conosceva già dal web. Questo per dire che l’opportunità gli editori me l’hanno offerta quando in rete ero già molto noto e la pubblicazione su carta non ha modificato significativamente questo dato.
Ladolescenza io l’ho venduta ad esaurimento nell’arco di venti giorni, non due. Solo le copie su carta pregiata e personalizzate con un acquarello sono terminate nel giro di tre/quattro giorni. Mille copie autoprodotte del volume sono andate via nel web, non in libreria o in edicola. Questi sono i dati da cui puoi dedurre la verità.
Mi fa un po’ incazzare, sì, perché quello riportato nella tua domanda è un discorso da sfigati.

makkox

La decisione di autoprodurti nasce come una sfida personale, per vedere se ce la puoi fare da solo anche su carta dopo il successo del web? Oppure è figlia di incomprensioni con l’editore e imposizioni o limitazioni a cui volevi sottrarti?

Al novanta percento autoprodurmi è stata un’urgenza intima legata alla memoria delle cose, non una reazione all’ambiente. Lavoro da un paio di decenni con la tipografia. Ho impaginato e visto stampate moltissime cose altrui, belle e brutte. Ho annusato carte e inchiostri e sperimentato allestimenti d’ogni genere, quindi ho spesso fantasticato su come avrei voluto un mio volume. Un volume di cose mie da conservare e far conservare. Purtroppo con il mercato, quindi con gli editori, occorre, giustamente, occhio a questo “giustamente” perché è importante, dicevo occorre giustamente scendere a compromessi. L’editore ha un proprio pubblico, propri numeri, propri conti da far quadrare, son quelli che comandano e per me abituato al web, dove non mi comanda nessuno, è sempre stata una situazione stretta. Poi, non ultimo, non mi tornavano i conti. Il mio volume Le divisioni imperfette edito da Coniglio Editore in 1400 copie, m’ha fruttato 700 euro e rotti. Non ci faccio neanche il tagliando dei 50mila alla mia auto.

Ecco anche qui che t’ho fornito tutti i dati sparsi e differenti che nell’insieme hanno contribuito ad alimentare la pulsione iniziale maturata nei mille pezzi de Ladolescenza.
Sì, anche un po’ di sfida c’era, ma non da parte mia verso gli editori: il contrario. Ho raccolto il guanto in faccia silente che mi arrivava dall’editoria: o con noi alle nostre condizioni o il libro non lo fai.

La versione cartacea di Canemucco è un successo, anche se non tutto è andato per il verso giusto: la qualità dei contenuti è innegabile, la campagna abbonamenti mi pare sia andata bene, eppure la rivista in edicola non ha attecchito. Quali pensi siano i motivi per cui Canemucco non è riuscita a ritagliarsi spazio nel settore fumetti delle edicole, dove altri prodotti di qualità ben peggiore riescono a sopravvivere, almeno per qualche tempo?

Eh, gran domanda. Potrei dirti che in edicola, dal poco che ho capito, occorrono numeriche con uno zero in più rispetto ai 25-30mila pezzi in cui veniva tirato il Canemucco. Però il nocciolo della questione è proprio nella mia ammissione di capirne poco. Il canale edicola era qualcosa di cui si occupava e si sarebbe dovuto occupare l’editore, io mi accollai la responsabilità di produrre contenuti con un dato budget e di portare un tot di abbonati via web. Gli abbonamenti via web credo siano i più numerosi che l’editore abbia di tutte le sue pubblicazioni da edicola, quindi missione compiuta al punto due. Punto uno invece missione compiuta a metà, perché il budget non s’è mai visto. Non un euro. Quindi la produzione ne è risultata rallentata, in quanto la gente ha ‘sta cazzo di abitudine di mangiare, che gli porta via tempo per procurarsene.

Nel complesso sono felice, perché il Canemucco, con tutti i suoi limiti e acciacchi, è una bella robina di cui vado molto fiero e continua a dare soddisfazioni. Occorre dire che senza Coniglio Editore non avrebbe visto luce, perché nessun altro ci avrebbe investito.
Come tutte le storie della vita anche questa è complessa e articolata e non semplificabile in bianco e nero.

ilcanemucco

L’edicola resta un terreno off-limits per le autoproduzioni a causa degli investimenti necessari, eppure questa resta ancora la miglior finestra per espandere il proprio pubblico, proponendosi anche a chi ha poca dimestichezza con internet. È possibile in un futuro prossimo un modello ibrido, in cui l’editore/investitore ci metta i soldi lasciando più spazio di manovra -commerciale e promozionale- a un autore come te che ha dimostrato di sapersi vendere da solo?

