Punto d’arrivo o di partenza? Domanda lecita da porsi alla fine di Captain America – Civil War che, oltre a chiudere l’arco narrativo “in solitario” del Cap, è de facto un episodio non ufficiale degli Avengers e lascia in sospeso parecchie questioni importanti, almeno per chi è appassionato del Marvel Universe, quindi non poche persone a giudicare dagli incassi ottenuti fino ad oggi. Una cosa però è certa: la capacità di rinnovarsi in casa Disney/Marvel non si è esaurita, anzi.

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Civil War è stato uno degli eventi più importanti nella storia del fumetto Marvel e non solo. Non potendo, per forza di cose, mettere in piedi un vero e proprio “tutti contro tutti” come nella controparte cartacea, gli sceneggiatori Christopher Markus & Stephen McFeely optano per una via di mezzo che mantenga saldi i legami coi film passati ma al tempo stesso sia devota allo spirito della storia originale (a seguito di una missione finita male e del successivo intervento delle Nazioni Unite, vengono a crearsi due fazioni, la prima guidata dal Cap, che ritiene eccessivamente limitante il controllo governativo e l’altra, con a capo Iron Man, che ritiene inevitabile e necessaria una regolamentazione delle attività dei supereroi). L’ibrido funziona a meraviglia.

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Rispetto agli altri film del Marvel Universe si nota un deciso cambio di passo, ritmo e anche di genere narrativo: più che un superoistico puro, Civil War sembra un film di spionaggio in cui botte e botti fungono da spettacolare intermezzo tra indagini, doppiogiochi, vendette e tradimenti. Nessuna presenza ultraterrena, nessuna minaccia galattica, nessun alieno, stavolta bene e male sono umanissimi, poteri a parte. Proprio sul ribaltamento dell’indole dei personaggi (il Cap che passa da soldato ligio al dovere ad anarchico-insurrezionalista e Ironman che abbandona gli atteggiamenti da caustico playboy per trasformarsi in pensoso e un po’ stolido leader lealista ) gioca gran parte del fascino del film.

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A compensare alcune assenze “necessarie” come quella di Thor e Hulk, accorono due new entry assolutamente entusiasmanti: Spider-Man e Black Panther. E’ presto per definire Tom Holland il miglior Uomo Ragno della storia, ma il ragazzo gioca benissimo le sue carte: un teen nerd e leggermente paraculo, decisamente più godibile di piangina Maguire e del bello ma anonimo Andrew Garfield. Il suo inserimento nella storia e nella timeline è impeccabile, persino migliore di quello giunto “a freddo” col recente Affleck/Batman o ai tempi del primo Avengers con Ruffalo/Hulk e sì, anche se sarà la milionesima pellicola sui supereroi, si merita decisamente un film tutto suo (Homecoming, in arrivo l’anno prossimo). Black Panther ha carisma da vendere (ottima la scelta di Chadwick Boseman) proponendo un personaggio con grandi potenzialità e un po’ più serio rispetto all’helzapoppin che lo circonda e anche il finora semitrasparente Soldato d’Inverno acquisisce una sua ragione d’essere.

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I membri storici del team fanno il loro e la regia asciutta e senza fronzoli dei fratelli Russo regala a ognuno (e cominciano a essere parecchi…) una buona battuta o una sequenza utile a farli sedimentare nell’immaginario collettivo. E il cattivo? C’è, ma quasi non si vede e questo è l’unico aspetto un po’ discutibile, per quanto tutto sommato prevedibile, di Captain America – Civil War. Davvero un peccato sprecare così il talento di Daniel Brühl (l’incredibile Lauda dello splendido Rush) ma, si sa, il punto debole dei film Marvel sono sempre i villain.

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Captain America – Civil War è anche bello da vedere: nonostante non si raggiungano i picchi umoristico/spettacolari della battaglia Newyorkese del primo The Avengers, gli scontri proposti sono godibilissimi e visivamente impressionanti (sì, anche quello nell’aeroporto con tutti i membri del cast intenti a darsele di santa ragione, alternando pugni a battute più o meno sapide) , anche se in certi casi non si può non notare una palese autocitazione “casalinga” (indizio: la migliore sequenza action vista nella seconda stagione di Daredevil).

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Nonostante venga puntalmente messa alla prova, Marvel/Disney si confermano una macchina da guerra invincibile per quanto concerne la pianificazione ed il controllo sui personaggi. La devozione nei confronti della continuity è assoluta (esemplare ad esempio è il gancio narrativo usato per introdurre nel gruppo Ant-Man) e i valori produttivi messi in campo rappresentano a oggi quanto di meglio possa offrire Hollywood sul piano del puro intrattenimento. In attesa di alzare ulteriormente l’asticella con l’inevitabilmente “autoriale” (fosse solo per i nomi coinvolti) Dr.Strange, godiamoci quindi l’ennesima avventura di un gruppo di eroi a cui oramai non possiamo che essere affezionati.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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