Prima di iniziare vi devo una doverosa premessa: ritengo che vi siano pochi sceneggiatori statunitensi che possano essere paragonati, per bravura, a Brian J. Vaughan. A partire dai volumi pubblicati per le major Marvel e DC Comics, periodo che si concluderà con la pubblicazione per la Vertigo di Y: L’Ultimo Uomo, passando per Ex Machina, L’Orgoglio di Baghdad e i recenti successi successi di Saga e Paper Girls, l’autore di Cleveland ha sempre saputo coniugare efficacemente sceneggiature di alta qualità, ritmo serrato e tematiche complesse, facendosi apprezzare da una nicchia (ormai abbastanza ampia NdR) di lettori attenta e desiderosa di leggere opere che sappiano essere ricreative e al contempo di ampio respiro.

The Private Eye è il primo lavoro realizzato da Brian J. Vaughan (sceneggiatura), Marcos Martín (matite) e Muntsa Vicente (colori) per la neonata etichetta indipendente Panel Syndicate, publisher creato dallo stesso Vaughan e da Martín nel marzo 2013. la piattaforma di pubblicazione in questione si distingue rispetto ad altre realtà editoriali nate online per la distribuzione di opere pubblicate senza DRM acquistabili senza alcun vincolo di prezzo: name your prize recita la formula sul sito.  È l’utente, in sostanza, a stabilire la somma che intende sborsare per acquistare ciò che leggerà – e implicitamente a stabilirne il valore. Un azzardo che ha dato vita a più di un successo editoriale.

Dopo il successo digitale, The Private Eye è stato raccolto e pubblicato in volume negli USA da Image Comics; da questa pubblicazione deriva l’edizione italiana sfornata dai tipi Bao Publishing, come al solito lungimiranti e attenti ad accalappiare alcune delle più interessanti novità nel fiorente sottobosco indipendente d’oltre oceano. Curiosamente, la realizzazione dell’edizione in hardcover, fedelissima nell’edizione italiana per dimensioni e formato alla controparte americana, è frutto di uno scambio di favori tra il duo Vaughan/Martín e la Image Comics, che ha portato alla scrittura e pubblicazione su Panel Syndicate di una storia autoconclusiva di The Walking Dead: The Alien ambientata nel ben noto universo narrativo creato da Kirkman.

Ambientato nel 2076, il racconto ipotizza che nel 2016 si sia assistito a un «diluvio universale» di dati, che ha reso pubblici i segreti di tantissime persone. (Un incipit che nel marzo del 2013 si poteva ancora ascrivere al genere fantascientifico. NdR) A causa dell’accaduto, internet è stato definitivamente chiuso e l’identità degli individui è divenuta nel frattempo oggetto di una severa salvaguardia; inoltre, tantissime persone indossano ormai capi d’abbigliamento, accessori, maschere per coprire i loro lineamenti, mentre in pubblico i più ricorrono ormai a nickname indispensabili per crearsi un’identità fittizia – solo in poche occasioni, quali quelle familiari o per i giovani sotto i 21 anni, è possibile mantenere la propria identità reale.

La Stampa ha subito una trasformazione, divenendo una forza di polizia e di investigazione effettiva, mentre il giornalismo d’inchiesta (e anche un’informazione indipendente) sono definitivamente scomparse. Eppure, nonostante i rischi che corrono, esistono delle persone che agiscono contro le identità alternative: sono definite Paparazzi e agiscono come degli investigatori privati a tutti gli effetti. La storia di The Private Eye ha per protagonista proprio uno di loro, che opera a Los Angeles con il nome di Patrick Immelmann.

Delineare la trama dell’opera di Brian J. Vaughan e Marcos Martín in poche righe costituisce, inevitabilmente, un tradimento della sua complessità. A una prima lettura, The Private Eye si presenta come un thriller di ambientazione fantascientifica leggermente distopica che, nelle prime pagine dell’opera, riunisce efficacemente ispirazioni e influenze provenienti da altri sottogeneri, in particolare il noir e l’hard-boiled.

Queste influenze iniziali finiscono però per essere immediatamente contaminate da altri temi, in particolare dall’emergere e dall’incontrarsi di due questioni: l’aspetto umanistico in relazione alla tecnologia e le questioni legate alle catastrofi, sia fisiche che virtuali. Qui risiede il lato più interessante di The Private Eye: Brian J. Vaughan, libero da qualsiasi direzione editoriale, può esprimere al massimo la sua capacità di sviluppare, sintetizzare e quindi rinnovare temi eterogenei e difficilmente conciliabili. Dando per assodato che la narrativa fantascientifica non sia vuota invenzione di futuro ma, piuttosto e quando ben congegnata, una metafora della contemporaneità, The Private Eye coglie e racconta le ansie, le preoccupazioni e le problematiche nascenti nel biennio 2013-2015 – angosce che oggi sembrano aver raggiunto la loro massa critica.

Su questo sfondo spiccano, in un’emblematica e ricercata riscoperta degli individui, i personaggi creati da Brian J. Vaughan e Marcos Martín. Che lo sceneggiatore di Oakland abbia una particolare abilità nel creare personaggi e costruire motivazioni, rapporti e relazioni credibili, è un dato che ormai si può dare per assodato. Se Saga non ne fosse stata una sufficiente dimostrazione,The Private Eye esalta ulteriormente questa capacità – menzione d’onore, oltre che per il duo di protagonisti, l’antagonista DeGuerre e il nonno di P.I.

Il tratto e il formato dell’opera prospettano altre questioni: Marcos Martín conferma anche in questa occasione l’abilità nel coniugare ambientazioni realistiche con individualità sopra le righe, riuscendo a ‘sfruttare’ la flessibilità della Los Angeles del 2076 per proporre figure, costumi e identità unici. Il formato dell’edizione Bao Publishing e di Image Comics mantiene i 16:9 originali, adottati in origine per semplificare la lettura da computer e divenuti nel loro strambo formato allungato un marchio di fabbrica delle produzioni targate Panel Syndicate. Una scelta volta a favorire la lettura da schermi, compresi i monitor di computer fissi e portatili, che però è occasione per il disegnatore spagnolo di proporre, attraverso l’uso di vignette quadrate e rettangolari che si sviluppano orizzontalmente, una costruzione della tavola peculiare ed esaltante.

Cosa aggiungere ulteriormente? Che dovreste leggere subito The Private Eye. Si tratta di un’opera che richiede a buon titolo attenzione e una buona dose approfondimento per dispiegare i molteplici piani di lettura insiti in essa e offrire appieno la sua straordinaria capacità di raccontare il nostro tempo e di descriverne preoccupazioni, crucci e spazi di possibilità.



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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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