Interno. Scena elegante, sofisticata. Una donna dall’acconciatura ricercata e perfetta nel suo stile irrompe in camera. Sembra nascondere un segreto. Anzi, sembra nascondere molti segreti. I suoi pensieri in testa stridono con il suo tailleur d’haute couture e i suoi occhi vitrei decisamente truccati. Un uomo sullo sfondo, in rigorosa giacca e cravatta ascolta le sue lamentele, sembra curarsene ma il suo raziocinio appare distante da quella forma ineccepibile. Nel silenzio del non detto affrontano con stile il loro rapporto e nulla sembra disturbare quel quadretto idilliaco. O tutto sembra scalfirlo.

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Le immagini appena raccontate, potrebbero benissimo far parte di Mad Men, la serie tv di grande risonanza e successo americana, dove le cose accadono e le dinamiche si sviluppano in una chiara storyline, ma sempre dietro un contesto che appare forgiato da una forma impeccabile.

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Arrivata a 7 stagioni, per un totale di 92 episodi e con la season 1 datata 2007, la serie di Matthew Weiner prodotta dalla Weiner Bros. e dalla Lionsgate television, continua a tenere incollati agli schermi della AMC milioni di telespettatori, decretando un sempre più convincente e convinto successo worldwide: nella New York degli anni ’60, il mondo pubblicitario e le sue campagne fatte di innovativi advertisements, sono lo specchio fedele dei grandi e notevoli cambiamenti sviluppatisi nella società statunitense del ricco decennio dei 60’s, quello del boom economico, dei quartieri suburbani che prendono forma con le loro villette a schiera e degli immancabili conflitti politici, sempre divisi fra correnti repubblicane e democratiche.

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La serie presenta in modo diretto ed estremamente lampante le vite dei vari pubblicitari che lavorano per la Stanley Cooper (poi Stanley Cooper Draper Pryce) di Madison Avenue, concentrandosi in maniera specifica sulla quotidianità e le vicende del suo direttore creativo, Don Draper (lo splendido e immarcescibile John Hamm, criticato da molti per la sua interpretazione monocorde e inespressiva ma idolatrato dai fans della serie), e dei personaggi che gli ruotano attorno.
Lo sfondo appare ideale per raccontare l’evolversi di una società che in quegli anni affrontò vari mutamenti epocali: viene presentata la campagna presidenziale che contrappose Richard Nixon a John Kennedy nel 1960, la crisi dei missili Usa-Cuba del 1962, l’assassinio di Kennedy nel 1963 ma anche la questione sociale della lotta degli afroamericani per ottenere i primi significativi diritti civili.

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Vincitrice di diversi premi Emmy e Golden Globes, l’equivalente massimo degli Oscar per la televisione, Mad Men può contare su un cast di richiamo assoluto che fornisce un mix di sensualità patinata e inusuali capacità recitative: accanto a Don Draper/John Hamm, abbiamo Peggy Olson/Elisabeth Moss, prima segretaria di Draper, poi copywriter nell’agenzia (prima donna a ricoprire tale ruolo nei favolosi 60’s), poi braccio destro del capo e infine avversario e/o traditrice per dare un impulso alla sua carriera.

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Pete Campell/Vincent Kartheiser è invece un giovane rampante che nel mondo della pubblicità trova la sua dimensione: abile negli affari, combattuto fra l’odio per i suoi genitori e l’instabilità sentimentale di coppia, Pete finisce per sposare la ricca e parvenue Trudy, scoprendo fra le altre scappatelle di amare però proprio il personaggio di Peggy Olson, con cui avrà anche un figlio, a sua insaputa dato però in adozione dalla donna. Col tempo la crisi con la moglie sarà superata, almeno in apparenza, diventerà padre ma coverà sempre un perenne stato di frustrazione dietro una vita semplicemente perfetta. Che forse così non è.
Betty Draper/January Jones, è la moglie del protagonista Don, ex modella ora casalinga devota, che attraverso diversi step di insoddisfazione e tentativi di tradimento più o meno riusciti, arriverà a un divorzio, a un nuovo matrimonio, alla scoperta di avere un cancro, il tutto sempre condito da un perenne stato di insoddisfazione e inadeguatezza. Dove sembra esserci davvero tutto e non mancare nulla, in Mad Men è proprio lì che alberga il male di vivere.

Joan Halloway/Christina Hendricks è la vera bomba sexy dello show: amata da tutte le riviste del settore, il personaggio di Joan/Christina va oltre lo stereotipo della femme fatale bella, sexy e provocante, poiché proprio Weiner l’ha voluta rendere più imprevedibile, sarcastica e complessa. Simile a Marylin Monroe (la notizia della cui morte la renderà ancora più fragile), Joan si divide perfettamente fra la Betty che rinuncia alla sua carriera per un matrimonio tradizionalista e la Peggy che cerca di affermarsi in un universo prettamente maschile e maschilista.

I detrattori della serie dicono che Mad Men sia tutto fumo e niente arrosto, che dica tanto per non raccontare realmente nulla di innovativo, limitandosi solo a presentare la cronologia dettagliata della storia americana recente. I fans invece la esaltano per l’eleganza descrittiva e per le capacità estetiche dei suoi protagonisti: la realtà probabilmente, come sempre, si trova nel mezzo, poiché Mad Men è come una medaglia composta da due facce distinte e differenti ma pur sempre unite. La serie racconta ma non aggiunge, è elegante ma non boriosa, sembra stancare ma appassiona, nascondendo velatamente l’avvincente avvicendarsi delle sue trame. Prendere o lasciare. Nel dubbio, la vastità del pubblico fedele ha già scelto da che parte schierarsi.



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