Certe volte ad Hollywood due produttori si svegliano e decidono che devono fare per forza lo stesso film nell’arco di pochi mesi. Era successo ai tempi di Armageddon e Deep Impact e da allora la storia si è ripetuta più e più volte nel corso degli anni. Il 2012 segna il duplice ritorno di Biancaneve anche se della favola classica (purtroppo o per fortuna, questo dipenderà dai gusti del pubblico) è rimasto ben poco. La prima versione ad arrivare sugli schermi è quella targata Tarsem (Mirror Mirror in originale) che brucia sul tempo di qualche settimana l’action Snow White and the Huntsman, che peraltro parte già col piede sbagliato perchè qualsiasi essere umano o specchio parlante non deformato sa per certo che Kristen “Bella” Steward non può essere considerata più attraente di Charlize Theron: come direbbe un personaggio di Tarantino, non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport.

La buona notizia è che Tarsem, dopo averci annoiato a morte con la versione Dolce & Gabbana (o Abercrombie & Fitch) di 300 (Immortals, che recensimmo dimostrando un’abnegazione ed un coraggio senza pari qualche mese fa), stavolta azzecca il taglio corretto da dare a questa nuova versione di Biancaneve, piacevolmente “camp”, puntando tutto sullo stile, che peraltro non gli è mai mancato e, finalmente, una sana dose di autoironia, elemento finora del tutto assente nella sua cinematografia.

Nonostante il film abbia un ritmo eufemisticamente discontinuo e i difetti non manchino, la formula funziona grazie all’atmosfera vagamente demenziale che pervade ogni sequenza ed al tono semiserio che lo script, vergato dalla coppia Melissa Wallack & Jason Keller, conferisce ai momenti più significativi della storia. Il vero valore aggiunto di questa produzione però, è il cast, semplicemente impeccabile. Julia Roberts nei panni della regina cattiva (anche se sarebbe meglio dire in crisi di mezza età) firma la sua migliore performance dai lontani tempi di Erin Brockovich e tutti gli accoppiamenti faccia/ruolo sono perfetti: Lily Collins, curioso ibrido tra Audrey Hepburn e Frida Khalo, è perfetta nei colorati panni della non-troppo-indifesa Biancaneve, il simpatico Armie Hammer è un principe poco azzurro ma coraggioso e pasticcione, Nathan Lane è meraviglioso a prescindere e la pattuglia di personaggi secondari, nani in testa, assolve alla pefezione il proprio compito.

Strizzando più di una volta l’occhio alla modernità e alle sue radici indiane (la deriva bollywoodiana finale) Tarsem firma finalmente un film per tutti, anche se certamente inferiore a The Fall, che resta a oggi il suo immaginifico capolavoro. Visiamente eccezionale (la scena della battaglia navale “vivente” e del ballo in maschera dimostrano un’inventiva non comune), Biancaneve si pone quindi come godibile compromesso tra la tradizione fiabesca e la spettacolarità hollywoodiana, con buona pace di Disney e dei fratelli Grimm



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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4 Comments

  1. L’ho visto venerdì, mi è piaciuto veramente parecchio. Esteticamente spacca (l’intro animata in particolare), Biancaneve è una gnocca che levati, e soprattutto è divertente dall’inizio alla fine. Ecco, magari hanno risparmiato un po’ sulle location, son 3-4 in tutto il film, ma avercene film con il gusto estetico di Tarsem… Lol per la l’apparizione a sorpresa di un volto noto verso la fine.

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