Nel 2007, quando quel mezzo genio di Enrico Gabrielli(già membro di Afterhours e Mariposa) si unì a Massimo Martellotta, Luca Cavina e Fabio Rondanini nacque una delle creature più strane e affascinanti del panorama musicale italiano, i Calibro 35.

L’anno successivo, al momento della pubblicazione del primo album omonimo, divenne subito chiaro qual era l’idea fondante del gruppo: rivisitare in chiave jazz-funk-rock, colonne sonore degli anni ’70, in particolare quelle appartenenti al cosidetto poliziesco all’italiana(o poliziottesco). E’ così che, attingendo a piene mani dalle musiche di quegli anni e rivestandole di sonorità nuove, la band sforna uno degli album migliori del 2008 e non solo, portando una vera e propria ventata di aria fresca nel panorama nazionale.
Negli anni successivi il gruppo proseguì con buoni risultati su questa linea, portando avanti il discorso iniziato con il primo album ed evolvendolo in direzioni ancora più autoriali come nel penultimo disco Traditori di tutti, per chi scrive il loro lavoro migliore, con cui mettono in musica l’omonimo romanzo di Scerbanenco.

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A questo punto però, dopo aver rivisitato la musica del genere e del periodo in lungo e in largo, dopo aver scritto pezzi completamente originali ma comunque sempre sullo stesso mood, forse è giunto il momento di cambiare, non tanto nell’approccio, quanto nelle atmosfere.
E’ da questa necessità che nasce S.P.A.C.E., il quinto album della band, stavolta ispirato a un immaginario fantascientifico e spaziale. Come nel lavoro precedente non si tratta di rielaborazione di musiche già esistenti(se non per qualche citazione molto nascosta) ma di composizioni originali ispirate ai classici del genere.

Intendiamoci, la linea è sempre quella, non mancano come nei precedenti, brani ispirati ai King Crimson(ThrustForce) e al funky(Across 111th Sun) senza contare che alcune tracce(S.P.A.C.E.) , sembrano uscite direttamente da un disco di Zappa.
Però stavolta l’obiettivo può dirsi centrato solo in parte. Tanti dei pezzi di S.P.A.C.E. suonano molto simili alle produzioni precedenti del gruppo, ancora forse troppo legati a un immaginario lontano da quello fantascientifico che il disco vorrebbe evocare e che è relegato soltanto ai pezzi più “strani” come la sottotraccia ritmica quasi dub di A Future We Never Lived, le atmosfere di Something Happened on Planet Earth, i rumori di Brain Trap e gli spaziali ambient che aprono e chiudono il disco.

Il resto dei pezzi rimane più che godibile e i Calibro 35 confermano ad ogni secondo di ogni brano ciò che era gia apparso nei lavori precedenti, ovvero l’ essere dei musicisti straordinari ma che non amano specchiarsi troppo nei propri virtuosismi. Anzi, traspare spesso, come tipico in molta produzione funk, jazz e beat(le cui venature sono decisamente presenti in tutta l’opera del gruppo) la voglia di divertirsi, di azzardare e il ritorno ad una dimensione live della musica.
Si tratta con tutta probabilità di una precisa e consapevole scelta autoriale da parte dei membri della band, volta a voler evolvere mantenendo però quella precisa identità stilistica che tutto sommato è stata la loro fortuna. Dal canto nostro, avremo forse apprezzato una virata più decisa verso le atmosfere sci-fi e spaziali promesse tanto dal nome, quanto dalla cover del disco, ma alla fine va bene così, l’ album è più che piacevole e i pezzi sono belli. Fossero tutti così, i passi falsi.



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