Chissà che cosa passava per la mente dei ragazzi di Avalanche Studios (e anche di Warner Bros. Interactive Entertainment) quando scelsero come settimana di uscita sul mercato per Mad Max, la stessa di Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain. Perché, voglio dire, definire “errata” la tempistica è un ottimistico eufemismo.

Mentre tutto il mondo si fa segoni a due mani di fronte all’ultima fatica di Kojima, recentemente defenestrato da Konami, c’è il concretissimo rischio che Mad Max resti a languire sugli scaffali, in attesa del classico cut price “da titolo bruciato in partenza” (vedi alla voce The Order 1886 o Everybody’s gone to the rapture). E sarebbe un gran peccato, perché, al netto di alcuni difetti, peraltro figli del genere di appartenenza, Mad Max è davvero un bel gioco.

Mad Max è un classico titolo open world/sand boxes, genere dominante negli ultimi anni. I tempi degli ambienti circoscritti paiono essere diventati un retaggio del passato o, nella migliore delle ipotesi, di un approccio “nipponico” al videogioco. Chi scrive ha sempre diffidato degli open world, perché li considera delle enormi scatole vuote o troppo spesso riempite a forza con elementi che di ludico (o divertente) hanno poco o nulla. Mad Max sta disperatamente cercando di farmi cambiare idea.

Il titolo non ha nulla a che vedere con lo splendido film apparso sugli schermi qualche mese fa e di certo non è altrettanto rivoluzionario, ma è dotato di parecchie frecce al suo arco, tali da renderlo digeribile anche a chi non è un appassionato di questo genere di giochi.

In Mad Max si fanno prevalentemente due cose: viaggiare/combattere in auto (super tamarre e ultra potenziabili, come richiesto dal franchise) e menare pittoreschi avversari, perfette riproduzioni dell’iconografia declinata nell’arco di trent’anni, tre film e un reboot. In mezzo c’è anche una trama un po’ stupida a fare da collante ma, ehi, pure la storia di Furiosa e delle strafighe ignude in fuga non è che brillasse per originalità. Il nostro “aiutante” Chumbucket, in compenso, è una sagoma e molto simpaticamente caratterizzato.

Il tutto è un mero pretesto per dare origini a fantastici scontri mezzo vs mezzo e fisici match uomo vs uomo con la solita quintalata di side quest, ricerca collezionabili e time trial a fare da corredo. Gran parte del divertimento sta nella customizzazione dei veicoli, assolutamente gratificante. La mappa è gigantesca e sufficientemente densa di cose da fare, anche se non ai livelli di The Witcher 3. A farla semplice, per avere dei parametri chiari di riferimento, Mad Max è un ibrido tra Batman: Arkham e Just Cause (entrambi titoli di punta dell’accoppiata Avalanche/Warner) con un pizzico di Red Dead Redemption per bellezza degli scenari e atmosfera ambientale.

L’impatto estetico di Mad Max è devastante. Chiunque ami fare screenshot dei titoli con cui si sollazza, ha trovato IL gioco del 2015. Come il film di Miller insegna, per affascinare non servono mega strutture complesse: bastano un deserto, eventi atmosferici e qualche fumogeno colorato. Attenzione, non parliamo di realizzazione tecnica (valida, ma a volte un po’ zoppicante), ma proprio di fascino delle locations. I deserti post apocalittici di Mad Max sono meravigliosi. Già solo per questi, il gioco meriterebbe l’acquisto (oddio anche i nomi dei personaggi hanno il loro perché, a cominciare da Scabrous Scrotus, che poi sarebbe il figlio di Immortan Joe). E le esplosioni? Le migliori mai viste in un videogioco.

Certo, non mancano i difetti: le fasi “a piedi” non brillano come quelle in auto, missioni e azioni sono fatalmente ripetitive, la trama è poco soddisfacente (specie se venite da capolavori di narrazione come The Witcher 3) e c’è qualche passaggio a vuoto sul fronte tecnico. Aggiungo che il gioco potrebbe risultare persin troppo lungo, visto che la storia non lo supporta in modo così efficace, ma raramente ho provato titoli permeati da un’atmosfera così coinvolgente.

Di solito non me ne rammarico, ma la quasi assenza dell’online stavolta un po’ spiace, perché se ben implementato, avrebbe potuto fungere da ottimo volano per variare la ciccia ludica proposta. Strano che con un setting del genere e fondamenta così solide non ci abbiano nemmeno provato: già vagheggiavo di epiche battaglie tra diverse fazioni per il controllo del territorio ma, si sa, la strada dei Dlc è infinita, metti caso…

Sulla bilancia quindi i pregi battono i difetti, ma è chiaro che l’affinità di partenza verso il film, l’universo Mad Max e un certo tipo di sensibilità verso lande deserte e desolate rappresentano una conditio sine qua non per apprezzare il titolo. Per quanto mi riguarda, Mad Max è un gioco fiammante e cromato, nient’affatto mediocre, perfetto per raggiungere il Valhalla.

Nota: tutte le immagini sono prese da uno degli innumerevoli topic dedicati al gioco apparsi come funghi su NeoGaf.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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