Se potessi scegliere una data e un luogo in cui farmi trasportare da una macchina del tempo, non avrei dubbi: 15 dicembre 1979, Giappone. Quel giorno infatti arrivò nelle sale del Sol Levante Il Castello di Cagliostro, un film che avrebbe cambiato per sempre il mondo dell’animazione nipponica, non solo perché era il primo lungometraggio di Hayao Miyazaki, ma perché spalancò a tutti le porte di un mondo ai più allora quasi completamente sconosciuto (fu il primo lungometraggio animato ad essere presentato al festival del cinema di Cannes nel 1980).

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Fast forward di qualche anno: un Me undicenne assiste per puro caso, sbigottito ed incredulo, alla messa in onda del film su Italia Uno, il 1 gennaio del 1984. E’ l’epifania, anche se anticipata di qualche giorno: inizia da allora il mio amore totale ed incondizionato nei confronti del Maestro (corroborato ai tempi dalla visione, altrettanto fortuita, di Nausicaa, stavolta sulla Rai) ed l’ altrettanto instancabile ricerca di una versione decente per l’home video, viaggio che avrebbe visto il succedersi di innumerevoli tappe fino alla sua conclusione, giunta ieri, con l’arrivo via posta aerea del Blu Ray del film, uno degli ultimi della collana giapponese dello Studio Ghibli che sta avviandosi velocemente verso la sua conclusione.

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Che dire? Il Castello di Cagliostro è invecchiato benissimo. Anzi, non è invecchiato affatto. La versione in Blu Ray permette di ammirare estasiati i fondali, gli sfondi e gli ambienti scelti da Miyazaki per declinare, secondo le sue corde, il personaggio ideato agli inizi degli anni ’70 da Monkey Punch e che oggi, grazie alla serie dedicata a Fujiko e al film su Jigen, sta vivendo una seconda giovinezza. Le sequenze storiche, a cominciare da quella dell’inseguimento con la 500 gialla, diventata a tutti gli effetti un cult dell’animazione di ogni tempo, scorrono frenetiche e piacevolissime e la mano felice di Yasuo Otsuka, character designer della serie televisiva si fa ancora notare.

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Miyazaki, utilizzando un tratto morbido e colori pastello, trasforma il personaggio da amabile cascamorto a romanticone introspettivo, tant’è che nel film, come noto, il suo obbiettivo non è recuperare il tesoro dei Cagliostro, ma salvare Clarisse, prima di una lunga serie di figure femminili sensibili e forti al tempo stesso, che diventeranno un elemento caratteristico della cinematografia del regista, un po’ come i mezzi volanti. A corredo del tutto, svetta sublime la partitura di Yuji Ohno.

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A 35 anni di distanza dalla sua release originale, Il Castello di Cagliostro resta la porta principale da attraversare per entrare nel mondo magico e incantato di Hayao Miyazaki: personalmente, e contrariamente alla stragrande maggioranza dei fans di vecchia e nuova data, ho sempre preferito le sue pellicole meno profonde e introspettive a quelle che gli hanno permesso di ricevere premi e riconoscimenti un po’ in tutto il mondo e, in questo senso, Il Castello di Cagliostro resta tutt’ora una pietra miliare inarrivabile.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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2 Comments

  1. Senza dubbio è anche il mio preferito tra tutti i lavori di Miyazaki, non potrei condividere di più ciò che hai scritto! Grazie per aver ricordato una pietra miliare come questa.

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