Non sono d’accordo che l’edicola sia la miglior finestra per espandere il proprio pubblico. L’edicola è come il supermarket. Arriva a moltissimi, necessita di numeri enormi, ma non è garanzia di successo in quanto autore. O meglio, non del successo come lo intendo io, che poco ha a che fare con i numeri. Penso a Gipi o Emanuele Fior. Non hanno avuto successo in edicola, eppure sono tra le punte di diamante del fumetto nostrano. Intendo autori conosciuti nel Mondo, non solo nel mondo del fumetto, e sicuramente non solo ai lettori bonelli e bon.

Certo c’è anche Ortolani, che in edicola ha sfondato, grazie a un editore illuminato, pur avendo iniziato con l’autoproduzione in fumetteria. Quindi non so dirti. Magari anche il mio discorso è fallato dalla conoscenza superficialissima delle meccaniche dell’edicola.
In definitiva credo dipenda tutto da chi sei, chi vuoi essere, a che pubblico ti rivolgi, o se semplicemente vuoi disegnare e raccontare e bon. Ecco, se il fine assoluto è quest’ultimo, non occorre farsi piani stragetici: è la strada a trovare te e non tu a trovare lei.

Come cambia il tuo metodo di lavoro quando produci per te stesso e quando invece lo fai per un editore?

Semplicemente non produco per un editore. Produco per me, assolutamente per me, cose che poi posso sottoporre a un editore. Il che comporta porte in faccia nove volte su dieci, vero.
Però è anche vero che gli editori cazzuti, e qualcuno ne ho incontrato ultimamente, vogliono cose altamente autoriali, senza format di linguaggio o d’altro tipo. Per fortuna questi rari illuminati, a mio vedere, esistono e, sempre a mio parere, assieme ad autori con una certa ambizione traghetteranno il fumetto fuori dall’ambito di genere e, a pieno titolo, dentro l’alveo della Narrativa, che è una modalità espressiva aldilà del mezzo: che sia scrittura, fumetto, cinema, teatro, musica etc.

Nelle discussioni sullo stato dell’editoria fumettistica in Italia e autoproduzione i nomi che ricorrono sono sempre i soliti, e il tuo svetta tra i pochi. Nonostante il tuo successo infatti non si vedono all’orizzonte imitatori, per ora, e francamente me ne sfugge il motivo. La tua situazione di partenza era in qualche modo anomala e ciò ti ha concesso di percorrere più facilmente una nuova strada? Oppure siete tutti sulla stessa barca e agli altri fumettisti, in fondo, la situazione va bene così tanto da preferire poche copie con un editore oggi a un rischio indipendente per il domani?

Davvero non so. Ritorniamo alle ambizioni personali. Chi brama di vedere il proprio volume sugli scaffali d’una libreria, o fumetteria, anche in tirature misere, per essere letto da qualcuno, ha quello come obbiettivo e quindi bon, a quello tenderà con ogni mezzo. Anche scendendo a compromessi. Ovvero accontentandosi. Fa bene? Fa male? Dice un proverbio napoletano dove c’è gusto non c’è perdenza.

Chi ambisce a raccontare e basta, ad affinare la propria efficacia espressiva, probabilmente in libreria ci finisce dopo, perché compromessi ne accetta meno, ma sicuramente ci finisce meglio.
Oppure è anche vero che se vali, qualsiasi strada scegli, anche quella di iniziali compromessi, alla fine esci fuori bene e premiato.
Parlando di me, io voglio essere letto, ma non sono ossessionato dalla libreria, non mi occorre per sentirmi certificato come Autore, quindi il web soddisfa questa mia prima tensione. Poi c’è anche l’altra parte, quella di raccontare senza costrizioni e dettami, e sempre il web assolve a questa intima necessità.
Quindi sembrerebbe tutto a posto così, senza necessità di autoprodursi. No, come mi è capitato di dire altrove, il web è gran cosa, è archivio del tutto e, proprio per questo, è puro oblio. La memoria è roba diversa: è selezione. Le cose che finiscono su carta sono frutto di scelte, perché la carta costa, stampare costa, quindi occorre decidere di cosa valga la pena tener memoria su carta. Ecco, questo, unito al mio amore per la carta e tutto il resto che t’ho detto in una precedente risposta, mi ha portato all’autoproduzione.

