Non solo nello spazio nessuno può sentirti urlare ma, a quanto pare, anche lì la sfiga ci vede benissimo.

Sono infatti numericamente disarmanti le avversità che la povera dottoressa Ryan Stone (una tonica e convincente Sandra Bullock) deve affrontare durante una missione spaziale di routine, che la vede affiancata all’esperto e alquanto ciarliero Matt Kowalski (George Clooney, brillante as usual), al suo ultimo viaggio attorno alla Terra.
Tutto sembra andare per il meglio quando una pioggia di detriti derivante dalla collisione accidentale di un missile (russo) con un satellite innesca una reazione a catena che mette in gravissimo pericolo la vita dei due astronauti…

Negli ultimi anni la fantascienza “d’autore” si è alzata spesso parecchie spanne sopra le classiche produzioni “scoppi & botti” hollywoodiane e si è trasformata in volano perfetto per parlare della naturale debolezza dell’uomo (Another Earth), della forza soverchiante della natura e della precarietà della vita sulla Terra (Melancholia), è stata declinata secondo temi etici e sociali (District 9), che ci hanno permesso di riflettere sulla nostra unicità (Moon).

Cuaron, che la fantascienza l’aveva già visitata con l’inquietante e pessimista I Figli degli Uomini, torna a sfruttare al meglio l’invincibile combinazione data da una messa in scena sontuosa e contenuti di grande spessore. I primi venti minuti di Gravity sono e saranno probabilmente la migliore cosa visibile sul grande schermo nel 2013. La macchina da presa apre su una visione mozzafiato della Terra, si avvicina allo Shuttle, indugia sui protagonisti, segue asetticamente lo svolgersi della catastrofe, mentre lo spazio, nero ed infinito diventa un palcoscenico silenzioso e placido.

Tanta scienza e poco “fanta” in Gravity, un film che, crediamo, sarebbe apprezzato anche dal buon vecchio Stanley, che tanto aveva faticato per rendere 2001 inattaccabile dal punto di vista del realismo e della verosimiglianza. Cuaron mostra astronauti umanissimi, alle prese con imprevisti che la tecnologia non sa e non può risolvere. Le navi spaziali, i satelliti, le capsule sembrano (o diventano) rottami o oggetti vintage, pezzi da museo provenienti dai tempi in cui le scimmie urlavano al monolite. Grazie ad un mix illuminato di effetti speciali e narrazione ricca di pathos e che non lascia un minuto di tregua allo spettatore, Cuaron realizza un’opera poetica e ricercata, un film sullo “spazio” di incredibile realismo e struggente malinconia, che riesce al tempo stesso ad essere però anche un inno alla vita e alla speranza.

Gravity gioca sempre sulla contrapposizione tra l’immensità dello spazio e la ristrettezza degli ambienti occupati dai protagonisti, che vengono sballottati da ogni parte, in balia di una sorte avversa che però può essere vinta con la tenacia ed il coraggio: una metafora che, per quanto banale e immediata, viene raccontata con un carico emotivo senza precedenti. Promosso a pieni voti, Gravity, anche (e soprattutto) quando diverte con ironia, cita Wall-E, crea situazioni apparentemente irrisolvibili, monta la suspense e fa breccia nel cuore e negli occhi del pubblico, trasportato stavolta e per davvero, là dove in pochi sono giunti…



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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4 Comments

  1. Appena visto. Capolavoro emozionale ed audiovisivo, fa riflettere ed emoziona come pochi. Stra-consigliato!

  2. Leggendoti ho percepito di nuovo l’eco muta del meraviglioso Gravity. ;)

  3. Bellissimo, emozionante, ti tiene senza respiro per due ore. Relativamente alla recensione, voglio solo notare che non è fantascienza, tutti gli avvenimenti sono perfettamente calati nel presente e nella realtà, non c’è nessun elemento di fantasia.

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