Quando un regista viene comunemente definito “visionario”, a colui che volesse dare un’interpretazione convincente del termine si aprono due strade: la prima conduce al genio puro, capace di unire forma e sostanza, la seconda porta alla forma fine a sé stessa, necessaria per mascherare l’assenza della sostanza. Tarsem, che in dieci anni di carriera ha girato solo due film (e forse ne se intuisce il motivo) era partito con piede sbagliato ai tempi di The Cell, goffo fanta-thriller con J.Lo allora in modalità “diva” e aveva parzialmente recuperato credito un po’ ovunque con il valido The Fall, favola moderna “per famiglie” visivamente impressionante ma anche capace di intrattenere se non addirittura di appassionare. Con Immortals purtroppo, il regista indiano fa un doppio salto mortale carpiato all’indietro, realizzando un film privo di significato, nemmeno troppo originale sotto il profilo visivo e, in ultima analisi, terribilmente noioso.

La storia racconta la sfida tra Teseo, il palestratissmo nuovo Superman Henry Cavill, ed il feroce e sadico Re Iperione, un Mickey Rourke in libera uscita, desideroso di annientare la Grecia, divinità comprese. Mischiando a casaccio storia, mitologia, letteratura e tutti gli archetipi e clichè possibili derivanti da anni e anni di peplum-movie a basso costo, qui rappresentati “on steroids”, Tarsem mette in scena un clone di 300, basato sull’atroce script dei fratelli Parlapanides, senza capo né coda, privo di pathos e idee. I personaggi, tagliati con l’accetta, blaterano scemenze dal primo minuto, seguendo quella deprecabile tradizione, in voga da un po’ troppo tempo ad Hollywood, che vede sciorinati così, “ad minchiam”, concetti nobili e importanti quali amicizia, amore, fede, speranza e carità, in un mix utile solo a delineare, qualora ce ne fosse bisogno, chi sono i buoni e chi i cattivi.

Definiti i ruoli, lucidate le armature, adornati i costumi (bei cappelli però, specie quello a forma di premolare indossato da Rourke nella battaglia decisiva), sistemati gli effetti in CG e gli onnipresenti slowmotion, il film prosegue, seguendo una strada ideale che parte dal Monte Olimpo e termina in un negozio di Abercrombie & Fitch, da cui probabilmente provengono tutti i soldati dello sparuto esercito ellenico. A corroborare la sensazione che sotto al vestito del film non ci sia nulla accorrono due momenti che resteranno impressi a lungo nella memoria degli spettatori (di sesso maschile): la sequenza di evirazione di uno dei personaggi previa martellata sui cabbasisi e il meno cruento strip tease gentilmente offerto da Frida Pinto (sì, si vede nuda), che riesce mirabilmente ad interpretare la parte di una sarcerdotessa vergine e, al tempo stesso, di testimonial di una multinazionale della cosmetica, dato il suo trucco perfetto in ogni occasione. La kermesse termina grandguignolescamente con un finale che richiama cinematograficamente 300 e Old Boy, ludicamente God of War e narrativamente il nulla cosmico. Tempi duri per la Grecia…



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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4 Comments

  1. Io non credo finchè non vedo. Tutto sommato 300 al cinema mi era piaciuto :D

    1. 300 era tutta farina del sacco di Frank Miller :) sta li la differenza secondo me

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