La prima volta che imbattei in Out Run fu in un oramai lontanissimo giorno di luglio del 1987, in una sala giochi di Punta Ala, in Toscana. Ai tempi mi recavo con i miei genitori in un cascinale immerso nella campagna maremmana, che veniva preso in affitto per tutto luglio. Il primo del mese venivo impacchattato assieme a una mezza dozzina di valigie, salivo sulla A112 di famiglia, percorrevamo l’autostrada del Sole prima, la Cisa e l’Aurelia poi e arrivavamo in una ridente località chiamata Scarlino Scalo, dove prendevamo le chiavi della magione da una simpatica signora romana e ci piazzavamo là per le restanti quattro settimane. Per un nerd, e già lo ero , era un’esperienza abbastanza shoccante perchè lì non c’era nemmeno il televisore e così dovevo interrompere forzatamente la mia dipendenza ludica per un bel po’ di giorni, con un’unica, notabile eccezione: la gita settimanale a Punta Ala, che, essendo un posto piuttosto chic, era dotata ai tempi di una sala giochi di notevole impatto, almeno ai miei occhi di adolescente.

Qualche tempo fa su NEOGAF, un utente ha lanciato un sondaggio chiedendo alla comunità quale fosse il titolo più “estivo” della storia dei videogiochi e prevedibilmente Out Run ha vinto a mani basse. Ironico, per un gioco che venne immesso nelle sale giochi nipponiche quando la stagione calda era oramai agli sgoccioli, il 20 settembre del 1986. Già, tra una manciata di settimane Out Run compie 30 anni e li porta benissimo. Ai tempi della sua uscita ricordo che sulle riviste specializzate qualche recensore eretico gli preferiva il legnoso e decisamente meno memorabile Wec Le Mans di Konami, che era uscito quasi in contemporanea col titolo Sega e io già allora diffidavo di quei pareri, perchè bastavano poche foto sfocate per capire che Out Run stava su un altro pianeta. Una volta provatolo poi, Out Run diventò seduta stante il mio arcade preferito di sempre, assieme alla puccettosa combo made in Taito Bubble Bobble + Rainbow Island. La storia mi ha dato ragione.

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Out Run quindi. Il gioco che racconta l’estate e che ne incarna perfettamente il fascino e la spensieratezza. Non c’è dettaglio in Out Run che non faccia pensare alle vacanze e sottolineo vacanze (e non ferie), quelle da tre mesi, che trascorrevamo assorti in mille attività e pensieri, totalmente deresponsabilizzati, ingenui e incerti, durante le quali eravamo capaci pure di annoiarci, perchè il tempo si dilatava all’infinito. Pensi ad Out Run e la memoria va alle limonate ghiacciate, alla sabbia della spiaggia che si insinua nelle ciabatte da mare, ai tormentoni alla radio, alle compilation su cassetta e alle mille mete che, come il guidatore della rossa Ferrari protagonista del gioco, mettevamo in conto di visitare negli anni a venire, magari anche noi con a fianco una bionda avvenente.

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Out Run era il prodigio tecnico e stilistico di Yu Suzuki e la dichiarazione pregrammatica di una Software House, SEGA che tra un cabinato e l’altro ci ha sempre fatto visitare posti interessanti. Qualche mese prima dell’arrivo di Out Run, la casa nipponica aveva commercializzato Hang On e Space Harrier, che avevano entrambi dimostrato quanto Sega sapesse coniugare stile e tecnologia. Con Out Run si faceva un altro passo avanti anche grazie alle melodie immortali di Hiroshi Kawaguchi, che confezionava quattro brani, Passing Breeze, Splash Wave, Magical Sound Shower e Last Wave che trasportavano il giocatore in un’altra dimensione., anche se ci giocavi in una bar malfamato o una sala giochi frequentata da loschi figuri. D’altra parte goderselo in sala era peraltro l’unico modo per apprezzare Out Run, uno dei titoli peggio convertiti della storia, vuoi a causa della scarsa potenza computazionale delle macchine del tempo, vuoi per la deprecabile pigrizia dimostrata da coloro che mettevano mano alle conversioni (tra le tante pessime, mi piace ricordare come decenti quelle per Megadrive e Pc Engine, stendendo un velo pietoso su quelle dei computer a 8 e 16 bit).

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Sega provò a replicare il successo e la magia di Out Run, con sequel, spinoff e reboot di qualità discontinua, capaci di toccare vette elevatissime (Out Run 2 e OutRun 2006: Coast 2 Coast) e abissi profondi (Out Run Europa, Battle Out Run e OutRun 2019) ma l’originale è rimasto unico e inimitabile. Certo, le sale sale giochi sono sparite da un pezzo, Sega è ai margini del mondo dei videogiochi e i giochi di corsa sono fotorealistici, ma quella strada costeggiata da palme e tendente all’orizzonte infinito è ancora capace di regalare brividi ed emozioni.

E adesso che ci penso, anche quest’anno è arrivata l’estate.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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