Già, son passati 30 anni. Eppure sembra ieri che assieme a Kyōsuke Kasuga salivamo i (99? 100?) gradini della scalinata nella sequenza che dava inizio ad una delle serie più romantiche, spassose e memorabili della storia dell’animazione nipponica.

Orange Road nasce nel 1984 per mano di Izumi Matsumoto, pseudonimo per Kazuya Terashima, che dopo aver ottenuto un buon successo col suo primo manga, Milk Report, sbanca con Kimagure Orange Road, che ottiene un successo tale, sulle pagine di Fresh Jump, da portare in tempi relativamente brevi alla produzione di un lungo anime e innumerevoli OAV e film cinematografici. Non tutto quello che si vede nella serie televisiva è però frutto del suo genio: molto dell’Orange Road in versione anime scaturisce dalla mente di Akemi Takada, animatrice che s’inventa Jingoro, il paffuto gatto co-protagonista di molte puntate.

A curare la produzione dell’anime di Orange Road è il celeberrimo Studio Pierrot (Magica, Magica Emi e L’Incantevole Creamy, giusto per citare due opere famose di quegli anni), che affida la regia a Masako Goto, che in 48 episodi racconta la storia del “triangolo” più originale dell’animazione giapponese. Musicata magistralmente da Shirou Sagisu, la serie inizia ufficialmente il 6 aprile del 1987, ma può vantare un episodio pilota, proiettato nei cinema giapponesi nel novembre del 1985. Fin dalle prime puntate si capisce che il passo e la forma sono assolutamente originali, freschi e innovativi. Il pubblico plaude e premia.

Nonostante Orange Road possa essere inserito senza forzature nella categoria “commedie sentimentali”, la serie, leggera ma mai inconsistente, tocca diverse problematiche legate alla crescita e maturazione dei personaggi: si parla quindi di bullismo, problemi familiari, c’è un tocco di “fantasy”, visti i poteri del protagonista e degli altri membri della sua (disfunzionale) famiglia, ma soprattutto si esamina l’adolescenza attraverso gli occhi di tre personaggi molto diversi tra di loro, che permettono allo spettatore di godere di punti di vista completamente differenti.

Kyosuke, Madoka e Hikaru (che oggi sarebbero quarantenni…) e le rispettive caratterizzazioni, rappresentano il punto di forza dell’anime, che sviluppandosi temporalmente nell’arco di un anno solare, mostra quanto e come possano cambiare atteggiamenti e sentimenti degli adolescenti nel volgere di pochissimo tempo. Il rapporto con la famiglie, i genitori (presenti e…assenti), con i compagni di scuola, con quei microcosmi che rendono ogni giorno vissuto indimenticabile e formativo sono temi fondativi di Orange Road che riesce a parlare di amicizia e amore senza mai risultare stucchevole o melodrammatico.

Orange Road, oltre che per i suoi immensi meriti è tristemente noto tra gli appassionati italiani per il vergognoso adattamento subito durante la sua messa in onda sulle reti Mediaset nello storico contenitore pomeridiano Bim Bum Bam, con il titolo “E’ quasi magia Johnny”. La mannaia della censura colpì la serie così brutalmente e frequentemente (dialoghi cambiati, personaggi stravolti, intere puntate originali saltate di punto in bianco) da trasformarla in un qualcosa di completamente diverso (peggiore ed eufemisticamente meno memorabile) rispetto all’originale. Una brutta pagina per l’animazione nipponica nel nostro Paese (e non solo, visto che si beccarono la versione tagliata anche francesi, spagnoli e svedesi), che venne cancellata solo dall’arrivo della versione cartacea del manga, da parte di Star Comics nel 1992 e di quella animata “originale”, da parte di Dynamic Italia nel 1996.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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