Torino, Marzo 2012. Giuliano Soria, intellettuale torinese e patron del prestigioso premio letterario Grinzane Cavour, viene raggiunto dalla Guardia di Finanza nello studio del penalista Roberto Piacentino. I finanziari gli consegnano un provvedimento del tribunale di Torino e lo scortano al carcere delle Vallette. Le ipotesi di reato che gli vengono contestate sono gravissime: malversazione e violenze sessuali. L’accusa di violenze sessuali arriva da un suo domestico che dichiara di aver dovuto subire le pesanti vessazioni di Soria. La malversazione invece riguarda l’utilizzo spregiudicato degli enormi fondi, ricevuti da privati ed enti pubblici, a disposizione dell’Associazione Grinzane Cavour. Durante il processo, Soria spara a zero su tutti, dichiara di aver usato i soldi dell’Associazione per spesare e finanziare attori, politici e personaggi famosi. Finisce così la storia di uno dei più importanti premi letterari italiani. Ma cosa sono e a cosa servono veramente i premi letterari?

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La fama dei premi letterari italiani di essere “poco meritocratici” – per usare un eufemismo – non è però dovuta solo alle vicende del Grinzane Cavour, è un pregiudizio che risale al secondo dopoguerra. Già nel 63 Dino Risi raccontava in un suo film (I Mostri) le insistenze della presidentessa di un concorso letterario (Vittorio Gassmann travestito da donna) che costringeva la giuria ad assegnare il premio a uno scrittore sconosciuto e semianalfabeta che aveva, come unica qualità, quella di essere il suo amante. I premi letterari quindi non sono altro che una spartizione di favori? La discutibile fama, condivisa dai tre premi più prestigiosi (Strega, Bancarella e Campiello) è il frutto di molte dicerie su cui è difficile, se non impossibile, fare luce. L’editoria è un mondo chiuso che conserva gelosamente i suoi segreti. Una delle “voci” più diffuse riguarda la spartizione a tavolino dei premi, in particolare dello Strega, da parte dei principali big dell’editoria. Ovviamente i sostenitori di questa “voce” sono spesso legati a editori di medie o piccole dimensioni e non hanno prove per dimostrare quanto dicono. Insomma, ci troviamo di fronte a realtà quantomeno ambigue come solo i premio legati all’arte possono essere. Realtà che però hanno una solida ragione per esistere. I soldi.

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Lo Strega è forse il concorso più interessante da un punto di vista del ritorno commerciale e di prestigio per gli autori vincitori. La spinta alle vendite che può derivare dalla vincita di un premio Strega è enorme perché, oltre alla passerella del premio, il più delle volte seguono le interviste televisive (in Italia, al momento, l’unica vera occasione per un autore di mettere il turbo alla propria carriera). Nessuno saprebbe quantificare il ritorno in termini economici e di vendite della vincita di uno Strega, ma di certo è “un aiutino” che fa gola a parecchi scrittori ed editori. Soprattutto in un momento storico di grandissima crisi per il comparto. Gli scrittori, costretti spesso ad arrotondare gli introiti della vendita dei loro libri insegnando scrittura creativa o prestandosi a comparsate ovunque e comunque, non sanno bene dove sbattere la testa per poter proseguire un mestiere che, al momento, si sta riducendo sempre più a una passione che non a una professione. Non parliamo di piccoli scrittori, per cui questa realtà dei fatti è scontata, parliamo ormai anche di nomi abituati alle zone medie delle classifiche di vendita. E allora se una premiazione allo Strega potrebbe fare la differenza, perché non tentare il tutto per tutto per ottenerla? Si potrebbe pensare che, proprio per mascherare queste “manovre sotterranee”, siano state pensate adeguate cortine fumogene. Come, per esempio, l’obbligo di prendere in considerazione anche editori medio-piccoli previsto nel regolamento riformato dello Strega. Ecco spiegati quindi nomi tra i finalisti che stupiscono – come Zerocalcare (Bao Publishing) nell’edizione 2015 dello Strega – e che nascondono una crudele verità: nessun autore pubblicato da un piccolo o medio editore ha mai vinto lo Strega. Ma forse quest’anno la regola sarà smentita. Forse.



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2 Comments

  1. Non ci spererei molto, lo Strega è da anni un premio falso e puramente commerciale che si dividono le big italiane, sfruttandone la residua fama per vendere di più al popolino. A ennesima dimostrazione di questo, il cambio delle regole dello Strega di quest’anno permette sì la partecipazione a piccoli editori, ma CASUALMENTE le copie cartacee gratuite richieste per partecipare sono aumentate a 500 (cinquecento), numero improponibile per qualsiasi editore anche medio, figuriamoci piccolo.

    È una mera scusa. Una scusa per poter dire “visto? anche così vinciamo sempre noi”

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/14/premio-strega-nuove-regole-medi-piccoli-editori-cinquina-finale-copie-gratis-richieste-500/1496825/

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