La fantascienza italiana fa schifo.
Se pensate che l’orgoglio e il pregiudizio mietessero vittime solo tra i detrattori e gli scettici del genere science fiction and fantasy, vi state sbagliando di grosso. Il fandom (italiano e non) di Urania, viaggi spaziali e dragoni volanti pullula di prese di posizione arbitrarie e idiosincrasie variegate.

Una delle più forti e meno campate per aria è che appunto, la fantascienza italiana faccia schifo. Se vi state chiedendo se esista una letteratura fantascientifica made in Italy, beh carissimi, sì e parecchia, anche pubblicata da case editrici ed autori noti, solo che non ve la spacceranno quasi mai come tale per evitare l’espressione che state facendo ora.

Esiste però anche una fantascienza italiana con ingredienti che non lasciano spazio a negazionismo di sorta: pianeti, astronavi, distopie e “quelle cose lì”.

E la fantascienza italiana fa schifo, o almeno questo dice l’adagio. Salvo che no, questo articolo è qui a sostenere tutto il contrario, presentandovi 5 titoli non solo dignitosi ma proprio belli, indicatissimi per appassionati pronti a smantellare questo preconcetto e anche per chi al solo sentire la parola fantascienza è tutto un fremito.

Negli anni mi ero convinta che questo settore italiano fosse una landa desolata, a furia di romanzi davvero indigesti vincitori dei due premi più importanti (Premio Italia e premio Urania), storie autopubblicate imperdonabili anche sotto il vessillo del dilettantismo e una tediosissima omologazione delle proposte narrative (tipo quel periodo tra il 2012 e il 2015 in cui era tutto una detective story a tinte noir con cornice fantascientifica). Ecco invece i 5 titoli consigliati da autori, editori e appassionati che mi hanno fatto cambiare idea.

CRONACHE DI MONDO9, DI DARIO TONANI

Cronache di Mondo9Viva l’ovvietà, dato che stiamo parlando di Tonani, forse il più celebre autore fantascientifico italiano del decennio. Perché sì, Giuseppe Lippi esagera un tantino definendolo “il primo planetary romance del XXI secolo degno di questo nome” (o forse quest’affermazione rivela molto sulle ultime scelte editoriali di Urania) ma è indubbio che con l’endorsement di Paul Di Filippo negli Stati Uniti e recensioni entusiastiche in Giappone e mezza Europa, Tonani sia un profeta SFF ignorato in patria.

Come nella più classica tradizione della narrazione in cui è il pianeta più che gli abitanti ad essere al centro della narrazione, Mondo9 nasce come una short story che via via si moltiplica e ingrandisce, divenendo un mosaico di piccole esplorazioni in un setting, quello sì, che non teme il confronto con la concorrenza internazionale.

L’elemento vincente dei due grandi nuclei narrativi racchiusi per la prima volta in un unico volume Millemondi da Urania – dopo anni di migrazioni tra varie piattaforme, formati ed editori – è proprio Mondo9, un pianeta crudele di sabbie tossiche e metallo senziente, solcato da incredibili veicoli, una sorta di “navi di terra”, capaci di legare a sé l’equipaggio e di farsi la guerra a vicenda in una spietata lotta per la sopravvivenza in cui nessuna casuale crudeltà viene risparmiata.

È quindi un mondo che fonde il metallo, l’ottone e il vapore dello steampunk con il sangue, il piscio e gli afrori vari di un’avventura che non è mai a lieto fine per nessuno, né uomini né navi, con delle punte di genuino e orrorifico splatter.

Tra le 2 raccolte presentate in volume cartaceo su Urania Millemondi (e ora disponibili in ebook) Mondo9 segue l’ascesa e la caduta della nave Robredo e del suo comandante Garrasco, storia frammentata e fusa con altri mille volti e veicoli che solcano i mari di sabbia del pianeta. Mechardionica invece ha una natura decisamente meno episodica e si focalizza su un periodo successivo agli avvenimenti di Mondo9, quando non sono più gli uomini a farsi la guerra utilizzando le navi, bensì le navi stesse si tendono imboscate e tranelli, avvinghiando a sé gli uomini grazie al morbo, una misteriosa malattia che fa emergere parti in metallo dalla carne di chi la contrae. In alcuni casi la trasformazione in esseri di metallo non porta alla morte, ma alla nascita di strappacuori, terribili creature di mezzo che cacciano cuori umani per la propria sopravvivenza e quella della nave che li tiene prigionieri.

Il lavoro di Tonani ha uno spunto geniale e un’atmosfera conturbante quanto quella dei colleghi internazionali, tanto da essere riuscito a mettere d’accordo quasi tutti…esclusa la sottoscritta, che ha rimandato la lettura fino ad oggi al grido di “not my cup of tea”. Si tratta comunque di un ottimo titolo ma, pur amando le derive più crudeli del grimdark, ho qualche riserva a riguardo.

