Con un tempismo mefistofelico, all’indomani dalla première della sesta stagione di Game of Thrones, a Londra andava in scena l’opening night di Doctor Faustus con protagonista Kit Harington. La rappresentazione, diretta e prodotta da Jamie Lloyd, si basa sulla rivisitazione che nel 2013 Colin Teevan ha operato sul testo e la cui modifica più vistosa è la riscrittura della parte centrale da sempre considerata un’aggiunta, o una pesante rielaborazione postuma.

Christopher “Kit” Marlowe può essere contento di essere stato messo in scena dal suo omonimo: Christopher “Kit” Harington deve infatti il nome alla predilezione che sua madre aveva per il grande drammaturgo elisabettiano ed è proprio l’attore, nonché principale selling point della produzione, una delle decise note positive della rappresentazione, ma sul resto è meglio che Marlowe si giri dall’altra parte.

Il faust di Marlowe è tormentato dai limiti dell’uomo che segnano i limiti alla comprensione dell’universo. Il patto con Mefistofele diventa il mezzo per avere accesso a quelle arti magiche che gli permettono di abbattere i confini naturali tra i mondi, superare i vincoli mondani a cui è condannato il figlio di Adamo e godere così, per 24 anni della sua vita mortale, della soddisfazione di ogni desiderio materiale e di conoscenza. La contropartita è l’anima immortale che Faust deve consegnare a Lucifero nel tormento di aver probabilmente rinunciato al libero arbitrio lasciandosi indurre da Mefistofele a rincorrere gioie effimere.

Il Faust interpretato da Kit Harrington è un giovane uomo il cui desiderio di conoscenza del bene e del male è rappresentato dalla mela morsicata, non da Adamo, ma del Mac. Il suo studio è pieno di presenze inquietanti che suscitano spesso un senso di repulsa tale da fagocitare grossolanamente l’espressione dei dubbi morali e spirituali di Faust. In questo contesto si fa strada una Mefistofele che riesce a strappare a Faust la promessa di sangue per ottenere 24 anni di celebrità: l’abiura all’unico vero Dio Creatore in cambio della fama planetaria.

Kit-Harington-Doctor-Faustus

Faustus/Harington – come preannunciato dalla messa in onda di un video di David Copperfield al tempo del suo fidanzamento con Claudia Schiffer – diviene il più grande illusionista di tutti i tempi raggiungendo il picco di fama nelle esibizioni a Las Vegas. L’anima immortale barattata per il plauso delle folle. In fondo, come ebbe a dire Lawrence Wright “L’adorazione delle celebrità è la vera religione Americana” e la rappresentazione estende il concetto all’intera umanità. Questa parte centrale brillante e originale quando ben orchestrata, frastornante e triviale quando esagerata, risulta in ogni caso la parte migliore anche nel suo cercare l’iterazione con il pubblico. Il detto “il diavolo suona sempre le melodie migliori” viene reso alla lettera e lo spettatore può godere e partecipare dell’esibizione di canto di Mefistofele interpretato da Jenna Russel, la migliore in scena insieme a Kit Harington: i due riescono a staccarsi da un fondo pieno di scene inutilmente cruente e ripugnanti facendo giungere a destinazione il centro della rappresentazione: l’uomo alla ricerca della Salvezza, il diavolo alla ricerca della dannazione dell’uomo come supremo sfregio a quella Grazia di Dio a cui Lucifero non può più accedere.

Kit on stage

Prima che la fandom police sguinzagli i cani dall’Inferno, la foto qui sopra è stata scatta all’inizio della rappresentazione: a luci ancora accese, con musica ad alto volume, con il pubblico ancora intento cercare e occupare i propri posti, Kit Harington/Faustus prende posizione in stato catatonico davanti a un televisore nella disattenzione quasi generale. È l’inizio della rappresentazione e anche, per come l’ho inteso, la prima crepa in cui si insinua Lucifero. Prima ancora dei sette peccati capitali, che fanno la loro bella parata nel corso dello spettacolo, prima ancora del desiderio, spirituale o carnale, c’è l’apatia: un’assenza di attenzione, una non presenza che porta a chiedere qualsiasi cosa, purché si abbia la sensazione di vivere qualcosa. Peccato che lo spettacolo da questo momento in poi metta al bando ogni tentativo di sottigliezza e alla fine, quella che poteva sembrare una furba esca, la presenza di Kit Harington, diventa l’elemento che rende digeribile una messa in scena troppo votata a colpire gli istinti più bassi, con una dose di nudi integrali giustificabile solo se l’intento era non far sentire nostalgia della HBO a Mr Harington.

doctor faustus

Note di colore: al contrario di quanto accaduto per l’Amleto di Benedict Cumberbatch, pur tenendo presente l’impostazione di Doctor Faustus che in certa misura ha cercato l’iterazione del pubblico, qualche foto scattata qui e lì abbinate alle manifestazioni di “ammirazione” per il protagonista non hanno minimamente svilito la professionalità degli attori, né decretato la morte del teatro.

Nello spettacolo sono realmente presenti numeri di stage magic curati dall’illusionista Scott Penrose.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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