C’è un celebre aforisma, la cui origine è oggetto di dubbio, che riguarda il calabrone e il volo, ma si può applicare tranquillamente anche a Cities Skyline: Xbox One Edition. L’adagio recita, in sostanza, che il calabrone sarebbe per costituzione e caratteristiche fisiche inadatto al volo, ma non sapendolo, lui vola lo stesso.

Allo stesso modo, Cities Skyline non potrebbe, per struttura e genere, funzionare su console, ma non sapendolo Paradox ha portato ugualmente il city building su Xbox One.

Ok, forse la sto facendo un po’ più romantica di come sia in realtà. Voglio dire, lo sanno tutti che i city builder su console sono una follia. Io l’ho scoperto a dieci anni, iniziando ogni volta una nuova partita a Theme Park su Mega Drive visto che non si poteva salvare. Poco male, nei miei parchi vomitavano sempre tutti.

Quando nel 2015 era stata annunciata la versione Xbox One di Cities Skyline l’idea mi era sembrata una mattata, come pensare di far giocare qualcuno a Theme Park su Mega Drive senza salvataggi. E per diversi motivi. Anche accantonando le croniche difficoltà riscontrate dai gestionali su console, già nel 2015 era chiaro come Xbox One fosse il cavallo perdente della console war in corso. Portarci un gioco complicato da realizzare e difficile da vendere, oltre tutto in esclusiva, aggirava qualunque tipo di logica. [Infatti a distanza di 4 mesi è arrivato anche su PS4. NdR)

Quella di Paradox sembrava la più classica delle scommesse folli. In effetti, nessuno si è stupito quando, dopo l’annuncio, il gioco ha sforato la data d’uscita prevista ed è sostanzialmente sparito dai radar in un silenzio preoccupante. Io ho martellato l’account ufficiale Twitter per mesi, ricevendo sempre la stessa laconica risposta: “Il gioco è ancora in sviluppo, ma non possiamo dire altro”. Che di solito si traduce con: aspetta e spera.

E invece, pochi giorni fa, Cities Skyline è davvero sbarcato su console, e l’impresa si è rivelata più folle di quella che si poteva immaginare all’origine.

Tantalus e Colossal Order, incaricati di effettuare il porting dalla versione PC, hanno percorso la strada all’apparenza più semplice, ovvero quella che nessuno avrebbe azzardato: adattare semplicemente i controlli al pad di Xbox e non cambiare una virgola del gioco. Punto. Il gioco è identico alla controparte (ad eccezione della rimozione del fast forward [reintrodotto poi via patch. NDR), stessa pazzesca profondità, identiche possibilità, medesime situazioni. Nessuna semplificazione insomma.

E quel che stupisce ancora di più: funziona. Certo nella prima mezzora c’è la possibilità di slogarsi qualche dito nel tentativo di aprire il menù corretto, o di radere al suolo un intero quartiere facendo un po’ di confusione sulle decine di comandi raggruppati sui tasti del pad, ma una volta presa la dovuta confidenza tutto fila liscio.

Forse non sapremo mai se questa decisione sia frutto di una precisa visione strategica fondata sulla maturazione dei giocatori console, giudicati pronti ad affrontare generi e meccaniche che mai hanno veramente digerito, o uno di quei casi in cui si fa di necessità virtù con le risorse a disposizione. Qualunque ne sia la ragione di fondo, nessuno degli aspetti di Cities Skyline è stato ammorbidito per venire incontro alla presunta ritrosia dei giocatori console nei confronti della complessità.

Tutta la profondità del gestionale Paradox è approdata intatta ed immutata su Xbox One. L’integrità hardcore di Paradox conquistata in anni ed anni di gestionali non ha ceduto di un passo di fronte alle dicerie ed ha osato sfidare luoghi comuni e preconcetti. Un integralismo che si esprime attraverso raggiere amministrative, paginate di budget, sottomenù di bilancio, mappe cromatiche, altimetrie e tutto ciò che è necessario per comprendere prima e gestire poi le necessità di una città.

Cities Skyline non rende mai le cose più semplici del necessario, ed è giusto così. In fondo si tratta di un gioco che presuppone all’origine una predisposizione al ragionamento, alla pazienza e all’apprendimento. Quindi niente tutorial, ma un quadrato di terra, più o meno propizio all’accoglienza di un insediamento urbano a seconda della scelta iniziale, e poche voci attive nella barra del menù. Si parte dall’essenziale: strade, quartieri residenziali, qualche industria, una rete elettrica ed idrica. Per il resto ci sarà tempo.

Mentre la città si ampia e si espande, la sua necessità di servizi e infrastrutture viene soddisfatta da nuove disponibilità tra le icone, ulteriori possibilità nel ventaglio d’azione del sindaco, ma anche nuovo attentato al budget cittadino, costantemente costretto a mediare tra aliquote e malcontento popolare. Ci vuole poco a rendersi conto di quanto sia gramo e complicato il lavoro del sindaco. Quando non ci sono emergenze reali da tamponare, è il malumore dei cittadini a dettare l’agenda municipale.

Nell’epoca delle risposte semplici a quesiti complessi, l’inno alla complessità di Cities Skyline è una rassicurante sirena, una conferma non così scontata che qualcuno ancora si preoccupa di percepire e decifrare la realtà – o la finzione che vuole farsi realtà in questo caso – in tutte le sue complicate ed interconnesse sfaccettature. Mentre qualcuno vuole credere e ancora peggio fare credere che il lavoro del singolo sia alla portata di chiunque purché onesto o presunto tale, mentre Donald Trump si è accorto dopo ben 100 giorni che fare il presidente degli Stati Uniti è più complicato di quanto immaginasse, a noi tocca fare i conti con al consapevolezza che non ci basterà togliere la cartuccia dalla console per resettare i danni causati da questa mentalità.

Io invece nel frattempo ho avuto la conferma da un videogioco che la realtà è ancora più intricata di quanto amassi dipingerla, ma di sicuro non meno bella e affascinante per questo.

P.S. La sola volta in cui gli affari stavano andando bene su Theme Park ho preferito spegnere ed andare in piscina. Ora ho scoperto che secondo alcuni la cartuccia conteneva una batteria tampone che mi avrebbe consentito di salvare. Forse è una leggenda metropolitana, forse non lo saprò mai. Forse mi ricompro un Mega Drive.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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1 Comment

  1. Oh, io la batteria tampone per i salvataggi me la ricordo (o meglio ricordo che nelle recensioni veniva nominata). Cmq per fare soldi a TP bastava salare al massimo le patatine e lucrare sulle bibite :-D

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