Il 29 ottobre del 1988 appariva in Giappone, parecchio in sordina, una console che avrebbe cambiato la vita di molti appassionati di videogames: il Sega Megadrive.

Ai tempi Sega aveva già stabilito un certa leadership nelle sale giochi, grazie a cabinati futuristici e giochi dalla grafica avanzatissima e dalla giocabilità sopraffina. A livello casalingo però, le cose non erano andate particolarmente bene: tra gli home computer l’SC-3000 aveva preso sonore mazzate un po’ ovunque e il Sega Master System, nonostante buone performance in Europa, era stato ridicolizzato in patria dal Famicom di Nintendo. In quest’ottica è bene ricordare che allora noi europei eravamo i parenti poveri & pezzenti ed il nostro era l’ultimo mercato di riferimento, posizionato ben lontano da Giappone e States.

Megadrive arriva in un mercato in subbiglio: la rivoluzione dei 16 Bit era già realtà da qualche anno, grazie ad Amiga ed Atari ST, mentre in Giappone Nintendo dormiva sugli allori del Famicom e Nec stravendeva quel gioiello chiamato Pc Engine. La “quarta generazione” è prossima a partire, solo che nel caso di Sega, lo fa nel peggiore dei modi possibili: i primi titoli usciti non dimostrano affatto le incredibili potenzialità della console, che ostenta un gigantesco “16 Bit” sullo chassis. Si inizia infatti con gli anonimi Super Thunder Blade e Space Harrier 2, titoli eufemisticamente dimenticabili. Il primo anno vede poche release e di qualità molto discontinua. Già dal 1989 però le cose cambiano, e di molto.

Lentamente ma inesorabilmente (e anche grazie ad una Nintendo che aspetta forse un po’ troppo a commercializzare il Super Famicom ed una Nec che incomprensibilmente non diffonde il verbo del Pc Engine a livello mondiale) il Megadrive comincia a farsi largo nel cuore dei gamers: nel giro di un anno arrivano i must buy, le conversioni non perfette ma molto vicine agli originali da sala, i titoli su cui un’intera generazione sbava, ostaggio di riviste poco attendibili e dell’infame “importazione parallela” che fa concorrenza agli usurai con prezzi da arresto (cardiaco): Ghouls’ Ghost, Super Hang On, Forgotten Worlds, Strider, The Revenge of Shinobi, Golden Axe, Rainbow Island, The New Zealand Story, Super Monaco GP. Sempre debole in Giappone, paese ancora oggi Nintendo-centrico, Megadrive sbanca in America, anche grazie alla popolarità di Sonic e dei titoli sportivi EA e in Europa, riuscendo a compensare lo svantaggio derivante dalle scarse performance nel Sol Levante.

Sega, dopo aver stravenduto per anni, cercherà di allungare la vita della console con periferiche di discutibile qualità e utilità come il Mega Cd ed il 32X, senza molto successo: dalla seconda metà degli anni ’90 Megadrive passerà il testimone a Saturn, “inzio della fine” per Sega che di lì a qualche anno, dopo la breve, entusiasmante ma ahimè sfortunata esperienza Dreamcast, uscirà per sempre dal mercato delle console.

Il lascito ludico di Megadrive è enorme: un’ icona non “mariesca” che sfonda per la prima volta in America (Sonic), conversioni casalinghe di qualità non troppo lontana dagli originali da sala ed esponenzialmente migliori rispetto alla concorrenza (Strider), i migliori titoli sportivi del tempo (Fifa, EA Hockey) e almeno un paio di titoli must buy per ogni genere ludico conosciuto, dagli rpg ai puzzle, dagli action agli shoot’em up. Insomma, il Giappone al suo meglio.

Per molti Megadrive è stata la prima console, per tutti una delle migliori macchine da gioco in assoluto, una piattaforma che ha fatto nascere brand che vivono ancora oggi (Sonic su tutti) e che fa parte integrante della storia del videogioco. Per chi non conoscesse la storia di Megadrive non possiamo fare altro che invitare tutti a dare un’occhiata a Generation 16, un videoblog su Youtube, che recensisce tutte le release per la console in ordine cronologico, cinque giochi a puntata. Buona visione e buon compleanno Megadrive!



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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