Futuro: dopo un’imprecisata Guerra Civile, negli USA governa una dittatura totalitaria che impedisce la lettura e il possesso di libri, considerati un pericoloso strumento di libero pensiero e che quindi vengono bruciati da uno specifico corpo di polizia, denominato “Salamandre”. Tra i più valenti esponenti di questa sorta di pompieri al contrario c’è Guy Montag, che sta per ricevere una promozione. L’incontro con una ragazza e l’occasionale lettura di una pagina scritta cambieranno però radicalmente il suo modo di pensare…

Prodotto da HBO e presentato recentemente al Festival di Cannes, Fahrenheit 451, nuova trasposizione cinematografica (sarebbe meglio dire cine-televisiva) del classico di Ray Bradbury, pubblicato a puntate sulla rivista Playboy nel 1953 e nato da un racconto breve dello stesso autore del 1951, The Fireman, edito in Italia in due puntate sulla rivista Urania con il titolo Gli anni del rogo, era uno dei progetti più attesi di questo scorcio di stagione.

È curioso che nel 2018 alcuni classici immortali della letteratura appaiano così freschi e drammaticamente attuali da sembrare che gli autori li abbiano scritti ieri. Capita a 1984 e La Fattoria degli animali, ad esempio, e nemmeno Fahrenheit 451 sfugge a questo “ritorno di fiamma” (letteralmente…). Scritto e diretto da Ramin Bahrani, con protagonisti Michael B. Jordan (Creed) e Michael Shannon, Fahrenheit 451 purtroppo però perde il confronto sia con la sua controparte letteraria, sia con la prima e fino a ieri unica trasposizione cinematografica firmata François Truffaut, che nel lontano 1966 diresse un efficace adattamento del romanzo.

Il film non ha enormi pecche ed è tutto sommato fedele al romanzo originale, fatta salva qualche innovazione non richiesta inerente il setting e l’assenza di alcuni personaggi (in primis la moglie di Montag), ma fallisce completamente nel trasferire allo spettatore il senso di inquietudine provato dal protagonista e non riesce a giustificare e raccontare compiutamente la sua conversione.

In effetti è proprio il mezzo cinematografico a risultare poco efficace, specie se questo non è nelle mani del Truffaut del caso. La regia di Bahrani è sì spettacolare e attenta a valorizzare gli effetti speciali, ma non riesce a conferire ai personaggi nè pathos, nè empatia. Clarisse, ad esempio, la ribelle (pessimamente) interpretata da Sofia Boutella (nuovo mistero buffo dei casting mondiali, al pari di Cara Delevingne) è una figura prevedibile, bidimensionale, priva di personalità e spessore e anche il protagonista della storia, Montag, non riesce mai ad mostrare il lento e tormentato processo che lo porta ad acquisire una coscienza altra rispetto a quella con cui ha convissuto per tutta la vita. Per fortuna che c’è Micheal Shannon, verrebbe da dire, ed in effetti l’unico motivo per degnare di una qualche attenzione Fahrenheit 451 è proprio la sua ottima performance: il suo Capt. Beatty è davvero efficace, sempre oscillante tra dubbi e certezze, dovere e ribellione, comprensione e obbligo.

Nonostante i valori produttivi rispettino gli standard HBO, questa versione di Fahrenheit 451 appare troppo poco convincente per meritare una visione: sembra più un episodio riuscito male di Black Mirror che la trasposizione fedele (o creativa, magari) di un grande classico della letteratura mondiale. È, piuttosto, uno sbrigativo bignami per chi vuole conoscere la storia a grandi linee, ma non riesce nè a darne una visione personale, nè a coglierne il senso ultimo e trasferirlo al pubblico. Forse una serie televisiva autoconclusiva avrebbe permesso una narrazione meno frettolosa e una migliore costruzione di situazioni e personaggi, ma tant’è. Ci piacerebbe sperare che una visione anche distratta possa fungere da volano per l’acquisto dell’originale cartaceo, ma di questi tempi forse è chieder troppo…



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
, , , ,
Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

Similar Posts
Latest Posts from Players