Tra valigie che non si chiudono e voli low cost, si avvicina per tanti il momento in cui risolvere il più classico dei dubbi amletici da spiaggia: che mi porto da leggere per la mia sacrosanta settimana di vacanza al mare? Anche arrampicandosi sulle vette o girando le città d’arte, la risposta all’annosa domanda è croce e delizia per ogni lettore che si rispetti, forse anzi l’unico quesito che unisce lettori forti e occasionali. I primi pregustano il fatidico momento in cui potranno assaltare i tomi più consistenti della loro pila inesauribile di letture rimandate nell’unico frangente in cui le maratone letterarie sono socialmente accettate, i secondi, solitamente scoraggiati da mancanza di tempo e voglia, approfitteranno delle lunghe ore di siesta per lasciarsi tentare dai successi dell’annata.

Da decenni la risposta al quesito per gli amanti della fantascienza la fornisce Urania, che soleva concentrare le uscite più forti proprio nei mesi estivi, quando la quantità di curiosi nei pressi delle edicole raggiunge il suo picco. Da qualche anno però l’offerta ristagnante della storica collana Mondadori da una parte e la nascita di interessanti microrealtà editoriali dall’altra hanno reso più variegato l’orizzonte del lettore di genere in chiave estiva. La nascita di un editore come Zona42 è fortemente indicativa del periodo che sta vivendo la fantascienza a livello nostrano ed internazionale: due appassionati di genere fondano la loro casa editrice e riescono a pubblicare in poco più di un anno sei libri di autori affermati e spesso snobbati dai colossi editoriali italiani, con edizioni curate, prezzi concorrenziali e una grande attenzione al lettore.
La loro avventura si basa comprensibilmente sul passaparola e sull’appoggio di piccole librerie indipendenti, ma il loro lavoro non ha davvero nulla dell’amatoriale: grande cura dei volumi e delle grafiche di copertina (le figlie illegittime dell’unione tra Minimum Fax e i microeditori milanesi più trendy), traduzioni di qualità, continue iniziative per il lancio dei nuovi titoli e soprattutto tanta comunicazione con i lettori. Qualche editore farebbe bene a sedersi e prendere appunti.

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Ho scelto di consigliarvi Pashazade come lettura da l’ombrellone perché gli appassionati che sono passati dall’altra parte della barricata stanno dando una grande lezione a gruppi editoriali ora indifferenti, ora in guerra con lettori soggiogati dalla tirannia di un mercato che vivacchia sulle ristampe di grandi classici o lancia novità davvero interessanti in confezioni e traduzioni irrispettose verso l’autore e l’acquirente. Lo consiglio non solo agli appassionati desiderosi di leggere qualcosa di diverso dall’ennesima ristampa della golden age americana della fantascienza (al prossimo volume ristampato di Arthur C. Clarke rischio il colpo apoplettico), ma anche e soprattutto a chi con la letteratura d’immaginazione ha poco o nulla a che fare, secondo l’ambizioso obiettivo di Zona 42: pubblicare libri fantascientifici per tutti, superando il confine della letteratura di genere.

In questo senso Pashazade di Jon Courtenay Grimwood, primo volume della trilogia dell’arabesco, è un esempio calzante. Pubblicato in Italia l’anno passato con una coraggiosa iniziativa di crowdfunding, è un titolo che ha tutte le caratteristiche della lettura perfetta da portarsi in vacanza, per tutti i lettori.
331 pagine per 15,90 euro: la mole ideale per non lasciarvi a secco troppo presto senza però rischiare di finire prima le vacanze del libro. In caso di bisogno, dal 20 luglio è disponbile il secondo volume della trilogia, Effendi. Per i tecnologici e quelli che “ma vuoi mettere la comodità”, è possibile comprare la versione ebook (mobi o epub) di entrambi i tomi a 5,99 € ciascuno. Per gli amanti del km zero e i nemici della grande distribuzione, si può acquistare direttamente sul sito di Zona42, con spese di spedizione gratuite, o in una delle librerie che hanno aperto i loro scaffali a questa realtà. Sono dati spicci da cassiera, lo so, ma danno l’idea della cura e dell’attenzione ai bisogni dei lettori: un lusso che per i appassionati italiani di SFF non è mai scontato.

