Hollywood, anni 30′: il giovane e ambizioso Bobby, decide di lasciare la East Coast per provare a vivere il sogno americano nella Mecca del cinema. Una volta arrivato lì combina poco, ma conosce Vonnie, giovane segretaria e amante dello zio, celebre produttore cinematografico. Ben presto tra i due scoppia la passione ma, ricevuta una proposta di matrimonio dal giovane, la ragazza decide invece di optare per il vecchio idillio, divenuto improvvisamente più stabile. Bobby reagisce, e tornato a New York, con l’aiuto del fratello gangster, diventa direttore di un locale, il Cafè Society, che diventa il più rinomato della città, e sposa una splendida ragazza. Tutto fila liscio finchè Vonnie non torna a farsi viva…

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Mano a mano che passano gli anni è sempre più difficile formulare un giudizio sui film di Woody Allen, perchè, se da un lato sai che non riusciranno mai ad eguagliare per brio, genio e creatività i suoi vecchi classici, dall’altro non puoi fare a meno di apprezzarne la qualità della scrittura e della messa in scena. Cafè Society, tra le opere realizzate nel nuovo millennio, è una delle più convincenti, anche se siamo lontani dai fasti di Blue Jasmine o Basta che Funzioni. Certo, vi troviamo molti dei topos classici della cinematografia Alleniana come la nostalgia per il tempi passati, la sottile ironia nei confronti della religione (sotto questo aspetto il finale è impagabile), dello star system e dell’amore e l’ineluttabilità del destino, ma farseli raccontare dalla penna di Woody è sempre un piacere.

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A valorizzare un script brillante (ma non eccezionale), sono le performance della coppia Jesse Eisenberg/Kristen Stewart, molto affiatata, con quest’ultima che crediamo idealmente “adottata” dal buon Woody come nuova musa temporanea, dopo la Johansson e la Stone, visti gli intensi e luminosi primi piani che il regista le dedica in più di un’occasione. Per l’ex Bella Swan i tempi dei teen movie acchiappa-incassi sono oramai un lontano ricordo e tra le sue prove recenti, Cafè Society è indubbiamente una delle meglio riuscite.

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Cafè Society, graziato dal talento infinito di Vittorio Storaro e Santo Loquasto, è poi uno dei film meglio fotografati dell’intera carriera del regista e la ricostruzione storica del periodo narrato è straordinariamente verosimile, con un’attenzione ai dettagli pari, se non superiore, all’altro recente omaggio che il cinema del 2016 ha fatto alla vecchia Hollywood, Ave Cesare dei fratelli Coen. Insomma, Woody ha firmato il solito assegno circolare, non resta che andare in sala a riscuoterlo.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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