Ho iniziato a seguire Buffy per curiosità, avevo trovato il film terribile e mi chiedevo perché mai qualcuno si fosse preso il disturbo di tirarne fuori una serie televisiva. Pochi minuti dall’inizio e per la prima volta nella mia vita di fruitrice di serie ho desiderato, ho dovuto, sapere chi fosse l’autore, come e perché scriveva così, perché gli altri no.

Buffy – come personaggio e come serie – mi ha avuta nel momento in cui affronta Giles e squarcia il velo dell’ipocrisia: lei è solo una ragazzina, nessuno dovrebbe sentirsi in diritto di chiedere a un’adolescente di salvare il mondo, lui è un uomo adulto che lavora per altri uomini adulti, andassero loro a combattere il Male, Buffy ha diritto a una vita e nessuno può essere in grado di prepararla ad accettare il contrario. La verità, infatti, è che Giles non si sta offrendo di prepararla, le sta sostanzialmente proponendo di andarsi a suicidare.

Essere “la prescelta” significa né più né meno di essere stati privati della possibilità di scegliere perché qualcuno ha già deciso per te e Buffy – la serie – fin dalle prime battute ha fondato la sua ragione di essere sui temi della scelta e dell’essere o non essere in controllo.
Da quel momento Whedon ha iniziato ad arricchirmi come persona attraverso il suo lavoro, i suoi interventi, il suo attivismo. Mi ha aiutato a mettere ordine in quel corpo di pensieri, idee, visione del mondo accordando una voce distinta a quello che possiamo chiamare “femminismo”.

La lettera aperta di Kai Cole, sua moglie per 16 anni, mostra il lato oscuro della Luna.
Joss Whedon, l’uomo, l’autore, il regista che si è appuntato il femminismo come badge of honor, e che del femminismo è stato consapevolmente – non suo malgrado – un amato, efficace, sfolgorante campione, ecco, quest’uomo ha condotto una doppia vita privando sua moglie di ogni diritto di scelta sulla propria.

“he never conceded the hypocrisy of being out in the world preaching feminist ideals, while at the same time, taking away my right to make choices for my life and my body based on the truth. He deceived me for 15 years, so he could have everything he wanted”.

Non stiamo parlando di “tradimenti”, “corna”, “tresche”, termini utilizzati da tutti quelli che minimizzano il comportamento di Whedon ascrivendo il tutto a fatti della sua vita privata: se fosse stato per un tradimento la sua ex moglie non avrebbe neanche pubblicato un testo che deve esserle costato enormemente. Whedon ha condotto, per sua stessa ammissione, una seconda vita: voleva concedersi tutte le storie che gli si presentavano con attrici, autrici, amiche e fans ma voleva anche godere di un matrimonio felice, dell’amore e del rispetto di sua moglie. È stata una sua precisa scelta quella di mentire per avere tutto, lui che poteva scegliere. Una donna, per 16 anni, ha vissuto, preso decisioni, regolato ogni aspetto della sua vita, modellato la sua esistenza e la sua identità per aderire, inconsapevolmente, a una menzogna: lei non ha potuto scegliere.

“[…]taking away my right to make choice for my life and my body”

My body. È questo il passaggio che più ha scavato dentro di me. Il corpo della donna è sempre stato il tema centrale del femminismo, parte tutto da lì: il patriarcato non è che il controllo, o desiderio di controllo, del corpo della donna.

Non si tratta dunque di giudicare Whedon per errori e debolezze private, nessuno è rimasto scioccato dal fatto che Whedon sia un essere umano e quindi fallibile, ma chi lo difende argomentando in tal senso non vede il vero problema: qui siamo di fronte a un abuso anche se, evidentemente, per qualcuno è difficile riconoscere un abuso in assenza di lividi e botte.

He said, after he left, he understood: “It’s not just like I killed you, but that I’d done it subtly, over years. That I’d been poisoning you. Chipping away at you.” He made me doubt my own instincts and watched me move further away from my personal values and social mores, trying to connect with him, never telling me it was impossible. By the time he finally confessed the truth, 15 years after his first affair on the set of “Buffy,” I was broken. My brain could not fit my experience of our life together, through the new lens of his deceit.

Se Whedon avesse costretto sua moglie a 16 anni di matrimonio usando la forza e la coercizione, limitando la libertà di lei, spaventandola, impedendole di lavorare e costringendola a casa contro la sua volontà, tutti adesso vorrebbero bandire Whedon da qualsivoglia posizione ma, in assenza di forza fisica, per qualcuno si è trattato solo del più classico dei tradimenti, di cose che capitano nella vita e che soprattutto sono faccende private. Non è così. In un tweet di una ex moderatrice dello storico whedonesque:

Currently the worst part about all of this is people telling us decades of lies and emotional abuse is just what men do.”

Spero che siano soprattutto gli uomini a sentirsi offesi e a insorgere contro un’idea del genere.

Whedonesque, una delle più grandi risorse del whedonverse , ha chiuso i battenti dopo 15 anni di lavoro appassionato e puntuale. Nessuna acredine nel commiato, la lettera di Kai Cole non viene menzionata anche se come regalo di addio si invita a donare per i centri che trattano il complex post-traumatic stress disorder, la malattia da cui è ora affetta Cole. Una presa di coscienza pacifica, quindi, come lo è stata la mia.

Su alcune questioni di principio sono talmente salda, e in questo proprio Whedon mi ha cresciuta talmente bene, che alla lettura delle parole di Kai Cole ho empatizzato immediatamente con lei, senza conflitto. Nonostante l’amarezza, la scelta è stata immediata e naturale, non ho faticato a mettere da parte Whedon. Per sempre.

Non brucerò i dvd di Buffy, naturalmente – il legame con Buffy è di quelli che durano tutta la vita – non cancellerò articoli pubblicati né cestinerò articoli mai pubblicati, non ci sarà da parte mia una damnatio memoriae, continuerò perfino a cercare una “cura” per la mia maglietta di Serenity infestata dal pelo del mio gatto: il messaggio resta, così come Whedon resta un grande autore, ma l’uomo adesso dovrà trovarsi un altro argomento di cui discettare.

Quando si è portavoce di un messaggio bisogna essere all’altezza del messaggio, il che non implica essere perfetti, incorruttibili, infallibili, ma c’è una qualità imprescindibile, senza la quale non è possibile parlare di nulla: la credibilità. Ecco, Whedon ha perso ogni credibilità. Non è più titolato per parlare di “empowered women” e di donne che prendono il controllo della propria vita e del proprio corpo dopo aver, per 16 anni, impedito scientemente e con l’inganno che proprio sua moglie avesse potere e controllo sulla sua vita affinché lui potesse viverne due, di vite.
Nessuno si aspetta che il prete che predica la fatuità dei beni materiali non abbia egli stesso qualche possedimento materiale, si ascolta e si riflette sulla lezione, ma se il prete in questione ha un super attico di lusso di 700 metri quadri… be’, quel prete non è più credibile.

Nota personale

Un po’ mi spiace per Joss, voleva essere Buffy ma era solo un inutile osservatore venuto dall’Inghilterra

 



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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