Se è vero che la Storia la scrivono i vincitori, ai vinti non resta che la damnatio memoriae. La condanna per chi si è schierato sul versante sbagliato di un conflitto, latente o esplicito, è quasi sempre l’oblio dei posteri. Per chi però si è trovato suo malgrado o per colpa a vestire i panni del nemico su entrambi i fronti il destino può essere ancora più perfido e crudele.

Questa è la sorte toccata a Kristof Von Hofmann, il più geniale e talentuoso direttore d’orchestra di cui il mondo post-bellico non ha mai sentito parlare. Come è stato possibile che Von Hofmann sia passato così rapidamente dall’essere il più grande musicista vivente nei territori del Reich tra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso a una figura tuttora in grado di suscitare imbarazzo nel discorso pubblico tedesco, al punto da essere quasi completamente eradicata dalla memoria storica?

Un uomo che ha sempre camminato su un pericoloso ed instabile filo teso che ha diviso in due la vita pubblica della Germania nazista, per poi essere trascinato dal regime tra le sue fila fino al riconoscimento della sua colpevolezza espresso a Norimberga. Un artista che incarna tutte le contraddizioni della sua epoca di cui però oggi restano solo pochi frammenti a raccontarne l’arte e la vita, sporadici istanti immortalati in confuse fotografia o in brevi registrazioni d’epoca.

Mentre in Germania il nome di Von Hofmann è quasi impossibile da udire al di fuori dei circoli di musicofili, se non per via delle malevole dicerie che lo avvolgono, il ritrovamento dei suoi diari insieme a quello degli atti processuali che lo riguardano ha portato a una nuova attenzione nei suoi riguardi. Così Francesco Moriconi, appassionato di musica classica, sceneggiatore di fumetti di lungo corso nonché autore del grandioso saggio Leggere Watchmen, si è imbattuto quasi per caso nel suo nome e incuriosito dalla torbida aria di mistero che lo avvolge ha deciso di realizzare una vera e propria inchiesta a fumetti.

A casa prima del buio, questo il nome graphic novel che si muove sui confini del graphic journalism, è frutto di uno scrupoloso lavoro di indagine che muove i passi dalla carriera musicale di Von Hofmann, ben esaminata in Gli imperatori della musica: il Novecento tedesco di Lars Doork per poi addentrarsi nei diari pubblicati dai personaggi più o meno direttamente coinvolti nella vicenda umana e professionale del controverso artista.

Perchè non è la musica il solo lascito di Von Hofmann. Se ancora oggi il solo pronunciarne il nome provoca sguardi imbarazzati e saluti improvvisi è perché la Storia ne ha trasmesso l’immagine di un nazista della peggior specie, un collaborazionista impegnato in pubblico a mantenere la giusta distanza dall’orrore, sempre attento a che il suo lavoro  potesse svolgersi libero da ingerenze, ma macchiatosi in privato di colpe indicibili sulla pelle di una ragazzina, costretta a vivere la segregazione del suo maestro per evitare i campi di sterminio.

Ma quanto c’è di vero in questa diceria? Per determinarlo una volta per tutte Moriconi, supportato alle matite da Emiliano Albano, parte dall’abbandono di Leiber dalla direzione dell’orchestra sinfonica di Vienna, una fuga istrionica mascherata con un finto attacco bombarolo al teatro. Un episodio centrale nella vita di Von Hoffman che segna la fine della sua estraneità al regime, consumata per altro a spese del suo eterno rivale Von Karajan, benché la somiglianza fisica e artistica tra i due sia da sempre oggetto di curiosità e sospetti.

L’altro avvenimento centrale nella vita del tormentato compositore è la deportazione dei suoi vicini, i Wiel, avvenuta mentre la figlia maggiore si trovava nella sua abitazione per una lezione di piano. Da quel momento Ester Wiel resterà con lui, grazie anche alla collaborazione del prete della cittadina austriaca di Strengberg, nel tentativo di sottrarla alle SS e a quel destino orribile riservato dai nazisti ad altri milioni di ebrei. Uno slancio altruistico a rischio della propria stessa vita, considerati i forti sospetti nutriti dal poliziotto locale Vogel nei suoi confronti, certo, ma per quanto a lungo può durare la convivenza forzata tra un anziano vedovo e una quindicenne prima che l’asimmetricità nei rapporti di potere la incrini pericolosamente?

Moriconi e Albano indagano in un periodo storico ormai raffigurato in innumerevoli opere di narrazione, eppure ancora difficile e delicato da trattare. Pur raccontando episodi, vicende e personaggi collegati alle alte sfere decisionali del Reich, la coppia di autori non si abbandona mai alla pericolosa descrizione di un Male totalizzante e assoluto, ma si concentra piuttosto sulle piccole meschinità e vigliaccherie di cui la società tedesca si è macchiata ad ogni livello e che hanno consentito alla disumanità del nazismo di muoversi non solo indisturbata, ma spesso favorita in cambio di miseri tornaconto personali.