La principale riguarda l’ibridazione del linguaggio, che pare un po’ una delle sgraziate uova da cui nascono i ricambi delle navi. Tonani vuole essere terreno e truce nella lingua che ricalca il mondo che racconta (e quindi largo ad almeno tre tipologie di puzze simili a peti, tra cui quella che mi lascia più perplessa rimane “scoreggia umida”) e a un utilizzo ripetuto e smodato di termini stiracchiati oltre il loro significato puro (o forse sono io che detesto la parola “bailamme”), salvo poi gettarsi in metafore auliche sulle stille di sangue e sui riflessi del metallo che non fanno davvero per lui. Là fuori è però pieno di gente pronta ad assicurarvi che questa sono solo io che faccio la scassapalle. Next.

REAL MARS, DI ALESSANDRO VIETTI

Real MarsAltro titolo su cui la rispettiva casa editrice punta moltissimo e a ragione, perché mi sento di condividere l’assunto che in un’altra nazione Vietti riuscirebbe tranquillamente fare lo scrittore e basta, di professione.

Real Mars tra l’altro è un’ottima lettura per neofiti, perché rientra in quella categoria in cui la fantascienza è più una cornice narrativa futuristica che hard science fiction nuda e cruda; si tratta più che altro di una visione critica sulla società dei media (social e tradizionali) che ruota attorno alla realizzazione di fantomatico reality che consentirà all’ESA di lanciare la sua prima missione umana su Marte, grazie al supporto degli sponsor privati.

L’avventura dei membri dell’equipaggio trasmessa 24 ore su 24 dalla pay tv dedicata è quindi inframezzata dalle storie di gente comune che li segue, li commenta e li giudica da terra, grazie alla copertura incessante di quanto succede in orbita. La parte più gustosa del libro però sono gli spot che interrompono la trasmissione e che Vietti racconta con un’ironia pungente ma mai cinica, con alcune sponsorizzazioni di prodotti del futuro che diventano assoluti cult e si presterebbero benissimo a una trasposizione filmica, come del resto l’intero volume (il mio preferito: quello della Ford, geniale!).

Siamo insomma dalle parti di Weir, scegliete vuoi quale: Andy, il collega statunitense di Vietti diventato famoso con un’altra esplorazione marziana molto autoironica o Peter, il regista australiano che fu tra i primi a catturare la continua manipolazione emotiva di protagonisti e spettatori dei reality televisivi con The Truman Show, aggiungendoci una punta di disincanto contemporaneo alla UnREAL.

La mia unica riserva, sempre perché sono puntigliosa da morire, è che il mistero circa il quinto passeggero della navetta è – userò un termine aulico – davvero sgamabile, non appena l’autore tenta di inserire un vaghissimo indirizzo sottotraccia. Il finale invece picchia duro e inaspettato, quindi davvero e solo complimenti.

DIMENTICAMI TROVAMI SOGNAMI, DI ANDREA VISCUSI

dimenticami trovami sognamiAltro titolo di Zona42 e mio romanzo preferito della selezione, giusto per mettere le cose in chiaro. Stavolta siamo di fronte ad un esordio in forma lunga di un autore che con il suo manoscritto ha cambiato lo status di questa piccola casa editrice da tenere d’occhio da “non accettiamo manoscritti” a “ecco il nostro primo autore italiano”.

Per essere davvero sicura ho messo in campo persino la prova materna, sottoponendo la diffidente genitrice al titolo, che l’ha lasciata potenzialmente soddisfatta e pronta a far paragoni con Solaris (che viene omaggiato chiaramente nel testo).

Lasciando quindi a mia madre la responsabilità dello scomodo paragone, io dirò che la scrittura di Viscusi mi ricorda una sorta di Robert Heinlein ancora un po’ inesperto, qualcosa sul genere di Il mestiere dell’avvoltoio.
Tradotto in paragoni comprensibili a chiunque, anche qui ci troviamo alle prese con una missione spaziale, anche se decisamente sui generis: il protagonista Dorian dovrà affrontarne le ripercussioni psicologiche in un’atmosfera sognante (pun intended) e che forse manca un po’ di malizia, ma mai di ambizione, perché come altrimenti si potrebbe definire qualcuno che nel romanzo d’esordio si mette letteralmente a giocare con il concetto di Dio?

Celebrale, inquieto e capace di esplorare il mistero temporale che lo avvolge in maniera più che egregia, Dimenticami trovami sognami è la risposta che ci sentiamo di dare a quanti si sentono superiori perché i loro libri parlano di argomenti importanti e sono davvero letterari.

Per spaccare in conclusione il capello in quattro citerò ancora una volta madre quando dice che sarebbe un libro eccezionale se mantenesse anche nelle parti “Trovami” e “Sognami” il livello di “Dimenticami”. Anche qui un paio di colpi di scena sono un po’ telefonati, ma come ho detto, rimane il mio favorito di questa selezione.

