Bruce Sterling

Questa è la prima parte di uno speciale dedicato a Bruce Sterling apparso su Players 02. Nella seconda parte, in uscita a breve, vi riproporremo l’intervista che il celebre scrittore ha concesso a Players.

Scrittore, giornalista, blogger, conferenziere, il texano Bruce Sterling deve la sua notorietà soprattutto al movimento letterario cyberpunk, del quale, pur non essendo lo scrittore di maggiore impatto (titolo che spetta a William Gibson), divenne comunque portavoce e ideologo, scrivendone nel 1982 il celebre manifesto pubblicato sulla fanzine Cheap Truth, e curando nel 1986 l’antologia Mirrorshades (Bompiani) che consacrò definitivamente il cyberpunk come sottogenere della fantascienza. In precedenza aveva pubblicato i romanzi Involution Ocean (Oceano, Perseo), The Artificial Kid (Fanucci) e soprattutto Schismatrix (La matrice spezzata, Nord), in cui descriveva la rivalità tra la cultura a base informatica dei Meccanisti, e quella a base genetica dei Plasmatori. La sua principale opera propriamente cyberpunk è invece Islands in the Net (Isole nella rete, Fanucci), del 1988, esplorazione delle possibili conseguenze politiche e sociali della nascente rivoluzione informatica, che previde con molti anni di anticipo l’importanza politica ed economica di Internet e i suoi effetti sulla globalizzazione.

Bruce Sterling

Del resto Sterling non è solo un autore di narrativa, ma anche un giornalista che ha seguito in presa diretta il tumultuoso sviluppo della Rete, come editorialista su Wired e autore del saggio-reportage The Hacker Crackdown (Giro di vite contro gli hacker, ShaKe). Il suo periodo cyber termina con il romanzo ucronico del 1991 The Difference Engine (La macchina della realtà, Mondadori), scritto a quattro mani con Gibson, in cui immagina una rivoluzione informatica in epoca vittoriana con computer a vapore.

Le opere successive di Sterling sono meno centrate sui computer, e affrontano temi come il riscaldamento globale e i cambiamenti politici ed economici del futuro prossimo, o addirittura del presente, come nel romanzo Zeitgeist (Lo spirito dei tempi, Fanucci). Si è anche occupato di teoria del design, e i suoi contributi sul tema sono raccolti nel saggio Shaping Things (La forma del futuro, Apogeo). Queste variazioni tematiche hanno coinciso col suo trasferimento in Europa, dapprima a Belgrado e poi in Italia, a Torino. L’interesse per il nostro Paese non appare purtroppo ricambiato, dato che i suoi ultimi due romanzi The Zenith Angle e The Caryatids (definito da Cory Doctorow “il miglior romanzo di fantascienza del 2009”) restano inediti in lingua italiana.

Come tanti altri aspetti dell’immaginario, anche il cyberpunk è stato fagocitato dall’industria culturale e tramutato in un innocuo cliché avventuroso, in cui eroi maledetti combattono malvagi yakuza nella realtà virtuale sullo sfondo di megalopoli degradate. Un quarto di secolo fa le cose erano molto diverse: si può dire che il cyberpunk sia stato l’ultima occasione in cui la fantascienza ha fornito alla collettività una narrazione utile per comprendere e affrontare un grande cambiamento che si presentava all’orizzonte. Mentre Internet e i computer uscivano dai laboratori per diventare parte della vita di tutti i giorni, gli scrittori cyberpunk ci dicevano cosa avremmo dovuto sperare e temere dalla nuova rivoluzione. Realtà tecnologica e finzione narrativa si influenzavano a vicenda, e termini come “cyberspazio” nascevano nei romanzi e venivano subito adottati per descrivere ciò che cominciava a esistere, mentre i computer venivano venduti con la promessa di emulare gli scenari immaginari della fantascienza.

