Dopo aver dedicato l’episodio La Superba (n. 197) ambientato a Genova, Giancarlo Berardi riporta Julia Kendall in Italia. La scelta, questa volta, è ricaduta su Napoli e l’episodio, il n. 209, è intitolato Vedi Napoli e poi muori. come racconta ne Il diario di Julia, l’autore ha intrattenuto un lungo rapporto con il capoluogo campano – un rapporto fatto di musica, cinema, filosofia, cultura ed anche di passione, come accenna descrivendo una «fanciulla con gli occhi di brace e una testata di capelli ricci». Parole autobiografiche che ci mostrano come il volume sia «un omaggio a una città che ha influenzato la mia formazione e e la mia caratura professionale». Un sentimento che, come vedremo, permea l’intera storia che Berardi – con l’aiuto di Maurizio Mantero – dedica a Napoli.

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La prima pagina si apre con una cartolina del golfo. Il sole del mattino sorge dalle spalle del Vesuvio ed accarezza la città ancora assonnata. Nelle vignette successive ci avviciniamo ad uno dei palazzi di Corso Vittorio Emanuele, dal quale si affaccia Julia: è la casa di Caterina, madre di Ettore Cambiaso, il commissario genovese con cui Julia ha una relazione di cui scopriamo le origini in parte napoletane. Dopo un rapido flashback dedicato all’incontro tra i genitori di Ettore, i tre personaggi si muovono attraverso la città, in una lunga introduzione attraverso la quale il lettore entra in contatto con la galassia di volti, personaggi, chiacchiere, cibi e suoni che caratterizzano la metropoli partenopea. Si presentano così la bellezza ed i problemi di una città in cui, come accennava lo stesso Berardi, «le tribolazioni sociali, economiche e politiche non sono mai riuscite a soffocare la vitalità e la creatività»: una rievocazione che è un caleidoscopio in cui, ad un occhio giovane o disattento, potrebbero passare inosservati i continui omaggi ai più noti attori ed artisti partenopei – omaggi che, come nel caso di Massimo Troisi, coinvolgono anche Julia ed Ettore in un gioco di dialogo inaspettato per la serie.

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Il mistero si snoda così vivacemente in un labirinto di vichi e vicarielli, nei quali si cela l’assassino di Alfonso Maria dei Fornari. Un nobile decaduto che, nel tentativo di redimersi, trova un’inaspettata e violenza fine: è l’inizio di un percorso che condurrà Julia ed Ettore ad allontanarsi dal cuore storico ed artistico di Napoli per esplorarne il ventre oscuro, lo stesso contro il quale tuonava il presidente del consiglio Agostino De Pretis, fino alle propaggini dei campi rom che sorgono nel quartiere di Scampia. Una ricostruzione che, anche in questo caso, non manca di delineare un quadro riccamente decorato per una città così complessa. Complessità che i disegni di Steve Boraley colgono attraverso la porosità degli edifici, le rughe dei visi, la spontaneità dei gesti, passando per la dinamicità dell’inseguimento che, anticipato già dalla copertina di Cristiano Spadoni, segna uno dei momenti di svolta nello sviluppo della vicenda.

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Proprio la copertina di Spadoni ed il titolo del volume suggeriscono il principale difetto dell’episodio napoletano di Julia: la raffigurazione di una città immobile, perfettamente racchiusa nel personaggio di don Alfonso. Un nobile decaduto, costretto a svendere i propri possedimenti al quale, ciononostante, si riconosce la grandezza d’animo, la gentilezza, l’intelligenza. Una figura che coglie un certo modo di raccontare la città e che lascia intendere come questo difetto sia da addebitare alla passione ed alla distanza che separano Giancarlo Berardi da Napoli. Perché, ammirandone quel panorama immortalato nella vignetta di apertura, Napoli appare immobile ed immutabile come le acque del golfo ed il Vesuvio che le domina. Come quelle acque e quel vulcano, essa è solo in apparenza quiescente, perché sotto la superficie e la crosta terrestre le onde ed il magma si muovono costantemente. Cadere nell’illusione dell’immobilità partenopea è tuttavia un errore giustificabile, a cui è difficile sfuggire se non si vive intensamente e non ci si lascia coinvolgere costantemente ed in prima persona da ciò che accade nel cuore pulsante della mia città – un coinvolgimento che credo che molti napoletani abbiano perso e che solo negli ultimi anni hanno cominciato, lentamente e faticosamente, a riscoprire. In sintesi: leggeto e poi seguite Julia, venite anche voi a Napoli.

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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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