C’è un grave deficit che devo sottolineare nel trattare de Le ragazze nello studio di Munari, ultima opera realizzata da Alessandro Baronciani per Bao Publishing, ed è la necessità di acquistarla fisicamente e di non sfogliarla finché non le si può dedicare del tempo. Il perché di questa urgenza è presto spiegato: per omaggiare pienamente uno dei suoi punti di riferimento e uno dei più grandi artisti e designer italiani del Novecento, Baronciani ha infatti realizzato il volume adottando diverse soluzioni cartotecniche (dall’uso della carta velina alle pagine ritagliate) che trasformano il volume in una parte integrante del racconto e dell’esperienza di Fabio, il protagonista della vicenda.

La volontà dell’autore è certamente il tentativo di cogliere e quasi enucleare in un elenco i poliedrici talenti di Munari e, a detta di chi scrive, di cogliere un’altra caleidoscopica molteplicità: la femminilità. Ne Le ragazze nello studio di Munari la maggioranza delle tavole ne lasciano intravedere altre, mentre l’assenza e la presenza del colore si alternano e le superfici ingannano o allietano il tatto. Un volume la cui fisicità stupisce e offre un ulteriore punto di vista sul ricordo del protagonista.

Fabio, libraio e collezionista di testi usati e di pregio (afferma di essere in possesso di volumi autografi di Italo Calvino e di Umberto Saba), ripercorre, a seguito di una delusione amorosa, un’ideale galleria. Una galleria che si compone di attimi e ricordi legati all’arte, al rapporto con l’altro femminile, con le idee e le teorie di artisti e registi italiani.

Il risultato è una sorta di chiacchierata che, al di là di Bruno Munari, riecheggia anche di altre opere: da La versione di Barney di Mordecai Richler al cinema di Michelangelo Antonioni, passando per consigli di grafica, design e comunicazione che invece sembrano richiamarsi a teorici quali Roland Barthes e Marshall McLuhan.

Un insieme che è retto dalla delicatezza di Alessandro Baronciani. Delicatezza narrativa che, tendendo una mano introspettiva, cerca di condurre il lettore a conoscere un protagonista dal carattere difficilmente apprezzabile attraverso la delicatezza del tratto grafico.

L’autore pesarese ha sempre avuto, a detta di chi scrive, uno specifico talento nel delineare corpi aggraziati, sono esaltati dalla natura biografica del racconto: Fabio non ci sta solo raccontando i suoi metodi di approccio, il suo modo di confrontarsi con l’altro sesso, ma anche come egli vede, sente, sfiora le donne.

Il riuscire a comunicare questa sensazione, quei piaceri minuscoli e peculiari che ogni uomo (e ogni donna, ovviamente) trova attraenti e desiderosi nell’altro è l’aspetto più affascinante de Le ragazze nello studio di Munari. Non sarà la miglior opera di Baronciani, ma ci vuole bravura a raccontare così bene un personaggio – da cui il sospetto di elementi autobiografici. Conoscere sé stessi e sapersi raccontare al prossimo è e resta una delle più grandi sfide dell’essere umani.



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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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