L’incipit che avevo in mente per questo articolo me lo sono già giocato in un’altra occasione: non c’è un altro fumetto che urli anni ’90 in ogni singola pagina quanto la X-Force di Rob Liefeld! In realtà, con ardito un volo retorico, potrei giustificarmi sostenendo che entrambe le affermazioni possono essere vere allo stesso tempo. In fondo La Saga del Clone e la X-Force di Liefeld si possono considerare i portabandiera di due tendenze diverse, ma complementari  che hanno caratterizzato il decennio.

La lunga epopea di Spider-Man e del suo clone ha anticipato la tendenza dell’industria a dare vita a saghe sempre più sconvolgenti, le cui premesse si basano su quel “nulla sarà più come prima” che quasi mai viene mantenuto: eroi muoiono, abbandonano il manto, vengono sostituiti da cloni, copie, aiutanti o persino nemici. Eppure tutto prima o poi torna alla normalità, magari proprio a ridosso di un film che ha bisogno di adeguato supporto.

La X-Force firmata da Liefeld, di cui Panini ha da poco rilasciato i primi episodi in volume, incarna invece un altro tratto caratteristico del fumetto anni ’90, grafico più che produttivo. Uomini ipertrofici i cui fisici abbandonano ogni velleità anatomica in favore di addominali e bicipiti di proporzioni esagerate, donne pin-up dai costumi sempre più succinti, cinturoni pieni di tasche, taschini e tasconi, linee cinetiche a tutto spiano e pistole gigantesche. Già, perchè i supereroi anni ’90 ci tengono a prendere le distanze dai loro predecessori non solo dal punto di vista stilistico, ma anche comportamentale, o forse sarebbe meglio dire morale.

Il passaggio di consegne è già di per sé altamente simbolico. All’inizio del 1991 Liefeld è al lavoro sulla testata dei Nuovi Mutanti. Si tratta di un gruppo nato una decina di anni prima per sfruttare la scia del successo degli X-Men scritti da Chris Claremont. La formazione iniziale è composta per lo più da adolescenti, radunati dal Professor Xavier per sostituire gli X-Men originali, i quali al tempo risultavano dispersi in missione. Le prime storie sono piuttosto drammatiche, come d’abitudine per il periodo, ma col tempo le atmosfere intorno ai giovani mutanti assumono toni più leggeri.

Al momento dell’arrivo a bordo di Liefeld della formazione originaria sono rimasti pochi membri. Nel frattempo i tempi sono cambiati, il fenomeno mutante è esploso con decisione affiancato da quello della nuova generazione di disegnatori capeggiata da Jim Lee e Todd McFarlane. Per riempire le proprie casse di dollari, in casa Marvel non si deve fare altro che unire i due fenomeni e restare a guardare. Così mentre New Mutants veleggia verso il suo centesimo numero viene chiesto a Liefeld di assumere in toto la gestione della testata, per cui già da un po’ si occupava anche dei soggetti oltre che dei disegni, e di traghettarla verso la nascita di una nuova serie votata alla spettacolarità estrema: X-Force.

In New Mutants #98, #99 e #100 Liefeld mette su carta una gigantesca e abbastanza esplicita metafora del passaggio generazionale in atto. Il gruppo è ora guidato da Cable, un soldato venuto dal futuro gonfio di muscoli e testosterone col dito perennemente sul grilletto: quanto di più lontano ci possa essere dal Prof. X, nonché una delle numerose creazioni di cui Liefeld si prende pienamente il merito.

Il sogno pacifico di Xavier è tramontato non solo tra le pagine dei fumetti, ma anche sugli scaffali delle fumetterie dove le storie legate ai canoni del decennio precedente non fanno più presa: i lettori degli anni ’90 vogliono altro e anche i mutanti devono prenderne atto. Tra le mani di Liefeld è lo stesso Cable a rendersi conto per primo di non poter più occupare fisicamente la Scuola Xavier per giovani dotati con il suo sogno guerrafondaio e di dover spostare altrove la sua base operativa per compiere il salto di qualità nell’approccio alla sopravvivenza mutante. X-Force #1 segna un nuovo inizio e le 5 milioni di copie vendute ne certificano il successo.

Liefeld è personaggio strano, per certi versi incredibile. Sul suo stile di disegno, eufemisticamente poco canonico, si sono versati fiumi di inchiostro liquido e digitale fin dagli albori di internet. Le sue anatomie, la fissazione per i cinturoni, i suoi visi che tanto somigliano al suo sono da sempre motivo di dileggio. Ma c’è una caratteristica che Liefeld indiscutibilmente possiede e che invece manca a tanti suoi colleghi ben più blasonati: la passione per ciò che fa. Ogni volta che gli viene concessa l’opportunità di disegnare una tavola di supereroi Liefeld è felice come un bimbo in un negozio di giocattoli. E si vede. [Cazzo se si vede avrei detto negli anni ’90.]

La scrittura di Liefeld è entusiasta e sconclusionata esattamente come i suoi disegni. Le ultime storie di New Mutants e le prime di X-Force sono scritte da Liefeld sotto la supervisione di uno sceneggiatore, nello specifico Fabian Nicieza, a cui tocca il compito di far quadrare gli eventi rappresentati nelle diverse vignette inserendo dialoghi appropriati. Un processo creativo simile a quello che legavaJack Kirby e Stan Lee, fonte per altro delle medesime discussione su ruoli e meriti reciproci: secondo Liefeld “Nicieza ha vinto il jackpot” per il solo fatto di potersi ritenere co-creatore di Deadpool, la cui genesi sarebbe tuttavia farina esclusiva del buon Rob.

