Per gli appassionati di serie televisive il Natale è arrivato il 22 ottobre con lo sbarco di Netflix in Italia ma le festività riconosciute dal resto del mondo ci danno l’opportunità di recuperare tutte quelle serie la cui visione è stata ostacolata dal lavoro, dallo studio, dalla vita sociale, insomma da quella cosa chiamata “Vita” che ci pretende produttivi e là fuori nel mondo invece che a casa, appagati e rilassati su un divano. Qui di seguito, per manifestare il gatto che è in voi, vi proponiamo in ordine sparso otto tra le nuove serie andate in onda quest’anno.

DareDevil, Netflix (Andrea Chirichelli) Grande prima stagione grazie alle due menti dietro allo show, lo scrittore/produttore/Deus Ex Machina Drew Goddard e lo showrunner Steven DeKnight, che hanno preso il personaggio, lo hanno spogliato di ogni eroismo posticcio e patinato, ne hanno narrato le vicende con uno stile secco, asciutto, realistico e con un taglio al tempo stesso ironico e pessimista. Nessun mondo da salvare, solo un grande e malfamato quartiere dove la gente cerca di sopravvivere giorno dopo giorno. Nessun super-potere o super-cattivo proveniente da un altro pianeta o lontana galassia: solo grandi scazzottate da strada e cattivi umanissimi (e quindi forse ancora più cinici). Ne abbiamo parlato qui.

Jessica Jones, Netflix (Elisa Giudici) Jessica Jones ha provato ancora una volta che nel mondo Marvel anche le signore con super problemi hanno ottime storie da raccontare. Anche se negli ultimi episodi la coerenza interna della stagione subisce un crollo verticale, Jessica Jones merita di essere recuperato per almeno tre motivi. I due più chiacchierati sono l’ottima perfomance della protagonista Krysten Ritter e David Tennant che ci ricorda che anche i villain Marvel possono mettere i brividi. Quello per cui Netflix si merita un applauso è l’aver ritratto con grande efficacia cosa significhi vivere dentro il mondo paranoico creato dall’ossessione del proprio stalker, facendo i conti con disturbi post traumatici, persone che non si possono salvare ed ettolitri di alcol. Ne abbiamo parlato qui.

Better Call Saul, AMC (Mara) Chiariamo subito: la serie non è un modo per scuotere l’albero degli zecchini d’oro di Breaking Bad nella speranza che cada ancora qualche moneta. Better Call Saul non è neanche una furba comedy di venti minuti costruita intorno alle gag dell’avvocato ma è una vera e propria “origin story”, una serie nuova che dimostra di poter camminare da sola con una identità propria. Quello che un giorno sarà Saul Goodman è qui Jimmy McGill, un avvocato di talento con un passato da truffatore e un presente povero di clienti e prospettive. In Jimmy è ben avvertibile il desiderio di trovare la propria strada in modo onesto e rispettabile ma sono proprio le persone stimate e per bene a portarlo sempre più vicino a quel Saul Goodman, avvocato flamboyant,  “che conosce un tizio che conosce un tizio che per la giusta cifra risolve qualsiasi problema”. Ne abbiamo parlato qui.

American Crime, ABC (Mara) Si inizia con una serie di luoghi comuni che non raccontano un fatto ma rafforzano e uniscono una serie di stereotipi e pregiudizi: un immigrato illegale tossicodipendente irrompe nell’abitazione di una giovane coppia di sposi riducendo in coma lei, ex reginetta di bellezza, e uccidendo lui eroe di guerra. Da una parte i genitori delle due vittime, dall’altra le famiglie dei presunti colpevoli. Si va più a fondo, però, e a ogni velo sollevato si dispiega una realtà fatta di razzismo, abusi domestici, famiglie disastrate e congregazioni religiose più simili a clan e lobby che a comunità votate alla parola di Dio. In un contesto sociale al limite del collasso, al sistema giudiziario, già di per sé imperfetto e corrotto, viene chiesto di trovare la “verità dei fatti” proprio quando nessuno è in grado o ha intenzione di accettare il riconoscimento di una verità diversa dalla propria, personale e soggettiva.

Unreal, Lifetime (Mara) Drama intelligente e accattivante che mostra come il pubblico dei dating reality sarà anche di bocca buona ma chi è in cabina di regia ha un vero talento per la manipolazione ed è capace di creare, a seconda della propria convenienza, sia la domanda per un certo tipo si show che l’offerta per un certo tipo di show. Il pubblico non sceglie per chi tifare e quali emozioni provare, così come i partecipanti non scelgono come raccontarsi in video: solo gli autori hanno il potere di decidere quale tipo di storia mettere in scena e quale reazione stimolare lasciando a concorrenti e spettatori la sola illusione di poter esercitare un qualche tipo di controllo. Ne abbiamo parlato qui.

Mr. Robot (Andrea Chirichelli) All’apparenza potrebbe essere scambiata per una storia “sugli hacker che vogliono cambiare il mondo” ma episodio dopo episodio la serie si trasforma in un pamphlet cinico e spietato sull’uomo e la sua miserabile condizione contemporanea. Creata da Sam Esmail e trasmessa da USA Network, Mr.Robot racconta le vicissitudini di Elliot Alderson, un geniale hacker con problemi di depressione, dipendenza da droghe e ovviamente misantropo e asociale, che viene reclutato da un misterioso personaggio, che si fa chiamare Mr.Robot, per eliminare una multinazionale onnipresente ed instaurare un nuovo ordine mondiale. E questo è solo l’inizio. Ne abbiamo parlato qui.

Agent Carter, ABC (Elisa Giudici) Mentre tutti salutavano Jessica Jones come la grande serie supereroistica con protagonista femminile dell’anno, su ABC si era conclusa da un pezzo quella che rimane ad oggi la migliore variazione sul tema. Pur con le tante limitazioni dovute al target familiare, Agent Carter intraprende una crescita verticale ininterrotta, sfruttando la sua confezione di raffinata spy story dalle atmosfere retrò e la perizia della sua protagonista nel tener testa a pericolose spie russe, colleghi statunitensi sessisti, la perdita del suo impacciato Captain America e l’invadenza di quel donnaiolo del padre di Tony Stark. I battibecchi tra Hayley Atwell e il maggiordomo britannico James D’Arcy valgono da soli la visione. 

Deutchland 83 (Flavio De Feo) Ambientata nella Germania del 1983 questa mini-serie auto conclusiva è composta da otto episodi incentrati su Martin Rauch (Jonas Nay), giovane soldato della Germania dell’Est che viene reclutato dal “Ministerium fur Staatssicherheit” (in italiano “Ministero per la Sicurezza di Stato”) per ficcanasare tra i piani militari della NATO dall’altra parte del muro. Le motivazioni di Martin però non sono né politiche né patriottiche: sua madre ha bisogno di un trapianto di reni e a Martin viene promesso che l’operazione verrà eseguita se lui asseconderà le richieste del MFS. All’inizio queste dinamiche familiari sembrano essere solo un pretesto per dare il via alla serie, ma presto si rivelano per quello che sono realmente: il perno su cui ruota il resto della storia. Perché, nonostante la corsa agli armamenti per la conquista del mondo sia un argomento che mette sempre tutti a proprio agio, una famiglia in crisi è alla base di ogni serie che si rispetti, anche di questa. Ne abbiamo parlato qui.



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
, , , , , , , , , , , , , , , , , ,
Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

Similar Posts
Latest Posts from Players

Comments are closed.