Del E3 2017, probabilmente il più sottotono dell’ultimo decennio, quel che ci porteremo negli anni è il volto commosso di Davide Soliani, game designer del team milanese di Ubisoft, mentre Miyamoto sul palco dello show  si congratulava personalmente con lui per l’ottimo lavoro svolto con Mario + Rabbids.

Soliani, figura storica del giornalismo videoludico italiano e da sempre attivo nel sottobosco forumistico, è un un nintendaro di ferro. La sua reazione è stata quella del fan che ha potuto mettere le mani sul materiale dei suoi sogni dopo anni di gavetta e viene ricompensato con i complimenti del suo idolo. La genuinità e la passione erano talmente evidenti in quella fugace inquadratura da creare una sorta di unicum nell’internet contemporaneo: un meme buono. Davide diventa Ubisoft Man e Twitter vuole in qualche modo consolarlo: #dontcryubisoftman.

Quella scena però ha avuto un altro risultato abbastanza inatteso. In quel preciso istante del E3 l’opinione generale sul gioco Ubisoft è di colpo passata dallo scetticismo più nero emerso in seguito ai rumors all’entusiasmo più sfrenato. Considerato fino a pochi momenti prima  come un atto di lesa maestà o tuttalpiù un clone di XCOM in salsa Rabbids decisamente non necessario, Mario + Rabbids Kingdom Battle è diventato grazie alla passione trasmessa da Davide Soliani e all’approvazione ufficiale di Miyamoto uno dei most wanted dello show.

Nonostante l’ondata di ottimismo scaturita da grazie al placet del papà di Mario, qualche dubbio era rimasto ad aleggiare nell’aria. Ubisoft e Nintendo sono lontane anni luce sotto ogni punto di vista e il risultato dell’unione di intenti tra due società poggiate su filosofie così differenti non si poteva in ogni caso definire scontato o prevedibile. Contro ogni scetticismo invece l’esito di questo incontro improbabile eppure possibile è il miglior gioco Nintendo non fatto da Nintendo, ma anche il gioco che Nintendo non avrebbe mai fatto, però fatto come l’avrebbe fatto Nintendo, con in più i Rabbid a seminare la loro dose di follia, questa sì inevitabile.

Tenendo conto del target e del tono decisamente leggero, il team Ubisof ha alleggerito giusto un poco le meccaniche – anche se meno del previsto a dirla tutta –  rispetto a XCOM, evidente fonte di ispirazione, ibridandole però al contempo sia con la strampalata ironia e l’imprevedibilità apportata dai Rabbids che con tutte le atmosfere e le situazione che è lecito aspettarsi da un gioco ambientato nel Regno dei Funghi.

In battaglia il giocatore si trova dunque a controllare un team di tre elementi, di cui Mario è sempre il leader, impegnato ad affrontare dei Rabbids mutanti resi ancora più instabili da un esperimento sfuggito di mano. Le azioni a disposizione sono quelle tipiche dello strategico a turni, ovvero muoversi ed attaccare, con la possibilità di mischiare le carte in tavola facendo ricorso a status attivi/passivi.

Come previsto però tutto prende una piega decisamente più stramba rispetto ai classici strategici a turni.giochi di questo tipo. Oltre a poter sfruttare i punti di trasporto offerti dagli immancabili tubi, elemento architettonico per cui il Regno dei Funghi è famoso nel mondo, Mario & co. possono anche collaborare tra loro per spiccare salti acrobatici e coprire distanze più ampie o attaccare in scivolata i nemici sulla loro strada.

Le armi poi sono cannoni o martelli a volte grandi quasi quanto i personaggi che possono invischiare il bersaglio dei loro colpi in una cascata di miele appiccicoso o di inchiostro accecante, che impedirà loro di muoversi nel turno successivo, o ancora bruciare il fondoschiena del malcapitato Rabbids del caso che si ritroverà a saltellare qua e là per lo scenario abbandonando la protezione dietro cui era riparato. Ovviamente anche gli status effect non sono da meno: imperdibile quello di Luigi, che gioca col suo celebre “sguardo della morte” diventato anch’esso un meme, grazie al quale il fratello di Mario può sfoggiare doti da cecchino anche durante i turni dei nemici.

