Il cinema di Pablo Larrain è un cinema di fratture. Di spigoli, di asprezze, di contraddizioni, di soffocamenti, di lacerazioni. Tutte ferite endemiche, interne, di cui soffrono i personaggi; precipitato del contesto sociale, dell’ambiente politico, di una mancanza esiziale che sta alla base delle narrazioni storte, frante, feroci e disperate di cui il grande cineasta cileno si fa portatore, con uno sguardo lucidissimo su racconti deforma(n)ti.

001 (1)

In El Club i protagonisti non potrebbero essere più spregevoli – siamo ben lontani dalla positività dei lottatori per la pace di No – I giorni dell’arcobaleno, ma anche dall’alienato Mario di Post Mortem e dall’atarassico ossessivo Raúl di Tony Manero (entrambi interpretati da Alfredo Castro, gigantesco anche qui); il nucleo di crescita e il grembo putrescente da cui tutto si genera è sempre lo stesso.

elclub_01

Gli ex uomini di fede (tutta loro…) di El Club sono rinchiusi in una casupola sul mare, e conducono una vita apatica e immobile, rei di aver commesso errori indicibili (pedofilia, traffico di bambini, collaborazionismo), tuttavia il loro ruolo sociale e la potentissima istituzione che li sorregge gli hanno permesso di eludere la galera e di espiare le loro colpe in una routine giornaliera che prevede pure un po’ di svago nel vuoto pneumatico che è la loro esistenza (lo svago si traduce nelle corse coi cani, un modo di esprimere violenza, soltanto tramite un altro veicolo).

002 (1)

In stallo, in bilico sul nulla, in pausa, lo sono tutti, in El Club, soprattutto la figura più indelebile e dilaniante del film: l’homeless Sandokan (un nome da eroe leggendario, una vita da miserabile), bambino abusato e privato di giustizia, con una mente che non funziona più, una logorrea che tracima nel delirio, implicita e perenne richiesta di aiuto. Ma nella realtà – nel Vero – su cui Larrain ci spalanca gli occhi non esiste salvezza, non esiste movimento, non esiste cambiamento. Può aumentare il raggio della ridicola distorsione in cui vivono gli insostenibili esseri umani che ci fa guardare in faccia, può gonfiarsi di paradossale, può ospitare un pallido ispettore che perde di coraggio scegliendo il silenzio e lo svicolamento.

Club-1

Ma nessuno si vede davvero, nessuno vede davvero l’altro, e l’asservimento (in)consapevole all’ipnosi omertosa è raggiunto infine attraverso un atto di soppressione spietata, una macchinazione ordita da chi, ferocemente, punisce e stabilisce di non poter perdere il disgraziato posto nel mondo che si è ritagliato, a morsi; compie quello che sa fare meglio (castigare, vendicarsi) purché esso rimanga, benché eretto sul sangue degli altri, sul sangue del debole che si riconferma ingranaggio, funzione, pedaggio, strumento (come il finale, amaramente, esplica).
Un film sulla cecità, sulle conseguenze dell’orrore – interno –, sul perpetuarsi del Male nell’uomo – apertamente presente, ma mai affrontato –. Un film straordinario.



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
, , , , ,
Similar Posts
Latest Posts from Players

Comments are closed.