Ma mi ci ha portato anche l’essermi fatto due conti realistici, e qui siamo a quella che tu chiami “situazione di partenza anomala”, riconducibile al concetto di “avere un pubblico”. Occorre avere un pubblico per fare come ho fatto io, e non solo io, vedi Caluri/Pagani con il loro Don Zauker autoprodotto che è andato via come il pane. Senza un pubblico solido, e dico proprio pubblico che segue TE, non solo che ti vede perché sei in un portale frequentato o robe così di pura visibilità, dicevo, senza un pubblico tuo, prendi una tranvata. Con l’autoproduzione non crei un pubblico, lo soddisfi.
Quindi boh. Non so esattamente perché altri non seguano il mio esempio, ma molti fanno bene a non farlo.

Il successo della tua produzione indipendente non è sfuggito agli editori e sono già arrivate offerte. Non devono essere sfuggite però anche le tue competenze professionali: sei stato in grado di crearti un pubblico, fidelizzarlo ed esplorarne con successo la propensione all’acquisto. Senza offesa per le tua qualità di fumettista, credo che queste siano competenze che dovrebbero attirare maggiormente gli editori in un settore dove i geni del marketing non abbondano. Davvero nessuno se n’è accorto?

Risposta lunga, t’avverto, ma è materia complicata e la tua domanda molto stimolante.
Purtroppo, o per fortuna, o chissà perché, ho lavorato tutta la mia vita con il marketing dei grandi gruppi della GDO, ovvero supermercati e grandi catene di distribuzione. Poi mettici che sono un narratore da teatro, istrionico, che necessito di una platea anche di due sole persone, anche di una sola persona che sia me stesso riflesso in uno specchio. Quando scrivo immagino sempre me che leggo. Mi estranio e mi proietto lettore, spettatore. Non so per quanti sia così. St’insieme di esperienze rivela un mé venditore.

Mentre racconto vendo le mie emozioni al pubblico, reale o immaginario che sia, devo convincerlo, vincerlo. Come narratore funziono così. Quindi se togli il narratore, resta sempre il venditore. Attenzione, non significa truffatore. Saper vendere significa saper far innamorare dell’oggetto del proprio amore. Altrimenti sì, è truffa. Io non funziono così: non truffo. Amo ciò che vendo. Voglio lo amino anche gli altri. Poi che decidano di acquistarlo, anche, quando è il momento.

Da venditore perciò di confesso che anche a me meraviglia non esistano editori con un loro parco attori che esplorino una modalità di produzione e mercato adattata al web. Che non significa vedere libri nel web, ma creare un flusso di contenuti web continuo, di qualità, per poi periodicamente trasformarlo in reddito, con raccolte o inediti. Reddito per sé e i propri autori in modo che l’impresa stia in piedi e continui.
Ok, Shockdom fa così, ma una rondine non fa primavera. Bravo, pur non essendo una realtà professionale, ovvero non vivono di quello, credo, è comunque un’ottima cosa.

In verità ultima, credo che la pastoia più che negli editori sia negli Autori. Pochi Autori son disposti a sbattersi per mettere materiale fruibile gratuitamente nel web. Pochi veri Autori, intendo, non cazzeggioni. Cazzeggioni ce ne sono anche troppi. Quindi un editore che lo proponesse, anche come parte d’una strategia che prevedesse un successivo ritorno economico, non so quanti professionisti, o semi professionisti, convincerebbe.
Agli Autori e aspriranti tali, o Autori che vivono economicamente a lume di candela, e che cerchino nel web un mercato soddisfacente in termini economici, occorre adattare il pensiero d’un tornaconto a meccaniche più articolate, meno dirette.

