Te lo spiega Mike Flanagan, nato a Salem, Massachusetts – che ĆØ giĆ  unā€™ottima credenziale per uno che fa film horror – e autore di Absentia (2001). Lā€™ossessione per gli specchi la coltiva dal 2006, anno in cui gira il corto Oculus: Chapter 3 – The Man with the Plan, mezzā€™ora in cui un uomo chiuso in una stanza bianca con uno specchio tentava di documentare, attraverso tre telecamere piazzate in punti stategici, le manifestazioni paranormali provenienti dallā€™oggetto.Questa volta tocca a due fratelli, Kaylie (Karen Gillan) e Tim Russell (Brenton Thwaites), tentare di provare che lā€™antico specchio scozzese dai preziosi intarsi, acquistato dal padre dieci anni, prima ĆØ infestato da unā€™entitĆ  sovrannaturale colpevole dellā€™omicidio dei genitori e delle morti violente dei suoi proprietari nel corso dei secoli.

Il passato che ritorna e si ripete, un puzzle che si compone gradualmente, un oggetto antico e misterioso capace di spingere alla follia chi ne viene in possesso. Mike Flanagan confeziona un horror soprannaturale vintage, mettendo in fila i pochi ingredienti e dosandoli con maestria: un buon uso del climax narrativo evitando lā€™abuso di effetti speciali; suspance e tensione che si tagliano con il coltello; lā€™ambientazione, la classica villetta con giardino; nessun inutile e barocco siparietto spaltter cui ci hanno abituati i teen horror sfornati dallo zio Sam negli ultimi anni.

Ai tradizionali elementi di genere, facilmente riconoscibili, non dimentica di aggiungere una consuetudine, da The Blair Witch Project in poi: la tecnologia. Le armi per combattere il Male non sono piĆ¹ la croce e la preghiera, ma telecamera e smatphone che permettono di documentare quello che risulta incredibile agli occhi. La fotocamera del cellulare ĆØ il filtro per distinguere ciĆ² che ĆØ reale, il terzo occhio che mostra la veritĆ  quando la mente si inganna.

Lo specchio non produce visioni terrificanti, ma provoca in chi lo possiede allucinazioni e una completa distorsione della realtĆ . Amplifica e fa affiorare paure e drammi recoditi. Lo specchio ĆØ un oggetto archetipico, mostra qualcosa che cā€™ĆØ ma non esiste, un riflesso della realtĆ . Oppure ĆØ porta di accesso ad altre dimensioni come ne Lo specchio di Alice di Lewis Carroll. Dalla mitologia alla letteratura ĆØ sempre stato collegato alla magia, in Biancaneve, ma anche ne Il ritratto di Dorian Gray – unā€™autoritratto cosā€™ĆØ se non il riflesso di noi stessi?

Come insegna Mauro Borrelli, concept designer di Tim Burton e regista di The Ghostmaker, horror low budget che consiglio di andare a recuperare, i film di genere spesso nascondono un significato tra le righe e sono ispirati al vissuto. In Oculus, una dei tanti sfortunati proprietari dello specchio, sotto il suo influsso diabolico, convinta di mettere a letto i figli, li affoga in una cisterna in giardino. Suona come una notizia del tg, uno dei tanti efferati delitti compiuti tra le mura domestiche. Un sottile riferimento a schizofrenia, sdoppiamento di personalitĆ  e altre patologie psichiatriche?

Forse lo specchio ĆØ solo un altro oggetto minaccioso simile alla scatola con il Dibbuk di The Possession o la bambola de Lā€™evocazione. Allora, se siete amanti dellā€™antiquariato e frequentate i mercatini state attenti a cosa acquistate.



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