Eppure, nonostante il bagno di ironia in cui le meccaniche di gioco sono state immerse, le battaglie di Mario+Rabbids non rinunciano nemmeno per un istante alla profondità strategica richiesta dal genere, anche se tutto in contorno è pensato per far sì che il giocatore le affronti con il sorriso stampato in faccia. Il comportamento ridicolo dei Rabbids non deve trarre in inganno, statistiche e percentuali di successo la fanno da padroni. Studiare il campo di battaglia, oltre a tutti gli strumenti statistici a propria disposizione, e scegliere di conseguenza la composizione del proprio team, senza trascurare l’acquisto di nuovi armi e lo sviluppo dell’albero delle abilità di ciascun personaggio, è indispensabile fin da subito, senza tuttavia raggiungere i livelli di difficoltà snervanti di XCOM.

Ecco, se dovessi fare un appunto avrei apprezzato la possibilità di allontanare l’inquadratura per godere di una visione aerea dal campo di battaglia più estesa, che avrebbe aiutato nelle situazioni più affollate. La visuale strategica ad ogni modo offre un buon compromesso. Non solo consente di muoversi liberamente per lo scenario, ma posizionando il cursore sui nemici permette inoltre di visualizzare importanti informazioni quali la distanza che possono raggiungere in fase di movimento, il danno inferto dalle loro armi o gli status effect di cui possono disporre, dettagli da tenere sempre in considerazione quando si riflette sulle proprie mosse.

Il posizionamento degli elementi del proprio team è poi particolarmente importante: grazie alla possibilità di concatenare scivolate, salti team e passaggi tra i tubi, una sola casella può fare la differenza tra un piano perfettamente eseguito e un goffo fallimento. Se nel primo mondo ci si può concedere qualche distrazione attratti dagli elementi buffi e dalle situazioni comiche che possono scoppiare anche durante gli scontri sotto forma di brevi cut-scene innescate da azioni particolarmente importanti, già dal secondo diventa fondamentale riflettere per bene su ogni mossa, cercando di leggere il comportamento degli avversari come negli scacchi, per non essere costretti a ripetere più volte gli scontri più ostici (o attivare la modalità facile, senza dirlo in giro ovviamente).

Questa declinazione alleggerita, ma non semplificata della strategia a turni non solo rispetta sia lo spirito mariesco che quello dei Rabbids, ma è anche inserita in un contesto che tradisce l’atto di devozione verso il canone Nintendo del team che l’ha realizzato. Le battaglie si svolgono in diverse aree del regno dei Funghi, sfruttando tutti i tipici elementi grafici degli scenari dei platform di Mario come il deserto o il ghiaccio, rielaborandoli ed assorbendoli nel cuore delle meccaniche fino a renderli parte integrante degli scontri. I Boos ad esempio aleggiano su alcuni scenari tirando tiri mancini ai personaggi, mentre tra le sabbie bisogna stare attenti ai pericolosi tornadi che si scatenano tra un turno e l’altro.

Ma non è tutto. Le battaglie sono intervallate dalle brevi fasi di spostamento del gruppo in cui il team Ubisoft è riuscito a inserire piccoli, ma stimolanti diversivi che pescano a piene mani dal manuale di design Nintendo, come puzzle, rompicapi o utili segreti che mantengono alta l’attenzione e rendono divertente persino la ricerca dei collezionabili e potenziamenti per il proprio team.

A conti fatti Mario + Rabbids Kingdom Battle non è più solo un enorme atto d’amore verso Nintendo e il suo modo di fare videogiochi o un un esperimento tanto azzardato quanto riuscito che coniuga due proprietà intellettuali lontane tra loro, ma è soprattutto un ottimo strategico che punta a far sorridere senza rinunciare alla profondità. E lo fa così bene da colmare un vuoto nella line-up di Switch senza sfigurare in mezzo ad altri titoli di alto livello e di indiscutibile valore.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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