Alle redini di X-Force Liefeld può dare libero sfogo alla sua fantasia, come un bambino lasciato libero in un parco giochi. E lo fa a suo modo, ovvero dando alla luce una mezza dozzina di nuovi personaggi. I Nuovi Mutanti sono ormai ridotti al lumicino e a Liefeld serve un esercito per il suo Cable. Al gruppo allora si uniscono Feral, una Morlock fuggita in superficie, Domino, la mutante dalla pelle bianca e dal passato misterioso, e Shatterstar, abile spadaccino baciato dalla fortuna proveniente dal Mojoverse, insieme a Warpath, vecchia conoscenza dei Nuovi Mutanti. Di colpo Cable ha un plotone mutante ai suoi ordini e la Marvel un catalogo di nuovi personaggi di successo (anche cinematografico).

L’esordio più importante di questo ciclo di storie però avviene però su New Mutants #98: si tratta di un mercenario dal costume rosso e molto propenso al chiacchiericcio che si fa chiamare Deadpool. La sua apparizione su queste pagine è decisamente fugace: entra in scena per uccidere Cable e nel giro di sette facciate finisce con la schiena trafitta da una manciata di coltelli e legato come un salame sul pavimento. Non si direbbe un esordio memorabile, eppure il cammino di Deadpool verso un successo planetario inizia qui, con una maschera ad ovale per facilitare la rappresentazione e un omaggio a un personaggio della DC Comics per scongiurare il rischio di una denuncia per plagio. Liefeld è sicuro che la sua creatura sarà un successo e lo piazza spavaldamente in copertina.

Liefeld non è Claremont, la differenza di talento nella scrittura tra i due risulta evidente a chiunque già in poche pagine, ma lo stile che sceglie per la sua X-Force ricalca quello che ha portato al successo lo scrittore canadese padre della rinascita degli X-Men. Trame che si dipanano sul lungo periodo, colme di piccoli grandi indizi sulle cose a venire, e tanta attenzione alla psicologia dei personaggi. Su quest’ultimo punto quanto meno Liefeld ci prova, ma sul primo parte subito a razzo.

X-Force non fa in tempo a formarsi e sulle sue tracce già si trovano Stryfe, clone di Clable sempre frutto della fantasia di Liefeld, Tom Cassidy, una divisione dello S.H.I.E.L.D e ancora una volta Deadpool. Nelle primissime avventure il gruppo si ritrova addirittura a fronteggiare il colossale Fenomeno ai piedi delle Torri Gemelli tra i detriti causati da una profetica esplosione negli ultimi piani di uno dei due edifici.

Anche se la gestione di intrecci particolarmente profondi non è il suo punto forte, Liefeld è bravo nel trasmettere la risolutezza e la mancanza di limiti morali dei suoi personaggi figli degli anni ’90. Cable è la diretta incarnazione della filosofia di X-Force, un uomo di poche parole e poco propenso al compromesso, lontano dal sogno di convivenza pacifica di Xavier: non è un caso che la parola più usata nel volume sia “guerra”. E in guerra non bisogna farsi scrupoli ad uccidere il proprio nemico, ovviamente. Un supereroe degli anni ’90 non può mostrare pietà, per quale motivo altrimenti dovrebbe andare in giro con pistole e cannoni di quelle dimensioni?!

È difficile che X-Force – Questa forza scatenata possa rientrare tra i volumi da consigliare a chi ha voglia di leggere grandi storie a fumetti e magari ha poca confidenza nel medium. La ristampa rientra piuttosto nell’operad i recupero di vecchi cicli portata avanti da Panini da qualche anno e si rivolge abbastanza esplicitamente a chi – come il sottoscritto – divorava tutto quello con una X in copertina nel pieno della sua adolescenza.

Eppure, a patto di non farsi condizionare troppo da giudizi e sovrastrutture maturate negli anni su quella particolare fase dell’industria dei comics americani, X-Force può risultare ugualmente una lettura piacevole. Dietro i limiti tecnici e l’assenza di sfondi traspare ugualmente tutta la passione che Liefeld carica nella sua matita ogni volta che disegna supereroi. Si potrebbe quasi definire questo ciclo come una fan fiction, senza tuttavia alcuna accezione negativa: Liefeld è un appassionato di Marvel e DC prima ancora che un professionista e quando viene lasciato a briglia sciolta dà sfogo a tutta la sua immaginazione, trasformando in realtà editoriale avventure simili a quelle che ciascun lettore cova nella propria testa.

Non passerà alla Storia del fumetto, questo è certo, ma la X-Force di Liefeld mette in luce il lato più genuino degli anni ’90, rappresentato anche dalle frequenti collaborazioni artistiche tra quel gruppo di talenti che avrebbero poi fondato la Image, che qui si concretizza in una storia che si incastra con lo Spider-Man di McFarlane e l’evidente supporto agli inchiostri da alcuni colleghi non accreditati, tra cui il subito riconoscibile Erik Larsen.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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