Non sarà il film dell’anno e forse nemmeno il teen movie della stagione – il cui titolo, per l’incisività delle dinamiche psico-adolescenziali e per l’aggiornamento tecnosofico, spetta senz’altro al frenetico Nerve (Henry Joost, 2016) – ma l’adattamento di Before I fall, romanzo di “formazione” scritto da Lauren Oliver, è un discreto e curioso prodotto che trova nell’equilibrio di fatti e misfatti, di situazioni già viste e soluzioni originali, la giusta via per raccontare il significato dell'(in)esistenza giovanile.

Prima di domani (Ry Russo-Young, 2017) – questo il titolo scelto per l’uscita italiana – è un film che riporta immediatamente alla memoria sia il cult Ricomincio da capo (Harold Ramis, 1993), spassosa commedia fantastica interpretata da un indimenticabile Bill Murray, sia la recente serie tv Tredici (Brian Yorkey, 2017), teen drama in cui il tema del bullismo si accompagna a una fantasmatica e suggestiva costruzione del senso di colpa.

Tuttavia, seppur siano questi i referenti istantanei del film, è vero che l’efficacia di Prima di domani si rivela proprio nei momenti in cui se ne discosta, e cioè sia nel confezionamento del dramma di rivivere ogni giorno lo stesso giorno – in cui aveva invece origine la comicità di Ricomincio da capo – sia nel riciclo di una condizione in cui esistono più possibilità – e non, come in Tredici, più versioni di una realtà unica e ineluttabile.

Come nella serie tv assistiamo al recupero del tempo utile: quello dell’aspettativa (rispetto al futuro), del godimento (del presente) e della riflessione (rispetto al passato). Un lasso divenuto ormai talmente rapido e contratto da risultare infruttuoso per l’esperienza dei giovani, lasso che, nella serie, viene rallentato e dilatato dall’ascolto obbligato delle audiocassette incise da una protagonista in absentia.

In Prima di domani, invece, l’assenza è quella di un mondo a scorrimento reale in cui è costretta a muoversi, con i dovuti limiti, Samantha/Zoey Deutch. Alla dilatazione forzata di Tredici corrisponde, perciò, la ripetitività ciclica di Prima di domani che, in un esasperante apprendimento per “prove ed errori”, innescherà nella protagonista il senso di colpa che la porterà alla soluzione del dilemma (esistenziale).

Nella misura in cui Prima di domani si distingue da Ricomincio da capo, optando per un clima sempre più cupo e triste in cui non mancano deviazioni riflessive da Sundance Festival ed espedienti registici originali, e in cui si differenzia da Tredici sfruttando la brevità del lungometraggio e le significative variazioni sul tema, si realizza l’efficacia di un film destinato sì a un target giovane, e che non rinuncia mai a una leggerezza di fondo, ma anche incredibilmente solido e compiuto, che non dimentica di far convergere tutte le istanze in un’unica e vana tragedia.

Come a dire: gli affanni non garantiscono la salvezza, ma solo un’esperienza migliore. Dopotutto, se nel film di Ramis il giorno era quello “della marmotta”, una ricorrenza che avrebbe segnalato la fine o il perdurare dell’inverno, stagione dell’anno e fase dolente della vita, in Prima di domani il giorno è quello “dei cupidi”, anticipante la stagione degli amori che, per Samantha, resterà solo una preview.

Murray sblocca il loop per tornare a vivere, mentre Sam lo sblocca per scoprire ciò che non vivrà mai. Atroce, soprattutto perché, al contrario dell’Hannah di Tredici, non sussiste né la ricerca della morte, né la premeditazione di un riscatto, ma solo la scoperta che la vita, tutto sommato, è un “presente” che non abbiamo avuto il tempo di scartare…



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1 Comment

  1. .dagli errori non si impara mai.siamo destinati a compiere sempre gli stessi errori.sotto diverse forme.senza poterci mai liberare.il passato è il nostro presente e il nostro futuro. il presente è l’illusione del cambiamento e il futuro fa paura perché vi aleggia il fantasma semi- incoscente del l’impossibilità di ogni cambiamento.riviviamo tutto in un incubo che non dura un giorno ma tutta la vita.le uniche ombre che ci sono amiche sono i fantasmi di ciò che non è mai accaduto e che per questo non ha potuto cambiare le cose, cioè ripeterle all’infinito, sempre identiche,sempre drammaticamente immortali.

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