Nell’ottobre del 1984 la BBC mandò in onda uno straziante documentario di Michael Buerk sulla carestia che affliggeva l’Etiopia. Tra gli spettatori c’era il cantante dei Boomtown Rats, tale Bob Geldof, che, colpito dal video decise di raccogliere fondi per le popolazioni di quel paese. Chiamò l’amico Midge Ure, frontman degli Ultravox e assieme a lui compose “Do They Know It’s Christmas?”, con l’idea di farla cantare alla crema della crema del pop britannico di quel periodo.

Geldof chiese al celebre produttore e leader dei Buggles Trevor Horn di produrre il tutto, ma Horn, già occupato, concesse comunque a Geldof di usare gratis il suo studio di registrazione, il SARM West a Londra, per 24 ore. Il 25 novembre in quello studio entrarono (alla spicciolata, come si vede nel video della canzone) tra gli altri: i Duran Duran, George Michael, Sting, gli Spandau Ballet, Bono (senza occhiali!) e Adam Clayton of U2, Paul Young, i Culture Club, Phil Collins dei Genesis, Paul Weller, Francis Rossi e Rick Parfitt degli Status Quo, le Bananarama e ovviamente Geldof stesso.

A rompere gli imbarazzi fu Tony Hadley degli Spandau Ballet, che cantò per primo il tema della canzone, e poi ognuno si fece carico della propria strofa. Collins, narra la leggenda, si portò la batteria da casa (ma dev’essere vero, parliamo di uno che quando ci fu il Live Aid prese un Concorde per suonare nello stesso giorno prima in UK e poi negli USA).

Con una copertina disegnata da Peter Blake, che aveva ideato la cover di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, il più celebre album dei Beatles, il 29 novembre Do They Know It’s Christmas? usciva nel Regno Unito e in tutto mondo. In UK venderà 3 milioni di copie e resterà il singolo più venduto di sempre fino al 1997, quando verrà spodestato da Candle in the Wind, ri-cantato da Elton John per la morte di Diana Spencer. A Do They Know It’s Christmas? seguirono We Are the World, il Live Aid e molte altre iniziative benefiche similari.

Erano giovani, eh? E pure noi.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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