“La sapienza poetica, che fu la prima sapienza della gentilità, dovette incominciare da una metafisica […] sentita ed immaginata quale dovett’essere di tai primi uomini […]. Questa fu la loro prima poesia, […] nata da ignoranza di cagione, la qual fu loro madre di maraviglia di tutte le cose, che quelli, ignoranti di tutte le cose, fortemente ammiravano”.

Una delle caratteristiche più affascinanti dello studio della storia e dell’arte è il riscontro dei fil rouge che, al di là di divergenti tradizioni, costumi e usi, costituiscono degli universali della cultura. È il caso del mostro: dal latino monstrum, prodigio, cosa straordinaria, contro natura, che trae direttamente da monere, avvertire, che stia per avvertire della volontà degli dei. Come lascia intendere il sottotitolo dell’opera, Sailor Twain è anche un racconto di mostri.

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La vicenda ha inizio alla fine del 1887, ma dopo poco tempo saremo riportati indietro di quasi un anno, sulle sponde del fiume Hudson, a bordo del piroscafo Lorelei: lì facciamo conoscenza con i protagonisti della vicenda, il capitano Elijah Twain e l’armatore Lafayette. Successivamente, questi personaggi saranno affiancati da altri che, da semplici spalle, condividono la scena con i due “eroi” sopracitati, come nel caso dello scrittore C.G. Beaverton, amato autore del tempo il cui ultimo libro, Segreti e Misteri del fiume Hudson, è atteso quanto un’opera di Dickens. Siegel gioca continuamente con i suoi protagonisti, i sogni, i ricordi e i fallimenti delle loro vite, sfidando il tempo e la sua coesistenza, mostrata nell’ambiguità dello scorrere immutabile e atavico dell’Hudson. Fiume che trascende la propria natura fisica, trasfigurandosi in un simbolo polivalente e astratto: cristallino e oscuro, rifugio e prigione, meraviglia e orrore, ossimori che coesistono e si manifestano sincreticamente nel monstrum, la sirena.

L’essere mitologico è la manifestazione della natura contrastante dell’opera di Siegel: nelle prime due parti che la compongono, il mostro ha valenza di manifestazione della meraviglia e del mistero che l’umanità, ormai gentilizzata e divisa tra la superstizione della religione (rappresentata dallo strano signor Pike) e dalla decostruzione della tecnica (i critici che dialogano all’inizio del quarto capitolo della seconda parte; gli stralci di giornale che compaiono tra un capitolo e l’altro), ha smarrito definitivamente. L’autore riesce in primo luogo a rappresentare e, cosa non da tutti, farci sentire, persino respirare, l’umidità e l’aria salmastra del fiume, che permeano i racconti delle vite vissute tra i suoi flutti. Vite che, a partire dalle piccole biografie dei protagonisti, risalgono il corso del tempo e delle parole fino alla poetica originale, la stessa poetica che il capitano Twain e Lafayette hanno smarrito, la poetica del mito.

Tra le sfumature e le ombre del tratto di Siegel, nei meandri del suo racconto di amore e morte, vita e riferimenti (non solo letterari) più o meno ermetici, emergono le risonanze di autori come Thoreau e Leopardi: lo scrittore che, accettata una vita di quieta disperazione, deve ritrovare il tutto nel nulla, nella negazione dell’esistenza e della libertà che è la sirena. Il mostro, figura ambivalente che suscita meraviglia e al contempo maledizione, è l’anelata chiave all’ispirazione e all’ascensione a una vera consapevolezza (sia essa letteraria o amorosa).

Sailor Twain non è quello che, comunemente, definiremmo capolavoro: la prosa e il tratto dell’autore, perfetti nelle sequenze descrittive e nel silenzio, non mantengono eguale oggettività nei momenti più movimentati; attimi di concitazione che appaiono nei capitoli conclusivi della vicenda che non riescono a mantenere un eguale pathos narrativo, salvato dalla tragica catarsi conclusiva. Ma esistono opere che comunicano senza parole, nel silenzio che vi è tra gli sguardi e tra le righe, lasciando ammutoliti per la meraviglia, anche se imperfette: Sailor Twain è una di queste.

Titolo: Sailor Twain o La Sirena dell’Hudson
Titolo originale: Sailor Twain or The Mermaid in the Hudson
Autore: Mark Siegel
Editore: Bao Publishing
Traduzione: Michele Foschini

NB: la citazione iniziale è tratta da G. Vico, La Scienza nuova, idea dell’opera, ed. 1744

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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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