La guerra tra il Nord e il Sud del continente di Telesis è finita, lasciando morti e macerie. Dopo quattro anni di conflitti il ritorno alla vita di tutti i giorni è complicato, specie per chi, come Violet Evergarden, ha vissuto in prima linea come soldato, agli ordini del maggiore Gilbert, morto in un attacco. La ragazza trova lavoro come postina presso un’azienda di scrittura e recapito lettere di un suo vecchio commilitone, Claudia Hodgins. Violet però resta ben presto affascinata da un altro lavoro che si svolge nell’ufficio, quello delle Auto Memories Dolls, impiegate che scrivono testi e lettere per coloro che non sanno come esprimere i propri sentimenti. Dopo una difficile gavetta, la ragazza inizia a girare il mondo per lavoro, con lo scopo di capire finalmente il significato delle ultime parole che il maggiore le pronunciò prima di morire: “Io ti amo”.

Tratto dall’omonima serie di light novel scritta da Kana Akatsuki e illustrata da Akiko Takase, Violet Evergarden è indubbiamente uno degli anime di punta di questa stagione, vuoi per la sua strabiliante realizzazione tecnica, di molte spanne superiore a quella di qualsiasi altra serie animata vista negli ultimi anni, vuoi per per il fatto di essere distribuito in simulcast su Netflix, che però per una volta non ha reso disponibile la serie per il binge watching ma ha preferito una più canonica distribuzione settimanale delle puntate (scelta saggia, come vedremo).

Proprio in virtù della sua natura episodica, effettivamente queasi “epistolare” (ogni puntata è al tempo stesso un messaggio allo spettatore, il disvelamento di una nuova emozione per Violet e una nuova sfida/avventura creativa per la protagonista), la scelta di Netflix di non distribuire immediatamente tutta la serie, composta da 14 episodi e tutt’ora in corso, risulta particolarmente azzeccata. Il filo rosso conduttore che lega la puntate è infatti flebile, appena accennato, mentre l’intero impianto narrativo si configura come una sorta di road movie, che vede Violet cambiare località, usi, costumi, tradizioni e referenti, in basa a dove la porta la sua missione. Come se fossero pezzi di un puzzle o episodi di una raccolta di fiabe, ogni episodio dona a Violet maggiore consapevolezza sulle infinite sfaccettature dell’animo umano. 

Violet Evergarden è una serie lenta e compassata, che vive delle piccole storie e dei relativi problemi che la protagonista si trova a risolvere durante i suoi viaggi: un padre che non sa accettare la morte della figlia, un innamorato che non sa dichiararsi, una famiglia che non riesce a superare tensioni nate in un lontano passato. Poco presente, almeno in questa prima stagione, è la descrizione del rapporto tra Violet e colleghe dell’ufficio, mentre due intere puntate sono dedicate ai suoi trascorsi militari (e arrivano proprio al momento giusto).

Su tutto però svetta una realizzazione tecnica strabiliante, che rende Violet Evergarden una serie “da vedere” anche se non si è interessati alla trama raccontata: la fluidità delle animazioni, la ricchezza dei dettagli, i fondali superdettagliati e lussureggianti, l’uso delle luci e dei colori non ha eguali, nemmeno nelle produzioni più recenti e a largo budget. Da questo punto (e da molti altri…) la serie sta curiosamente proprio agli antipodi dell’altro anime “forte” di Netflix proposto di recente, quel Devilman CryBaby di cui parlammo poco tempo fa.

Sicuramente Violet Evergarden non è una serie per tutti, il suo ritmo lento e compassato potrebbe risultare noioso e indigesto a chi è in cerca di ritmo e azione e tutto sommato anche la storia portante forse avrebbe potuto essere sviluppata meglio, così come la caratterizzazione dei personaggi secondari, eccessivamente bidimensionali e un po’ troppo tirati via da una narrazione che si concentra quasi esclusivamente sulla protagonista. Resta però una serie capace di ammaliare gli occhi e, spesso, colpire al cuore. L’attenzione posta alle parole e alla loro importanza è un tema clamorosamente attuale, specie in tempi frenetici, rumorosi e spesso cacofonici come quelli in cui viviamo oggi: ben vengano quindi Violet e le sue lettere.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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