La corrispondenza, intesa “d’amorosi sensi” ma anche in quanto comunicazione internautica e postale, è quella che intrattengono Edward e Amy, innamorati nascosti (lui è il di lei professore d’astrofisica, sposato e con figli) e i cui respiri ardenti e amalgamati arrivano a chi guarda ancora prima della loro immagine, nel ritaglio di chiaroscuri in cui il film li immortala pochi minuti prima di iniziare davvero, sulle note maestose (e davvero di un’altra galassia) di Ennio Morricone.

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Insieme li vediamo in un momento quasi separato dal resto della storia, dunque, e insieme non li ritroveremo più. Un colpo di scena mette in moto la vera narrazione, che gira tutto intorno al personaggio Amy, che vive nel passato, punendosi con il lavoro di stuntgirl per espiare una colpa incarnita. In mezzo, c’è il film: che mai come prima nell’opera di Tornatore rischia costantemente di venir schiacciato, oscurato dall’idea su cui è eretto; e accade a più riprese.

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Il soggetto del desiderio ossessivo, in La corrispondenza, scorre tramite il veicolo dell’oggetto di più facile dipendenza, il cellulare. E il computer; le e-mail, gli sms, i video, le lettere, sono il corpo programmato alla perfezione che rende totalizzanti sentimento e presenza – ancor più di quanto lo fossero in vita – e sovrasta i personaggi stessi. In qualche maniera, La corrispondenza accosta la tecnologia, i mezzi di comunicazione “smart” a un’essenza fantasmatica, l’assuefazione al contatto alienante che passa unicamente tramite lo schermo a catene invisibili, alla perdita di conoscenza del reale, e anche per questo è interessante notare come sia Ed, e non Amy, potenzialmente la più reale delle figure in scena, la più incalzante, la più viva. Mentre lei è, per lo più e almeno fino a un certo punto, reagente passiva, spettatrice in attesa, intrappolata nel concetto e in un mistero che non è mai stato tale.

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Se non fosse per i dialoghi didascalici e soapoperistici (“Ci sono stelle nella tua galassia che ancora non conosco”), il doppiaggio eccessivamente aulico e una lunghezza che grava la pellicola di ridondanza, La corrispondenza – a livello di teoria, di intuizione, di immaginazione – sarebbe stata opera interamente ipnotica, di ininterrotto fascino lieve e intimo, dal momento che è forse il più privato di tutti i film dell’autore, ma anche il più fragile e imperfetto.



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