E il libro? Beh, esiste forse un genere più languidamente estivo del thriller poliziesco? Pashazade ha un cuore indubbiamente scifi, ma quasi nascosto sotto una solida scorza che oscilla tra il thriller e il noir, con tanto di ispettore sovrappeso, alcolista e mollato dalle moglie, che si aggira per le asfissianti strade di El Iskandryia tentando di risolvere un omicidio che sconfina nel complotto politico. Sotto il cocente sole egiziano (i personaggi soffriranno i vostri medesimi patimenti meteorologici), Jon Courtenay Grimwood traccia innanzitutto un labirinto topografico, frutto della decisione di dedicare i primi tre mesi della lavorazione a tracciare le mappe della città dove si svolge il romanzo. El Iskandryia (Alessandria) di fatto è la coprotagonista della storia, il luogo topico che il giovane protagonista occidentale esplora via via con il lettore. In un crescendo di pericoli lo scapestrato, geniale e rasta-munito Ashraf-al-Mansur, il pashazade del titolo, tenterà di uscirne indenne e di mettere ordine nella sua vita in compagnia della Volpe, un impianto tecnologico ai suoi ultimi giorni di vita che gli dà aiuto e supporto, ma che funge anche da sinistra voce interiore del ragazzo, finito dai collegi scozzesi alle carceri di sicurezza americane prima di approdare in Egitto.

Topografie e descrizioni dettagliate al limite del maniacale, senza mai perdere di vista una narrazione spedita, febbrile, che richiama i tagli veloci e le musiche incalzanti del grande schermo. Accanto a questi tratti tipici della scrittura di Grimwood si ritrova un altro suo topos narrativo, l’ucronia. Il mondo di Pashazade non è poi così dissimile dal nostro: niente astronavi o pistole laser, anzi, i luoghi di Pashazade sembrano conservare una certa artigianalità, una concretezza materica che quasi ricorda lo steampunk. Forse questo è legato alla mancata caduta dell’impero ottomano e di quello austroungarico, sopravvissuti grazie alla pace raggiunta da Woodrow Wilson prima che il primo conflitto mondiale si espandesse al di fuori dei Balcani.
Così troviamo gli Stati Uniti da una parte, il Nord Africa più o meno frammentato dall’altra e l’Europa con il Kaiser tedesco che ficca il naso ovunque…ricorda qualcosa?

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Ben lungi dall’essere un libro perfetto o imperdibile, Pashazade non è certo esente da difetti. Oltre ad appoggiarsi un po’ troppo a certi stereotipi caratteriali, è indubbiamente vero che presenta figure femminili centrali e interessanti, Hani e Zara, ma da subito sono chiaramente filtrate attraverso una penna maschile.
Se c’è un aspetto in cui il libro dimostra il decennio che ha, è quello dell’approccio al mondo islamico: si sente davvero che ai tempi la social justice non era ancora di casa. Se da una parte esplorare la città musulmana con gli occhi di un giovane bianco aumenta l’identificazione, sono parzialmente d’accordo con chi sostiene che nella risoluzione ci si appoggi un po’ troppo su figure la cui religiosità orientale è costantemente ipocrita e opportunista.

Rimane comunque un’ottima lettura estiva della cui qualità non dovete assolutamente dubitare: le nomination ai British Science Fiction Award, John W. Campbell Memorial Award e Arthur C. Clarke Award dovrebbero rassicurarvi sul fatto che “da ombrellone” è inteso come sinonimo di appassionante e dal ritmo serrato, non di bassa qualità letteraria.
Rispetto all’edizione dei cugini anglofoni (che da qualche anno sembrano un po’ snobbare l’autore), quella italiana si fregia della precisa ed elegante traduzione di Chiara Reali e di un intervento in coda al volume scritto appositamente dall’autore per lo sbarco in Italia.

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