Se avete perso di vista le vicende recenti di Spider-Man, oppure siete tra quelli che seguono le sue eroiche gesta solo sul grande schermo tra un reboot e l’altro, dovete sapere che la vita dell’amichevole arrampica-muri di quartiere, raccontata sugli albetti mensili, è stata parecchio travagliata negli ultimi tempi. Se il vostro senso di ragno si è attivato, avete ragione: stiamo per fare alcuni spoiler citando recenti pubblicazioni Usa ed eventi non ancora avvenuti nelle pubblicazioni Panini in edicola – anche se trattati da quotidiani e TG di mezzo mondo – perciò se non siete al passo con la lettura degli ultimi numeri USA di Spider-Man saltate a piè pari il prossimo paragrafo come si trattasse di un inutile fill-in e continuate a leggere dal successivo.

Dicevamo, dopo aver salvato al mondo la sua identità di Spider-Man, Peter Parker si è visto costretto a stringere un patto con Mefisto per riportare in vita la cara vecchia zia May, uccisa da un suo arci-nemico un minuto dopo aver scoperto l’identità del tessi-ragnatele. Il patto non è stato a buon mercato: nello scambio Peter si è giocato il matrimonio con la super modella Mary Jane. Dopo essersi faticosamente ricostruito una vita e aver finalmente messo a frutto le sue doti di scienziato, Spider-Man ha potuto godere dipochi,  brevi momenti di tranquillità prima che il Doctor Octopus mettesse in atto il piano definitivo scambiando la sua mente con quella di Spidey ottenendo così un corpo giovane, atletico ed eroico in cambio del suo, ormai avanti con gli anni e debilitato da mille battaglie, spentosi in una pacifica morte pochi secondi dopo il mind-switch. Tra lo scandalo dei fan più oltranzisti, la mente di Doc Ock ha indossato così i panni di Spider-Man e Peter Parker per più di un anno, rovinando quel briciolo di reputazione costruita con fatica negli anni dall’arrampica-muri, prima di essere sconfitto dallo spirito di Parker tornato trionfalmente nel suo corpo.

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Riassumendo, quello che avete appena letta è il genere di intreccio intricato che solitamente spinge chi non ha mai trovato il modo di appassionarsi a una serie a fumetti a continuare sulla sua strada. Consapevoli di questa realtà, le major del fumetto americano sono sempre alla ricerca di soluzioni per attirare a sé nuovi lettori. Mentre la DC Comics ha optato per la via più estrema, resettando interamente il proprio universo narrativo e facendo ripartire dal #1 ogni testata, la Marvel ha scelto invece un approccio un po’ più soft. Da un lato una serie di eventi annuali che costituiscono spesso un buon starting point per saltare a bordo delle proprie testate, dall’altro una serie di graphic novel affidate ad autori di punta con flebili legami alla continuity ufficiale, utilizzando ovviamente in questi casi i personaggi più rappresentativi del proprio universo. Spider-Man: Affari di Famiglia è una di queste graphic novel.

Per l’occasione, Mark Waid (già autore tra le altre cose di alcune recenti storie del ragno sulla testata regolare) e James Robinson,( co-autore visto all’opera sulle pagine di Fantastic Four e Justice League) si allontano dalle tipiche atmosfere newyorchesi per calare Spider-Man in una trama da spy story , spostando lo scenario tra le immancabili Alpi svizzere e l’elegante casinò di Montecarlo, con una tappa finale in Egitto a conclusione di un’intricata vicenda che dopo aver strizzato l’occhio alle missioni di James Bond si concede un atto finale in stile Indiana Jones. Ma più delle ambientazioni lontane dai canonici spazi urbani in cui Spidey è solito muoversi, il motivo per cui Affari di Famiglia ha fatto parecchio parlare di sé è l’introduzione di un nuovo personaggio femminile, la presunta sorella biologica di Peter Parker.

