Credo che quasi tutti i lettori di Players abbiano sentito parlare di Eric Hobsbawn e delle sue opere storiche. Tra queste la più nota, nonché la più discussa, è Il Secolo Breve. Il saggio, pubblicato per la prima volta nel 1994 (la prima edizione italiana fu invece edita da Rizzoli), si pone l’ambizioso obiettivo di delineare le linee di forza e i sistemi di relazione che hanno caratterizzato il XX secolo.

In particolare l’opera si concentra e cerca di dare una lettura collettiva che, a partire dalla nascita, sviluppo ed effetti dell’Unione Sovietica, presenta l’assunto secondo cui «Il Secolo Breve è stato un’epoca di guerre religiose, anche se le religioni più militanti e assetate di sangue sono state le ideologie laiche affermatesi nell’Ottocento, cioè il socialismo e il nazionalismo, i cui idoli erano astrazioni oppure uomini politici venerati come divinità».

L’allunaggio e Ferdinand-Louis Céline sono, rispettivamente, un capitolo e uno dei personaggi del racconto.

Lo storico britannico racconta la Storia come se fosse ripresa dall’alto e preferisce intervenire con le proprie idee e riflessioni, piuttosto che dedicare degli ‘zoom-in’ verso personaggi e momenti chiavi del divenire storico. Lo scopo è infatti il cogliere e mettere a sistema gli insiemi di elementi che determinano l’accadere e lo sviluppo degli eventi.

Andrea Coccia decide, ne I giorni più lunghi del secolo breve, di muoversi in maniera completamente diversa dal volume di ispirazione. L’autore milanese si propone invece di avvicinare l’obiettivo della telecamera ai soggetti e a ciò che accade: volti, abitudini, opinioni personali, manie e fissazioni di ogni singolo assurgono a coprotagoniste, accompagnatrici del fatto storico.

È l’incontro tra banale e storico a essere posto al centro ed è stupefacente immaginare come quegli avvenimenti, straordinari e spesso non immaginabili prima del loro accadere, abbiano avuto influenze sull’intera umanità. L’autore si concentra su alcuni momenti chiave, presumibilmente scelti perché ritenuti simbolici, ed è da essi che costruisce delle istantanee. Non sono fotografie reali, poiché alcuni particolari non possono essere accertati in alcun modo. Ma è possibile immaginare che alcuni particolari dei racconti di Andrea possano essersi davvero verificati – come quel ricordo della fanciullezza citato nelle ultime pagine.

Desolation Row o Via della Povertà è un capolavoro sia in italiano che in inglese.

Nelle pagine di Andrea, strano punto di incontro tra Borges, Celine, Benjamin e Debord, sembra risuonare il testo dell’ultima strofa di Desolation Row, splendida ballata di Bob Dylan tradotta in italiano da Fabrizio de André:

«questa gente di cui mi vai parlando / è gente come tutti noi / non mi sembra che siano mostri / non mi sembra che siano eroi».



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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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