Sulla carta sembrava che gli episodi della nuova stagione di Black Mirror (Charlie Brooker) diretti dalle celebs della cinematografia statunitense potessero offrire qualcosa in più, se non in termini di contenuto (idee e sceneggiatura), almeno a livello estetico (effetti speciali e regia). Arkangel, episodio numero due della quarta stagione diretto da Jodie Foster – quella de Il Mio Piccolo Genio (1991) più che di Money Monster (2016) – sembra invece cedere il passo a un’esposizione altalenante e a una critica sociale piuttosto spicciola, trascurando quell’ambiguità e tensione fantascientifiche che, da sempre, rappresentano il tratto distintivo e ricorrente della serie – la sua vis antologica, per così dire – sia per ciò che concerne i ritmi e le atmosfere, sia per quel che riguarda il sistema tecnologico da cui, di solito, prende il via ogni situazione trattata.

Arkangel narra la storia di una madre single e iperprotettiva pronta a tutto pur di tutelare la vivace figlioletta, compresa l’eventualità di sottoporla a una procedura sperimentale e invasiva: l’innesto di un chip nel lobo temporale connesso, vita natural durante, a un tablet attraverso cui monitorare e selezionare le ricezioni visive e uditive. Dopo qualche tempo, rivelandosi più numerosi e considerevoli dei pro, i contro convincono la mamma a spegnere e accantonare il dispositivo, ma gli atteggiamenti contraddittori della fase adolescenziale attraversata dalla figlia spingeranno la donna a tornare sui suoi passi.

Nonostante non manchino i motivi d’interesse, in questo episodio della serie sembra che il congegno futuristico rappresenti, più che altro, un pretesto per mettere in scena i soliti immarcescibili tabù, quelli vigenti tra genitori e figli e concernenti i delicati concetti di privacy e patrocinio familiare. Se in un primo momento la storia si fa spazio, in maniera anche curiosa, tra la bizzarra gestione informativa di una madre ansiosa e ossessiva e le ripercussioni psicologiche di una figlia sempre meno padrona delle proprie percezioni e pulsioni, il resto dell’episodio sembra sfaldarsi e adagiarsi sul più scontato degli scontri generazionali, trasformandosi in un racconto più filodrammatico che fantascientifico, più moralista che morale. Tanto è vero che nemmeno il finale, nel mostrare le dure conseguenze di quelle discutibili scelte, riesce a essere – come di consueto – potente e avveniristico, apparendo invece debole e quasi edulcorato, almeno rispetto a una realtà in cui, anche nel caso di una sorveglianza meno invasiva e invadente, l’epilogo avrebbe potuto essere decisamente più tragico…

In definitiva Arkangel porta a casa il risultato, un risultato che però, nell’insieme degli episodi vecchi e nuovi, non sembra spiccare per originalità. Almeno non quella a cui Black Mirror ci ha intensamente abituati.



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