Attenzione: l’articolo contiene – inevitabilmente – uno spoiler necessario a parlare dell’episodio in quanto tale, si consiglia quindi di leggere dopo la visione.

Il primo e più notevole colpo messo a segno da USS Callister è nella sua promozione: venduto come l’episodio alla Star Trek, ha incuriosito tutti e promesso attraverso le prime immagini e la sinossi ufficiale una storia ambientata a bordo di un’astronave il cui capitano, unanimemente osannato, mostra però i tratti distintivi di un tiranno.

I primi minuti confermano ciò che ci aspettavamo con una sequenza congegnata come un perfetto calco di una serie sci-fi anni ’70: colori accessi e ipersaturi, un enorme plasticone corredato di bottoni e lucette a figurare come plancia, uno schermo amatoriale con velleità futuristiche quale finestra sull’universo da esplorare e, più in generale, una certa ingenuità nella resa della situazione di pericolo e conseguente pronta risoluzione della stessa.

Qualcosa nello svolgimento dell’azione sembra però fin troppo indulgente ed eccessivo e arrivati al momento del bacio – a cui deve sottoporsi la parte femminile dell’equipaggio – iniziamo a capire che più che una sequenza mutuata da tutto un sotto genere della fantascienza, quello a cui stiamo assistendo è molto più affine a un sogno a occhi aperti di un nerd adolescente che forse non se la passa benissimo nella vita di tutti i giorni… e infatti.

Quella che ci è stata presentata è una fantasia di Daly, il co-fondatore di un’azienda di successo che opera nel campo dei videogiochi. Il suo socio Walton è il volto pubblico dell’azienda, il capo estroso, carismatico e dinamico, mentre Daly è il genio che lavora mestamente nelle retrovie, incapace di riscuotere stima e rispetto dai suoi stessi dipendenti che pure lavorano per e grazie a lui. Fino all’arrivo di Nanette che sembra la prima a riconoscere e ammirare il talento del sottostimato capo.

Ma quella di Daly non è un’innocua fantasia, un mondo immaginario nel quale rifugiarsi: la sua è una realtà vera e propria anche se virtuale. Rientriamo così nel campo dei temi portanti dell’intera opera che va sotto il nome di Black Mirror: la funzione della tecnologia e del progresso scientifico in una società dominata da paure e fobie, troppo ansiosa di deresponsabilizzarsi da ogni impegno verso sé stessa e disposta quindi a delegare a poteri superiori con visioni manicheee e orwelliane della realtà la gestione dell’esistenza. Una società, in definitiva, formata da individui incapaci di accettare la complessità dei rapporti umani, e di questa incapacità Daly è un perfetto esempio. Inizialmente il personaggio interpretato da Jesse Plemons suscita un certo grado di simpatia, ma successivamente lo vediamo trasformarsi nel classico bullo che dopo o a causa di esperienze mortificanti, non appena riesce a trovarsi in una situazione dominante, abusa del suo potere sottoponendo chi lo circonda ad angherie e umiliazioni.

 

Con l’arrivo di Nanette, Daly avrebbe l’opportunità di instaurare forse per la prima volta un contatto umano autentico con una persona che spontaneamente guarda a lui come un esempio da seguire, ma anziché comunicare alla pari preferisce ottenere quel contatto e quell’ammirazione attraverso la coercizione e la prepotenza. Daly ha trovato il modo, infatti, di clonare tutte le persone del suo ufficio e trasferirle, caricarle, all’interno del suo videogioco, un universo virtuale che simula l’ambientazione della sua serie di fantascienza preferita. In questo universo Daly è non solo il capitano dell’astronave USS Callister, ma il signore e padrone assoluto, un dio che reclama adorazione e lieta sottomissione, pena disumane trasfigurazioni e punizioni terribili.

In questo contesto è interessante notare come i membri dell’equipaggio siano privi di organi sessuali, anatomicamente delle bambole: la fantasia di Daly è così una perfetta sintesi di un tema che da mesi a questa parte si dibatte ovunque, in ogni sede, il tema delle molestie e delle violenze sessuali. Quello che per una parte di mondo è difficile da cogliere è che l’abuso perpetrato da persone in posizioni di dominio – che pure potrebbero tranquillamente accompagnarsi con chiunque – ha poco a che vedere con il sesso e molto a che vedere con il potere: ciò che procura piacere è la sottomissione, il ridurre chi sta di fronte ai propri desideri.  La fantasia di Daly è soddisfatta dall’avere le donne dell’equipaggio in fila per essere baciate da lui, il suo godimento è, come lui stesso ammette esplicitamente, nel vedere l’espressione di terrore di Nanette di fronte a quello di cui è capace il “suo” capitano. Perfino nell’unico momento – apparentemente spontaneo – in cui Nanette dimostra interesse sessuale per lui, Daly è spiazzato, riottoso e non ha idea di come gestire una situazione di consenso non innescata dalla paura.

Gli episodi di Black Mirror sono stati scritti tutti ben prima dello scandalo Weinstein che ha dato avvio a un effetto domino portando finalmente in cima alla lista delle priorità, a Hollywood come nella società tutta, la necessità della giusta e dignitosa rappresentazione della donna, ma il fatto che la nuova stagione sia stata affidata a protagoniste femminili e che, anche se indirettamente, in quest’episodio venga toccato l’abuso di potere sulle donne, dimostra quanto questa serie abbia molto da dire, spesso in anticipo sui tempi.

USS Callister è un lussuoso e intelligente divertissement che riesce perfino a omaggiare con gustosa ironia la fantascienza degli anni ’70 nonostante il contesto sia solo la veste scelta per parlare di tutt’altro. Purtroppo, per quanto siano interessanti tutti i temi toccati, dalla realtà virtuale, alla facilità con cui la tecnologia venga utilizzata come corsia preferenziale sulla quale far viaggiare i peggiori istinti, passando per il bullismo, manca l’affondo definitivo su uno qualsiasi di questi argomenti. Le interpretazioni di Jesse Plemons e Cristin Milioti sono i veri acuti dell’episodio: il primo è impagabile ed efficace nella sua stolida crudeltà, la seconda perfetta nel cucirsi addosso un personaggio ironico e indomito. I due, come il resto del cast, sono così bravi che quasi fanno dimenticare un enorme problema: i cloni realizzati da Daly in realtà sono perfette repliche, sono esseri dotati degli stessi ricordi, esperienze e sentimenti degli originali ma come sia possibile ottenere questo risultato attraverso una semplice clonazione non viene spiegato. Il regalo finale, il cameo di Aaron Paul, ben dispone al chiudere un occhio.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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