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Al di là dell’identità della ragazza – mi sembra di aver già distribuito spoiler in abbondanza nell’introduzione – il suo ruolo si rivela importante per la meno due motivi. In primis, perché è lei a innestare e giustificare l’impianto da avventura alla James Bond della storia rivelandosi un agente della C.I.A, ma soprattutto perché il suo background – fittizio o vero che sia – si ricollega a una vecchissima storia di Spider-Man in cui Stan Lee rivelava come i genitori di Peter fossero in realtà agenti dello S.H.I.E.L.D. morti sul campo. Pur realizzando una storia a sé stante, dunque, Waid e Robinson riescono a collegarsi a uno snodo centrale della continuity ragnesca, fornendo tuttavia al lettore tutte le informazioni necessarie a comprendere l’aggancio in una manciata di vignette, includendo tutti gli elementi necessari affinché la storia possa essere compresa e goduta da chiunque.

La forza principale della storia di Waid e Robinson è la sua universalità, la sua capacità di offrire un terreno comune di confronto a tutte le tipologie di lettori recuperando gli elementi più iconici e riconoscibili della figura di Spider-Man, senza tuttavia banalizzarli. Ad esempio, la scena è occupata per la maggior parte del tempo da Peter Parker, riservando a Spider-Man poche, ma incisive apparizioni rinforzando la divisione di ruoli tra identità e alter-ego. Il Peter di Affari di Famiglia è un ragazzo sulla via dell’età adulta, maturo e responsabile, che consente al suo lato più infantile e chiacchierone di emergere solo una volta indossato il costume, lasciandosi andare a battute di spirito anche nelle situazioni più complesse, suo marchio di fabbrica, evitando però di esagerare con le spiritosaggini come invece avviene quando in mano ad autori meno talentuosi. E poi c’è Kingpin, il villain perfetto per le atmosfere della storia, pescato dal mazzo degli avversari classici dell’arrampica-muri, ma credibile nel ruolo di mente criminale, e dotato inoltre del giusto fisique du role per costituire una minaccia fisica tale da rendere l’inevitabile scontro avvincente. Peccato che la natura della graphic novel, solo tangenziale alle vicende canoniche di Spider-Man, renda in parte scontata la natura transitoria delle svolte più radicali nella storia.

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In fondo però ce lo si può aspettare, Affari di Famiglia è come un episodio speciale inseribile in un punto a piacere della storia recente di Spider-Man e per questo destinato a lasciare (quasi) del tutto invariata la situazione alla fine delle vicende narrate. Forse anche questo aspetto contribuisce a infondere alla storia il carattere dell’eccezionalità, come un lungometraggio tratto da una serie TV. E l’atmosfera cinematografica è quella che si respira per l’intera durata del racconto, grazie come detto alla scrittura di Waid e Robinson, ma anche e soprattutto per merito delle matite di Werther Dell’Edera e dei pennelli di Gabriele Dell’Otto. Sulle suggestive e ariose prospettive tracciate da Dell’Edera, Dell’Otto omaggia il più classico stile Marvel, dipingendo personaggi che strizzano l’occhio al design immortale di Buscema e facendo ricorso a una paletta cromatica decisamente più solare e vivace rispetto allo stile grim & gritty che aveva caratterizzato i suoi lavori precedenti come Secret War, considerata ormai colonna portante dell’universo Marvel moderno, e l’eloquente fin dal titolo Wolverine: Sex & Violence. Il paragone è azzardato, ma il sense of wonder che trasuda dalle pagine riporta alla mente il capolavoro pittorico di Alex Ross, Marvels.

Tirando le somme, il motivo per cui Spider-Man: Affari di Famiglia sia una storia destinata a piacere a chi legge Spider-Man da quando era bambino e a chi l’ha conosciuto solo al cinema, a chi non ama la direzione presa di recente dalla testata del tessi-ragnatele e a chi ogni mese acquista l’albo in edicola, a chi campa di super-eroi e a chi snobba questo tipo di fumetto, è da ricercarsi nella bontà con cui è stata realizzata in ogni sua parte. Senza dilungarsi eccessivamente, racchiude in un centinaio di pagine tutti gli elementi che hanno fatto di Spider-Man uno degli eroi più famosi al mondo, frullandoli in una vicenda appetibile per qualunque tipo di pubblico, raccontata con un ritmo frizzante e sfruttando al massimo le potenza espressiva del medium grazie ad illustrazioni di clamorosa efficacia. La ricetta universale del buon fumetto, insomma, da cui probabilmente si potrebbe trarre una versione cinematografica di Spider-Man molto meno controversa rispetto a quella attualmente in mano a Sony.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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