Il film più bello della 71esima Mostra del Cinema di Venezia è uno di quelli che è uscito a mani scandalosamente vuote dal palmarès finale, eccezion fatta per riconoscimenti minimi collaterali. Ma siamo certi che ad Alejandro González Iñárritu di leoni et similia importi poco: dev’essere già un’immensa soddisfazione aver realizzato, con la sua prima commedia, anche uno dei suoi film più belli, potenti e importanti.

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Anche se di sola “commedia”, in riferimento a Birdman, non si può parlare: trattasi di opera così grande, magmatica e sfaccettata da rifuggire qualsiasi caratterizzazione, anche di genere cinematografico. Un virtuoso, vorticoso, vertiginoso vortice è quello in cui il regista messicano ci trascina e travolge: un gorgo rutilante composto di 4/5 frenetici e roboanti pianisequenza che scattano attraverso, sopra, sotto, dentro e fuori un teatro in cui un attore sul viale del tramonto (gigantesco e fragile Michael Keaton), un tempo famoso per aver interpretato un supereroe piumato, Birdman appunto (come Keaton Batman), prepara l’adattamento a Broadway di un romanzo a episodi di Raymond Carver.

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La giostra precipitosa e rocambolesca, il torrenziale corso irrefrenabile di Iñárritu scivola tra il palcoscenico, i camerini, i corridoi, i tetti, le strade, il cielo persino, avanti e indietro e avanti e indietro tra salti temporali e spaziali impercettibili, a dissacrare e vivisezionare le ansie e le aspettative di un manipolo di personaggi sublimamente interpretati (da Naomi Watts, Andrea Riseborough, Emma Stone e soprattutto uno scatenato e istrionico Edward Norton nei panni di un personaggio che sospettiamo gli assomigli più di quanto pensi). Il mondo del cinema è tutto lì, in quel microcosmo pazzo e surreale con lampi onirici che sembrano dolorosissimi fuochi d’artificio; le sue luci, le sue ombre, i suoi picchi e le sue cadute, la pazzia, la genialità, e soprattutto il suo cinismo e la sua ferocia.

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Due ore al galoppo su fluviali montagne russe che raggiungerebbero la perfezione del capolavoro se non fosse per un finale, per un attimo, un po’ incerto su dove arginarsi e su come concludere un discorso fino a quel punto impeccabile. Una piccola incrinatura, ma veniale: a distanza di settimane dalla prima lagunare, quella di Iñárritu è una visione che ancora ci cresce dentro. E un volo che ancora si libra nei nostri occhi.



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5 Comments

  1. Capolavoro assoluto. Diventerà una pietra miliare, è il nuovo Lebowski.

  2. Bell’articolo davvero. Ora voglio vederlo.

    1. In Italia lo distribuiscono all’inizio del prossimo anno.

      1. Sarà dura aspettare il 5 febbraio del prossimo anno… : (

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