NESSUN UOMO E’ MIO FRATELLO, DI CLELIA FARRIS

Nessun uomo è mio fratelloDato che qui siamo decisamente contro l’assunto che nessuna donna è una scrittrice seria (LOL), eccoci qui a parlare di Clelia Farris, take this Corriere e le tue selezioni tutte al maschile!

La Farris rientra decisamente nella casella “vorrei leggere qualcosa di x ma ho rimandato fino ad oggi non so nemmeno io perché”, dato che è un’autrice molto attiva e apprezzata in campo fantascientifico da ormai più di un decennio. Finalmente ho rimediato con questo titolo, consigliatomi da uno degli autori maschi i cui titoli sono in questa selezione, disponibile nel catalogo ebook della casa editrice Delos.

Il romanzo di Clelia Farris lo consiglierei a quanti militano in zona Margaret Atwood o Jennifer Egan, inconsapevoli del loro rapporto più o meno stretto (o rifiutato pubblicamente, anche se, Margaret, suvvia) con la science fiction.
La premessa non è di certo una novità per chi si aggira tra distopie e apocalissi: ci troviamo in un sud est asiatico in realtà abbastanza anonimo e in contesto temporale apparentemente novecentesco ma tutto fuorché preciso. Si tratta di un mondo del tutto simile al nostro, con l’eccezione di un piccolo, cruciale particolare: su ogni corpo appare una sorta di simbolo o marchio, a forma di V o C, di dimensioni, colore e posizione variabili. Il segno in sé è fonte di grande pudore, viene coperto come una parte intima e il solo nominarlo è già considerato volgare o empio. La valenza sui rapporti sociali di questo simbolo nascosto è enorme: chi ha una C può infatti uccidere la propria V designata e, dopo l’accertamento tramite un apposito macchinario della corrispondenza tra la coppia Vittima-Carnefice, quest’ultimo non subirà processo o condanna.

Le strade che il romanzo potrebbe prendere da questo punto di partenza sono molte e prevedibili. Potrebbe incamminarsi verso la distopia sociale, la dittatura del destino genetico o verso un più generale Signore delle Mosche. Per fortuna invece il romanzo imbocca il sentiero di un coming of age di scorrevolissima lettura, piacevole, forse mai davvero incisiva ma comunque capace di qualche twist avvincente. Piuttosto che focalizzarsi ossessivamente sull’impatto sociale dei segni, l’autrice lo fa sbucare qua e là nei momenti cruciali della vita del protagonista, che parte all’ombra di un padre padrone e si snoda lungo i tentativi di sfuggire all’influsso della sua V e del (pre)giudizio verso il comportamento altrui.

Forse nel finale la Farris osa un po’ troppo (fermandosi prima di mettere davvero un piede in fallo), ma tra gli autori qui citati ha sicuramente lo stile più equilibrato, dietro cui si sente una certa esperienza senza però che appesantisca il risultato finale.

SPORE, DI ANDREA VISCUSI

SporeAnche se oscilla tra disinteresse, dimenticanza e aperta ostilità da parte del pubblico, il genere della storia breve è di fondamentale importanza, soprattutto per la letteratura di genere e per quella fantascientifica, con buona parte delle grandi opere che nascono dall’estensione di una piccola, geniale short story (così è successo, ad esempio, per Baru Cormorant).

Dopo aver concluso con viva e vibrante soddisfazione (cit.) la lettura di Dimenticami Trovami Sognami, sono andata subito a caccia di Spore, un volumetto del 2013 che raccoglie nove storie brevi dell’autore.
La storia che apre il volume e dà il titolo alla raccolta è, come da tradizione, la migliore ma non solo, è una delle più suggestive che mi sia capitato di leggere negli ultimi anni. Anni in cui ho completato religiosamente la lettura del Year’s Best SF, raccolta annuale delle migliori storie brevi provenienti dai Paesi anglofoni, per dare un’idea del livello di questa breve, fulminante introduzione all’antologia. Le successive, che condividono con Spore uno spunto preso dal reale e amplificato fino a diventare una domanda sul nostro presente tecnologico e etico, rivelano di frequente uno stile ancora acerbo, ma risultano sempre all’altezza del tempo richiesto per la loro lettura. La mia speranza è che Viscusi continui anche a scrivere storie brevi.

Dato che stiamo già sbandierando i tricolori e l’italico spirito, vi segnalo infine che è in dirittura d’arrivo il programma di Stranimondi, approdo ideale per chi voglia toccare dal vivo la fantascienza letteraria italiana e non solo: tra gli ospiti già confermati c’è Alistair Reynolds, dici poco, senza contare Ramsey Campbell, Tricia Sullivan e una gran quantità di autori italiani affermati o esordienti…tra cui forse si annidano già i protagonisti di un prossimo speciale di questo tipo, chissà.



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1 Comment

  1. Ottimi titoli, però un romanzo di Avoledo non ce lo vogliamo mettere?

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