La passione di Moriconi per la musica classica emerge a più riprese, sia nella quantità di dettagli e riferimenti disseminati tra le pagine, sia dalla scansione del ritmo tra i capitoli, ciascuno accompagnato in note da un paio di suggerimenti musicali esplicitati nella tavola di apertura. Dal punto di vista grafico invece le matite e i pennarelli di Albano seguono almeno all’inizio una traiettoria più irregolare, che alterna uno stile più fine e raffinato ad un altro più duro, fatto di linee spesse ed abbondanti neri, anche all’interno della stessa vignetta. Nella seconda parte del volume però il primo, supportato probabilmente da alcuni riferimenti fotografici, prende il sopravvento, e l’opera ne guadagna di omogeneità.

È presto per tirare le somme perchè i diversi capitoli, pubblicati in origine su Lanciostory e raccolti da Editoriale Aurea in un bel volume stampato su carta patinata, raccontano solo la prima delle tre parti di una storia più ampia, che promette di svelare al mondo il risultato della ricerca degli autori se non in modo obiettivo – impossibile quando ci si basa sulle testimonianze degli interessati – ma quanto meno più fedelmente alla realtà di quanto fatto finora dagli storici.

Intuire verso quale conclusione approderà l’indagine a fumetti tuttavia non è per nulla semplice. La figura di Kristof Von Hofmann delineata in queste prime 192 pagine è avvolta in un chiaroscuro morale di difficile decifrazione. La distanza dal Reich appare spesso più di convenienza che dettata da una sincera convinzione o avversione, eppure lo slancio con cui il musicista ha deciso immediatamente di rischiare tutto per lavare Ester appare innegabilmente sincero. Proprio la relazione con Ester – prigioniera? Compagna di sventura? Vittima? Manipolata o manipolatrice? – pone come ovvio la maggiore problematicità nella definizione del territorio morale su cui si muove Von Hofmann, mentre una serie di omicidi – politici o intimidatori? – fanno svoltare il finale di questa prima parte verso percorsi narrativi inattesi.

Per aiutare ciascuno a formarsi un’opinione, il volume si chiude con un abbondante corpus di note scritte da Moriconi che aiutano a contestualizzare la vicenda storica e che riprendono stralci dei diari o dei libri usati come fonti per fornire un ulteriore livello di lettura, a cui fanno seguito un’intervista allo storico tedesco Gabriel Kuhn e una postfazione di Alessandro Bilotta.

AVVISO: il paragrafo dopo l’immagine è da considerarsi ad alto contenuto di spoiler. 

A questo punto è arrivato il momento di alzare il velo: buona parte di ciò che avete appena letto è un falso. Un falso d’artista, certo, ma pur sempre un falso. Più che graphic journalism, A casa prima del buio è un ottimo esempio di mockumentary: Von Hofmann è frutto della fantasia di Francesco Moriconi e della sua passione per la musica classica, così come buona parte dei riferimenti storici e bibliografici citati, sapientemente mescolati a eventi e pubblicazioni reali.

Il dato interessante è che nessuno, prima del disvelamento dell’inganno su Facebook, pare essersene accorto. Eppure gli indizi erano tutti in bella visti. Sarebbe bastata una ricerca su internet: avete provato a inserire su Google il nome completo di Von Hofmann o Gli imperatori della musica: il Novecento tedesco, fonte bibliografica che anche io ho citato all’inizio della recensione? No, ovviamente, perché quando il quadro d’insieme è così credibile e solido a nessuno viene da guardare ai dettagli – e già su questo aspetto dell’operazione di Moriconi & Albano si potrebbero scrivere fiumi di lettere collegandola al presente.

C’era da aspettarselo dall’autore di Leggere Watchmen, un’analisi dell’opera di Moore & Gibson che aggiunge così tanti dettagli e rimandi a Watchmen da trasformare l’ennesima rilettura in una fonte di continue scoperte. Una simile passione per la scrittura densa e stratificata di Alan Moore non poteva dunque che trasformarsi in un omaggio costruito allo stesso modo su un complesso, ma affascinante sistema di simboli e relazioni meta-testuali.

Il continui intersecarsi di realtà e finzione è spiazzante e straniante. Leggendo A casa prima del buio ignari della sua natura si ha spesso la sensazione di avvertire una nota stonata, come un singolo strumento in un’orchestra numerosa che suona un’ottava più in alto, impercettibile eppure impossibile da ignorare. Segni, forme e parole che rimandano a un qualcosa d’altro, una costante sfida intellettuale a cui si è sottoposti a livello inconscio. Se di norma le opere di intrattenimento rivendicano il diritto di spegnere il cervello del fruitore, il meccanismo narrativo di Moriconi e Albano si impone di mantenere sempre attive e frenetiche le sinapsi del lettore.

Una volta compreso il gioco che Moriconi e Albano conducono con la storia e con la Storia, si impone dunque una seconda lettura forse ancora più affascinante della prima, nel tentativo di stabilire i rapporti tra realtà e finzione per decifrare la simbologia che le attraversa entrambe. In questo dedalo di rimandi e riflessi la presenza di un editoriale di chiusura firmato da Alessandro Bilotta è l’ennesimo tassello del meccanismo narrativo ed allegorico, una sorta di sigillo di qualità siglato dall’autore di quel Mercurio Loi, concettualmente così vicino all’opera di Moriconi e Albano, che insieme ad A casa prima del buio incarna il volto più interessante, piacevole e inatteso del 2017 del fumetto popolare italiano.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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