La seconda tappa del nostro viaggio tra le cover (o boxart) più belle della storia dei videogiochi ci porta alla fine degli anni ’80, in Giappone. Lì, il 29 ottobre 1988 venne commercializzato il Megadrive, unico serio rivale del Super Famicom che avrebbe visto la luce qualche tempo dopo.

Nell’era a 16 bit il divario estetico tra cover orientali e occidentali è talmente evidente da risultare quasi imbarazzante. Mentre in nippolandia quasi ogni cover è godibile, in Occidente veniamo travolti da illustrazioni scadenti, paccottiglia yankee-compliant e tamarraggine a livelli insostenibili. A questo proposito consiglio l’interessante lettura di un mega articolo redatto dai geni di Hardcore 101 su quanto le cover di quei tempi (tutte, anche quelle jappe) fossero pesantemente “influenzate” dalla produzione cinematografica americana.

Ecco quindi alcune delle migliori cover giapponesi per Megadrive: illustrazioni che ammiccano pesantemente al mondo manga e anime, molte trovate geniali e l’ennesima conferma che spesso le cover migliori sono appannaggio di titoli quasi del tutto sconosciuti.

Minato no Traysia, 1992: un discreto RPG, divenuto molto ambito dai collezionisti in quanto raro. Cover splendidamente neoromantica e “narrativa” (sicuramente più del gioco…)

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The NewZealand Story, 1991: quanta pacioccosità e tinte pastellate in una sola cover, peraltro presa paro paro dal flyer originale dell’arcade del 1988. Il gioco venne pubblicato solo in Giappone (ma le versioni per Amiga ed ST erano più che accettabili).

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Thunder Force III, 1990: una delle tante killer application per la console Sega, con una cover che omaggia i classici shoot’em up da sala degli anni ’80. E il sequel non è da meno…

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Thunder Force IV, 1992: appunto, si diceva?

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Steel Empire, 1992: una delle cover più belle di quegli anni, che profuma di vapore e steampunk. Anche il gioco, uno shoot’em up orizzontale, aveva il suo perchè.

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Shijou Saidai no Soukoban, 1990: esce un puzzle game che ha protagonista un magazziniere alle prese con delle casse da spostare? E noi mettiamo in cover le casse. Però le disegnamo artistiche.

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Ransei no Hasha, 1991: strategico incomprensibile per tutti, tranne che per i giapponesi. Font e fiamme, verrebbe da dire. Gran cover.

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Phantasy Star 2, 1990: tutte le cover della saga sono bellissime, questa non fa eccezione.

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Pebble Beach Golf Links, 1993: le simulazioni di golf sono quasi sempre rilassanti e godibili, anche se questa non è tra le migliori. La cover però è davvero ben fatta.

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Daikoukai Jidai 2, 1994: rpg piratesco, con boxart realizzata come se fosse la versione anni ’80 de I Pirati dei Caraibi, molto cinematografica. Per il Megadrive nel 1994 siamo quasi agli sgoccioli, la next gen incombe…

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Maō Renjishi, 1991: simulazione di teatro Kabuki? Macchè, semplicemente un hack n’slash chiamato in occidente Mystical Fighter.

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Mazin Saga, 1993: altra cover sensazionale, che “vende” il gioco. BMazinga!

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Hokuto no Ken Shin Seikimatsu Kyūseishu Densetsu, 1989: ovvero quando la cover ti vende il titolo e la console. Dai, è Ken Shiro, si compra e basta che se il gioco è così così. La controparte occidentale (Last Battle) ha la cover più brutta di sempre, è senza sangue e l’eroe ha pure il nome cambiato…

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Jewel Master, 1991: altra cover meravigliosa, per un titolo che no, non è un puzzle game come si potrebbe pemsare ma un frenetico hack n’slash.

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Granada, 1990: un carro massicciamente corazzato attaccato da una flotta di aerei e navette spaziali, un topos classico delle cover jappe. Ottimo gioco, tra l’altro. Nessuno ha mai capito se le X presenti sulla cover facessero o meno parte integrante del titolo.

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Daimakaimura, 1989: la conversione del celeberrimo Ghouls ‘n Ghosts, decisamente non arcade perfect, anche se ai tempi ce la spacciavano per tale. Resta comunque un gran gioco con una bellissima cover, ricca di colori e dettagli.

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Curse, 1989: uno degli shoot’em up più sottovalutati e misconosciuti. Cover di gran classe e altamente enigmatica. Mai portato in Occidente, che io sappia.

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Assault Suit Leynos, 1990: una delle tante cover “coi robottoni”, per un titolo molto valido (anche se la versione SNES, Valken, era meglio, ma non ditelo in giro). In USA venne rinominato Target Earth.

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Arcus Odyssey, 1991: altra cover molto ispirata, con un’ottima scelta di colori e un classico soggetto manga/anime-ggiante. Un RPG storico e immancabile nella softeca di ogni utente Megadrive.

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Alisia Dragoon, 1992: eccola qua, la cover più bella dell’intera softeca Megadrive, un esplosione di colori e dettagli, un’opera d’arte utilizzata come boxart. Per fortuna, il gioco è degnissimo. Pura meraviglia.

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Aah! Harimanada, 1993: a metà tra la simulazione di sumo ed il picchia picchia tradizionale, il faccione del protagonista si fa largo tra gli scaffali… Il gioco è tratto da un celebre manga.

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Advanced Daisenryaku – Deutsch Dengeki Sakusen, 1991: un’infornata di dittatori a scelta, protagonisti di uno strategico (ce n’erano un sacco per Megadrive ma nessuno venne mai tradotto, purtroppo) rimasto confinato nelle lande nipponiche. Cover che oggi susciterebbe sconcerto e interrogazioni parlamentari a iosa.

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Janou Touryuumon, 1993: beh, di titoli sul majong ne è pieno il Giappone, questo si distingue per una cover eccezionale fronte e, uhm, meno memorabile, retro…

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Crying: Aseimei Sensou, 1992: classico sparatutto, uscito in Occidente col nome di Bio Hazard Battle.Cover molto neuromantica

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Puntate precedenti

Vol.1 – Le ardite sperimentazioni di Electronic Arts

La foto usata per la cover è stata gentilmente fornita da http://retro-video-gaming.com/



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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