Silent Hill: Downpour cerca di adeguare la serie Konami ai moderni stilemi di game design, senza far ricorso a quelle derivazioni di tipo third person shooter che, sinora, si sono rivelate l’unica soluzione efficace per tenere a galla il genere survival horror nell’attuale ambito videoludico, come dimostrato in primis da Dead Space.

Il gioco confezionato da Vatra conserva, quindi, la tradizionale ossatura da action adventure in terza persona, rimpolpandola con una strutturazione aperta degli ambienti, funzionale a esaltare la spiccata vocazione verso il free roaming che connota la componente esplorativa. Mai come ora la città di Silent Hill si è concessa alla perlustrazione da parte dell’utente, che è libero di sondare edifici, sotterranei e anfratti, in cerca di missioni opzionali, il cui completamento può agevolare il proseguo dell’avventura o rivelare dettagli della trama.

Quest’ultima vede protagonista Murphy Pendleton, un detenuto dal passato misterioso e ambiguo, risvegliatosi alle porte di Silent Hill dopo l’incidente stradale che ha coinvolto il furgone per il trasporto dei prigionieri su cui si trovava. Da tali premesse parte un pellegrinaggio semionirico attraverso la Collina Silenziosa, che procede tra incubi e rivelazioni, trabocchetti morali e opportunità di redenzione, perdono e vendetta, “delitto e castigo”.

Nonostante presenti alcuni risvolti intriganti, la trama è delineata con un tratto grosso, privo di sfumature, e quegli elementi narrativi che dovrebbero solo suggerire la piega finale degli eventi risultano ai fatti come dei segni d’evidenziatore tracciati su un copione prevedibile. Fortunatamente, i summenzionati aspetti free roaming riescono a mischiare le carte in tavola, frammentando lo sviluppo della storia attraverso una serie d’inquietanti divagazioni e nonsense (cosa ci fa l’appartamento 302 di Silent Hill 4: the Room in uno dei palazzi della città?).

Il fattore esplorativo è anche un ottimo legante per i puzzle e per i combattimenti. I primi acquistano maggior respiro grazie all’ampia distribuzione areale degli indizi e degli elementi chiave. Gli incontri con i mostri, invece, sono doppiamente collegati all’analisi dell’ambiente. Sotto il profilo difensivo, l’apparizione massiccia degli esseri, in corrispondenza degli imprevedibili acquazzoni che si abbattono sulla città, rende indispensabile cercare rifugio al chiuso o muoversi attraverso tunnel sotterranei, scavati nelle viscere di Silent Hill. Dal punto di vista offensivo, è necessario rastrellare costantemente l’area, al fine di raccogliere armi di fortuna da poter utilizzare contro le creature, giacché ogni strumento si logora rapidamente sino a diventare inservibile.

Va detto, però, che i combattimenti in sé sono risolti attraverso un sistema poco agile e per certi aspetti approssimativo, incapace di sanare quella che è ormai una piaga endemica della serie. A ciò si aggiunge un creature design sciatto, a tratti anonimo, che depotenzia fortemente uno degli elementi cardine della poetica di Silent Hill. Anche la stessa dimensione distorta è chiamata in causa raramente e spesso in maniera blindata, sottoforma di labirinti da cui fuggire in corsa, mentre si è inseguiti da un male oscuro.

Eppure, neanche questo ridimensionamento radicale dei contenuti surreali riesce a demolire l’atmosfera generata dal rapporto avvolgente con una città da incubo che può essere finalmente esplorata in modo libero, ma da cui non si può uscire. Il risultato è un orrore inedito, sottile ma straniante, quasi kafkiano, dove il sovrannaturale gorgoglia sempre in sottofondo senza mai deflagrare del tutto, confondendo e logorando il giocatore, sino a farlo suo prigioniero.

Come gioco in sé, Downpour offre una struttura che, se migliorata e approfondita, può regalare un futuro al survival horror ancièn regime, mentre, come esperienza, non è certo un viaggio nel cuore di Silent Hill, ma regala una carezza strisciante d’orrore, capace di lasciare la cicatrice sulla pelle.

Questo pezzo è un’anteprima tratta da Players 14, in uscita nei prossimi giorni.



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Piero Ciccioli

Coniuga da anni la sua professione di ricercatore scientifico a quella di articolista e saggista specializzato in videogiochi, cinema d’exploitation, horror, fumetti e nei più disparati prodotti di entertainment d’origine nipponica. Nutre una viscerale predilezione per tutto ciò che è weird e sogna di radere al suolo una riproduzione in cartapesta di Tokyo, vestito da Godzilla.

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