Per farti una metafora biliardistica, il web, come vero mercato in questo campo, a mio parere, può funzionare come un tiro a più sponde. Non si mira direttamente sui birilli al centro del biliardo, ma apparentemente in altro punto. Poi la biglia, se ben colpita e indirizzata, rimbalzerà su due o tre sponde del biliardo e abbatterà ripetutamente i birilli in più passaggi. Occorre aver pazienza che la biglia faccia il giro. Occhio: i birilli non sono gli utenti! Simbolizzano solo l’obbiettivo di monetizzare la propria passione per poter continuare a coltivarla a tempo pieno. Invece la metafora dei più passaggi sui birilli è azzeccata, perché un prodotto che vendesse bene nel web in numeriche contenute ma interesanti, dalle mille alle tremila copie, troverebbe sicuramente un editore cartaceo classico per un’edizione destinata al circuito delle librerie e fumetterie. Quindi si guadagna più volte. E si sopravvive, perché questo è il fine, non arricchirsi.

Le riflessioni che era possibile leggere nei giorni scorsi sul blog di Rrobe o di Cajelli hanno avuto qualche effetto sugli editori oppure hanno preferito ignorarle? Il tuo editore si è mai lamentato con te per le tue prese di posizione sull’argomento?

Questa cosa va chiarita. Io non sto facendo la guerra a nessuno. Vivo un disagio con i referenti editoriali che ho incontrato, vivo un’esigenza come autore; le due cose combinate m’hanno portato all’autoproduzione. A me di cosa pensino gli editori di quanto ho realizzato con Ladolescenza non me ne fotte nulla, non avevo intenzione di provocare o dimostrare nulla, solo di ottenere le cose che ho illustrato piussù, e di che sopravvivere, per qualche mese, col frutto della mia passione. Poi che qualcuno si sia fatto rodere il culo, editore o autore che sia, ci sta. Quella è statistica.

Il mio editore, che poi è meglio dire l’editore con cui ho fatto alcune cose, perché qui nessuno appartiene a nessuno, men che meno io, non ha fatto una piega, anzi: s’è portato i miei albi alle fiere di Napoli e Torino, li ha venduti, e non s’è trettenuto un euro che sia uno. Eppure gli avevo offerto una percentuale.

Figurarti poi se con i miei 46 anni in cui mi son sempre trovato dalla parte dei creditori e mai dei debitori, qualcuno viene da me e mi dice “stai sbagliando a far così e colà, dai il cattivo esempio”, ma sai i calcinculo che prende?
Forse anche per questo mi sono arrivate all’orecchio poche critiche: perché son dolce di carattere.

Infine, credi possibile che gli editori si dimostrino aperti alle osservazioni ed aprano un tavolo per confrontarsi, oppure forti del fatto che nessuna piccola voce nel settore possa permettersi critiche come quelle di Recchioni continueranno imperterriti sulla loro strada?

Spero continuino imperterriti. Così c’è spazio per le future autoproduzioni che ho già programmate, mie, e come supporto ad altri autori che hanno visto una possibilità e vogliono provarsi nell’autoproduzione intelligente e ben calibrata.
Devo rivelare che ho incontrato ultimamente un editore che ha raccolto entusiasticamente l’idea di una formula che è un mix tra autoproduzione ed editoria classica. Ci stiamo lavorando. Ma vorrò parlarne quando la cosa sarà quagliata. Gente sveglia e aperta al nuovo a volte s’incontra, ed è emozionante.
Vivere ed Emozionarsi in definitiva sono un po’ alla base di tutto ‘sto gran parlare.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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7 Comments

  1. Sempre la solita storia. Voglio fare fumetti, fare i fichi comunisti sensa soldi e poi non combinano mai un cazzo facendo polemiche.
    Recchioni anche è per l’autoproduzione ma poi lavora anche lui con gli editori che pagano. Mica scemo!

  2. Sostenere che uno che si produce da solo 2000 copie di un volume e le esaurisce in 20 giorni non combini un cazzo vuol dire avere una visione parecchio surreale della realtà editoriale italiana, o forse non averla affatto.

  3. Be’, non so quanto sia idilliaca questa storia dell’autoproduzione, si tolgono figure importanti che possono anche portarti a un successo più ampio rispetto alla tua nicchia su internet. Infatti Makkox adesso pubblica con BAO.

  4. Intervista bella e utile.

    Rilancio qui
    http://sonoioche.blogspot.com/2011/07/piuttosto-procurati-una-tipografia.html

    e partecipo alla discussione iniziata qua proprio su di voi
    http://comicus.forumfree.org/index.php?&showtopic=73467

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