Quest’anno sono stato per la prima volta alla GamesCom. Abbastanza inaspettatamente, non ci sono andato come visitatore/esponente di rilievo di una certa critica d’essay (ricominciamo in settimana, giuro), ma ci sono andato nelle vesti di – sì, lo so, fa ridere – “rappresentante dell’industria”.

Metto le mani avanti: alcuni di voi ne sono già al corrente, altri lo scopriranno adesso, da diverso tempo lavoro a stretto contatto con Housemarque, software house finnica fondata 18 anni fa da due veterani della demo scene, meglio nota ai più per titoli scaricabili PSN/XBLA quali Super Stardust HD, Super Stardust Delta, Dead Nation e Outland.

L’occasione era il reveal di RESOGUN, per i dettagli vi rimando al Ps Blog.
L’intento di questo post non è tanto quello di fare spam selvaggio (s’è scomodato Yoshida, non credo di poter far meglio), quanto piuttosto quello di metter nero su bianco una serie di impressioni che ho avuto nel momento in cui mi sono trovato “dall’altra parte della barricata”.

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Rimarrò sul vago, cercando di non farmi licenziare. Innanzitutto: la cosa che più mi ha colpito in questi mesi passati nell’industria è il come certe decisioni vengano prese all’ultimissimo minuto utile. In questo senso, che le grosse conferenze non siano un lungo monologo improvvisato è un miracolo vero e proprio. Per farvi un esempio in piccolo, uno degli sviluppatori con cui siamo usciti a cena è stato convocato a Colonia, solo per scoprire il giorno stesso che il suo gioco non sarebbe stato mostrato in attesa di una build più solida. Si tratta sicuramente di una decisione positiva per tutti i soggetti coinvolti, ma fatico ad immaginare la frustrazione di questo tizio che, in pratica, è come se avesse ricevuto un SMS sulla falsariga di “sai cosa, riproviamoci l’anno prossimo” nei pressi dell’altare.

Secondo: l’industria è ricca di gente appassionatissima e generalmente umile. Gli stessi producer del gioco che abbiamo presentato non solo continuavano a parlarne entusiasti anche in privato, ma si sedevano a giocarlo ad ogni momento libero, peraltro sfoderando punteggi di tutto rispetto. L’ultima sera ero fuori con Matt Birch di Heavy Spectrum, la compagnia che si sta occupando del reboot di Shadow of the Beast. Avreste dovuto vederlo, mentre cercava di nascondere l’occhio lucido, ancora incredulo per l’opportunità concessagli.
Lo stesso David Cage, con cui non ho avuto occasione di parlare ma che girovagava senza meta nel nostro stesso hotel, mi è sembrato estremamente gentile, quasi timido.

Non so perché, ma mi aspettavo un mondo spietato, pieno di sviluppatori arroganti e Bobby Kotick che escono dalle fottute pareti.

Terzo: se sei alla GamesCom a promuovere un gioco, della GamesCom non vedi niente. Che con le connessioni a banda larga vedersi i grandi eventi da casa fosse più comodo mi era chiaro, ma non immaginavo di non riuscire a vedere/sapere NULLA una volta in loco. Complice anche una copertura internet scandalosa – Germania, datti una svegliata, non puoi ospitare una manifestazione del genere e non avere wireless libero ovunque – mi sono aggiornato sulle novità solo una volta tornato a casa.

In compenso ho passato due giorni interi – in condizioni di sicurezza simil-pentagono – chiuso in una stanzetta del Radisson hotel, dove Sony aveva in mostra i titoli indie di punta per tutte le sue piattaforme. Fra i più meritevoli Murasaki Baby (di Ovosonico, ne abbiamo parlato QUI), Rain, Helldivers, Fez e Octodad. La prima giornata se n’è andata ripetendo una presentazione tre volte a tre diversi gruppi di giornalisti, una tortura condivisa da buona parte degli sviluppatori presenti. Il resto del tempo l’abbiamo passato fra chiaccherate informali, interviste e hands on con il gioco. Sessioni del genere sono estremamente interessanti per uno sviluppatore, perché rappresentano il primo vero test con un’audience vergine e permettono di individuare eventuali problemi nei controlli o lacune nell’interfaccia grafica.

Una cosa che (non) m’ha colpito è stata la poca preparazione di alcuni giornalisti, lì più che altro per dovere, assegnati a coprire un genere a loro chiaramente estraneo. Passi per i siti minori, ma se anche uno dei siti più celebri a livello internazionale manda una persona che non ha mai sentito parlare di twin-stick shooters, qualche domanda sorge spontanea. Capisco le poche risorse disponibili, ma in maniera non dissimile non avrebbe molto senso mandare qualcuno che non ha mai sentito parlare di fighting games a coprire l’EVO.

Concludendo: un’esperienza finita troppo in fretta (l’ultima intervista l’abbiamo data alle 16:00 di giovedì, alle 16:15 eravamo in taxi per l’aereoporto), che ogni appassionato dovrebbe fare prima o poi, almeno per capire che tipo di organizzazione è necessaria per annunciare un gioco, farlo provare alle masse urlanti, e monitorarne l’andamento sul web giorno per giorno, in attesa della (liberatoria) uscita sul mercato.

2013-08-25 07.27.42 pm



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Tommaso De Benetti

Guadagnatosi di recente il sarcastico soprannome di "Caro Leader", Tommaso vive e lavora ad Helsinki. Come è facile intuire, per circa 10 mesi all'anno vive sepolto nella neve, circondato da donne bellissime. Tutto il tempo che gli rimane lo passa ad abbaiare ordini e a prendersi cura di vari progetti, fra cui Players, RingCast e icolleghi.tumblr.com.

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3 Comments

  1. articolo molto interessante, complimenti :) non vedo l’ora di ascoltar(v)i su ringcast!

  2. Orca peccato che non hai parlato con cage. Ero curioso di sapere che tipo fosse. Comunque articolo interessante.

    1. Mah guarda, se non sapessi chi è l’avrei scambiato per un timido padre di famiglia in vacanza, m’è sembrato proprio alla mano anche quando andavano a rompergli i coglioni mentre mangiava.

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