Nonostante ben pochi ci facciano caso, il calembour, ovvero il gioco di parole basato su parole che hanno identica scrittura, ma significato diverso a seconda del contesto, è uno degli strumenti più in uso nella nostra comunicazione. Vi fanno notevole ricorso soprattutto scrittori, pubblicitari, comici e fredduristi e a quest’ultima categoria ascriverei senz’altro Alessandro Pagani, fiorentino, scrittore, musicista, operatore volontario a favore degli animali, animo eclettico, insomma…

Appassionato di letteratura e musica, ha fatto parte durante gli anni ’80 del movimento artistico underground Pat Pat Recorder. Attualmente è batterista del gruppo rock Stolen Apple, che fa del buon rock con venature prog. A ciò si aggiungono tre pubblicazioni, l’ultima delle quali è Io mi libro, edito da 96, rue-de-La-Fontaine Edizioni, che è una raccolta di cinquecento frasi umoristiche, accompagnate da una serie di classifiche personali e da un breve racconto sul tema del sogno che, da quello che si evince, ha molto di autobiografico e si immedesima nell’immagine di copertina, l’autore, novello Icaro, che vola con le ali costituite da un libro aperto.

Riconosco subito ad Alessandro il coraggio nel porsi con un’opera di questo genere in tempi editoriali in cui siamo sicuramente più abituati a vederla collegata ai soliti comici televisivi che, raggiunta un minimo di notorietà, ne approfittano per sfornare libercoli a ripetizione, molto spesso scritti dai loro misconosciuti autori. Il libro di Pagani diverte con leggerezza e, apparente, disimpegno, fornendoci una bella selezione di calembour e freddure a tema, un esempio vale più di mille parole:

A scuola….. “Professore, mio figlio ha sempre la testa tra le nuvole… che mestiere gli consiglia?” “Il metereologo, signora. “Pronto, bar, può portare una birra alla scuola?” -“Media?”

In sanità: Dottore, ho un dolore al petto” – “È il miocardio?”- “No, è il mio!”. “In una sala operatoria di un ospedale ci sono tanti pupazzetti di scimmia appesi. È lì che fanno l’appendiCite”.

O, a ruota libera: “un cinese che piange… è una lacrima sul riso?”, “Coito tergo cum”, “Puoi spostare quel quadro futurista? Da dove? Da lì?” e via così. Non mancano gli ossimori, nei quali l’autore si sbizzarisce in maniera egregia: “cercasi apprendista con esperienza”, “S’è fatto tardi molto presto”, “Sviluppiamo tecnologia militare per scopi pacifici”, “Grazie a Dio, sono Ateo”, etc.

Il rimando principale, per chi di voi ha avuto il piacere di conoscerlo o di leggerlo è Marcello Marchesi, uno dei grandi umoristi italiani che fece di questo tipo di battute e giochi di parole un personaggio squisitamente raffinato, dall’umorismo pungente ed intelligente, quello che per intenderci manca alla maggior parte dei comici che imperversano sui nostri media. Certo, leggere queste battute a freddo, senza un attore che le recita al momento giusto e in un contesto conviviale, può in un certo senso attenuarne l’effetto comico, ma la loro leggerezza ed immediatezza permette comunque di passare un po’ tempo col sorriso sulle labbra. E di questi tempi, credetemi, non è cosa da poco…



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