Quando uscì Batman begins nelle sale di tutto il mondo era chiaro a chiunque dotato di un minimo di ragione che si chiudeva un’epoca, quella che aveva visto nei capezzoli in rilievo sull’armatura e uno smodato gusto pop farla da padrone, e ne iniziava un’altra completamente diversa, in cui oltre ad un reboot del personaggio si era tentato a ragione di renderlo umano e plausibile.

Oggi, sette anni dopo quel giorno, si chiude nuovamente un’epoca e con essa la trilogia del cavaliere oscuro. Christopher Nolan dirige per l’ultima volta il crociato mascherato in quello che, dei tre, rappresenta il film più ambizioso sia nei contenuti che nella messa in scena, con l’intento non dichiarato di superare a livello qualitativo ed emotivo il precedente The Dark Knight e per farlo ha nutrito l’intera storia di tutto ciò che ha reso le precedenti pellicole determinanti nel panorama cinematografico e, ancor di più, in quello dei film dedicati ai supereroi: un forte realismo e una regia ai limiti della perfezione.

Impresa non da poco, riflettendoci, sia per il peso specifico che ricopre il capitolo conclusivo di qualsiasi storia, sia perché il suo predecessore era forte di un’interpretazione magistrale (con o senza Oscar postumo, non è questo quello che fa la differenza) degna di uno dei villain simbolo dell’universo di Batman. Invece, a guardare questa terza incarnazione, ci si trova di fronte a Bane, che ci si aspetterebbe di vedere all’interno di una delle due pellicole dirette da Schumacher alla fine dei Novanta (cosa realmente successa, tra l’altro, con pessimi risultati) e Catwoman, un personaggio completamente fuori fase rispetto alla piega che i film di Nolan hanno preso nel corso del tempo (immagine, a volerla dire tutta, influenzata ancor di più in negativo dal pessimo film con protagonista Halle Berry).

Ma nonostante le premesse e nonostante la sfida fosse ardua, Nolan riesce anche grazie ad un elemento di non poco conto come il casting a creare un film solido e coinvolgente. Se per quanto riguarda Christian Bale era scontata una performance di un certo livello (guardando sia ai due film precedenti che al resto della sua filmografia), così come lo era per Michael Caine (che certamente non necessitava di presentazione alcuna), discorso diverso è per le new entry — all’interno della trilogia — Tom Hardy, che riesce lì dove il film di Schumacher falliva, ossia nel rendere credibile, vivo e crudele un personaggio come Bane, creando attraverso la gestualità e un’espressività ridotta al solo uso degli occhi, un villain se non indimenticabile — del resto il Joker ha pur sempre il suo fascino — capace di condividere pienamente lo schermo con il protagonista. Non è da meno Anne Hathaway nel ruolo di Selina Kyle, che pur con quelle insulse orecchie da gatto in fibra di qualcosa, non si perde in acrobatiche banalità. Nè tanto meno Josh Gordon-Levitt, che interpreta l’unico personaggio all’interno del cast a non indossare un costume o qualcosa in latex, nei panni del poliziotto dalla morale forte e dallo spirito incorruttibile. A rendere il tutto funzionante c’è la mano di Nolan che, oltre a firmare la sceneggiatura insieme al fratello Christopher, dirige con sicurezza da buon mestierante, gestendo alla perfezione tempi e ritmi per buona parte del film e riuscendo a far nascere nello spettatore una sensazione di sconforto prima e rabbia poi per le sorti di una città, Gotham, messa a ferro e fuoco da un gruppo terroristico intenzionata a raderla al suolo.

Ovviamente ogni cosa ha il suo prezzo e The Dark Knight rises non è esente dal pagarlo, la storia risente, come nei precedenti film, di diverse carenze nella sceneggiatura e l’uso dei flashback, utili sia a tirare le fila del discorso sia ad aggiungere nuovi tasselli, sortisce l’effetto contrario a quello preposto minando il ritmo e rendendo il film macchinoso in alcuni frangenti. Se a questo si aggiunge un villain, Bane, che per quanto caratterizzato da una sua fisicità e da una buona interpretazione di Hardy, risulta pressoché privo di carisma, si è ben lungi dal dire che il film sia perfetto. E c’è anche chi, come Gary Oldman e Marion Cotillard, ci si aspetterebbe di vedere prendere parte alla storia, rendendo i propri personaggi vivi, invece di limitarsi ad una blanda lettura del copione. Il tutto fino ad un inevitabile finale carico di delusione, ma in questo caso non sarebbe potuto essere altrimenti trattandosi di un’icona del comicdom.
L’ultima volta di Christopher Nolan è un misto di alti e bassi, che se non rappresenta certamente il film perfetto, ma incarna sicuramente quanto di meglio, insieme al suo predecessore, ci si possa aspettare da un film a tema supereroistico. E anche da buona parte dei film in giro di questi tempi.



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Mattia Veltri

Nasce e cresce (anche troppo), si lamenta via twitter, via facebook, via blog… e anche dal vivo. Ha un cane di nome Orso e prova un amore non ricambiato per la maionese Heinz. Non gli piace parlare di sé in terza persona, ma lo prevede una sorta di "regola" non scritta delle biografie.

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8 Comments

  1. Visto ieri. Bello ma non bellissimo. Ha alcune minchiate non da ridere, in particolare alcune cose che succedono nel finale che trasportano Gotham in un mondo privo di leggi fisiche. Vorrei parlarne meglio ma il rischio spoiler è grande, quindi aspetti l’uscita italiana che è… quando?

    1. adesso che il film è uscito e l’ho visto come penso tutti quelli che erano interessati…dicci tutto.

      1. Il problema è che i commenti appaiono anche di lato agli articoli quindi lo spoiler è sempre dietro l’angolo ;) Vogliamo parlare del mancato tsunami?

        1. :D vero…cmq anche il fatto che si spostano un po qua e un po la alla velocità della luce ;)

  2. ecco appunto, ma quando esce in italia?

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