Bruce Sterling

Se di questo nuovo immaginario Gibson rappresenta il lato spettacolare e romantico (anzi “neuromantico”), di maggiore presa sul pubblico, Bruce Sterling ne ha incarnato invece il lato più rigoroso. Dove gli eroi gibsoniani sono cani sciolti ai margini di una società in dissoluzione, i personaggi di Sterling partecipano attivamente a intricate trame politiche, in cui il controllo dell’informazione diventa un aspetto profeticamente cruciale della lotta per il potere.
L’interesse di Sterling, non è mai nella tecnologia fine a se stessa, bensì nei cambiamenti che questa induce nella società e nel suo modo di autorappresentarsi. Quasi tutti i suoi romanzi e racconti mettono in scena un cambiamento di paradigma e il conflitto tra personaggi che hanno modi inconciliabili di vedere le cose, come Meccanisti e Plasmatori.

Sono contrasti che sfuggono all’alternativa utopia/distopia tipica di buona parte della fantascienza: è molto difficile dividere i personaggi di Sterling tra buoni e cattivi, e i futuri da lui delineati sono meravigliosi e terrorizzanti in ugual misura. Più volte l’autore usa l’espediente di anticipare nel tempo il cambiamento, per farcene percepire in modo più straniante l’essenza. Come per esempio accade nella Londra di La macchina della realtà, che vive con un secolo e mezzo di anticipo le crisi dovute ai consumi eccessivi e alla globalizzazione. Oppure nella Tokyo del racconto I fiori di Edo, i cui samurai interagiscono con la tecnologia moderna come farebbero con i demoni della propria tradizione. Quello che importa, ci dice Sterling, non è tanto il progresso tecnologico in sé, quanto lo spirito dei tempi, quell’insieme di aspirazioni e aspettative condivise che funge da motore per il cambiamento. Una tesi che viene espressa nel modo più compiuto all’interno del romanzo “fantasemiologico” intitolato appunto Lo spirito dei tempi, ambientato negli ultimi anni del secolo scorso, in cui un truffatore americano cerca di lanciare in Medio Oriente una versione tarocca delle Spice Girls allo scopo di manipolare la realtà e di influenzare la narrazione collettiva del nuovo millennio che sta per sorgere.

Lo Sterling di oggi è un autentico nomade culturale, che gira il mondo tenendo conferenze e interessandosi del passato per meglio comprendere il futuro. Suo è, per esempio, il Dead Media Project, un’istituzione che raccoglie testimonianze delle tecnologie di telecomunicazione obsolete, perché non se ne perda la memoria. Ma è anche tra i pochi che, in un mondo dai cambiamenti sempre più frenetici, si azzardano a fare previsioni per il futuro, descrivendo le procedure di design per oggetti che ancora non esistono, come quelli che ha battezzato spime, prodotti che possono essere tracciati lungo tutto il percorso dalla progettazione fino al riciclo, rivoluzionando le procedure industriali.

Chi scrive lo ha potuto ascoltare presso la convention fantascientifica Italcon 2009 di Fiuggi, in cui era l’ospite d’onore: oltre a emettere giudizi tranchant sugli USA (“Ciò che la gioventù americana considera oggi più fico e desiderabile è il protagonista di ‘Twilight’, cioè un cadavere. Questo la dice lunga sulla sua condizione”), ha stupito l’uditorio mostrandosi interessato alla cultura italiana fino al punto di tessere l’elogio de I promessi sposi (“C’è dentro tutto quello che serve per capire l’Italia”). Sterling sembra pensare che il nostro Paese possa avere ancora qualcosa di interessante da dire, nonostante il suo deprimente presente. E forse faremmo bene a dare ascolto a un esperto di futuro come lui.



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Marco Passarello

Ingegnere non praticante, lettore (e occasionalmente scrittore) di fantascienza, noto anche con lo pseudonimo di Vanamonde (rubato ad Arthur C. Clarke). Per vivere esercita la dubbia professione del giornalista. Scrive su Nova 24, Pagina 99 e varie testate di settore, Ha fatto parte delle redazioni di Computer Idea e Computer Bild. Blog: (vanamonde.net/blog).

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