Devo fare una premessa: Spider-Man è il mio supereroe preferito da sempre. Sì, ho più di 30 anni e ho un supereroe preferito: mi sembra di rappresentare la persona tipo che calpesta il pianeta Terra nel 2018, insomma. Ma dicevo, Spider-Man è il mio supereroe preferito ed è un elemento che non si può neutralizzare nel momento in cui ci si approccia a una valutazione critica di un gioco che si chiama Marvel’s Spider-Man.

Già che ci sono, metto le mani avanti e mi lancio subito con un’altra ammissione. Sono uno dei pochi che ha adorato Sunset Overdrive. All’epoca credo di essere stato tra i pochissimi recensori ad apprezzare il precedente gioco di Insomniac uscito in esclusiva su Xbox One. Certo erano altri tempi. All’epoca la console Microsoft era osteggiata e dileggiata in ogni contesto, ben oltre i suoi effettivi demeriti, sulla scia della corrente d’opinione dominante online. Eppure anche questo è un altro elemento da tenere in considerazione, perché lo Spider-Man del 2018 realizzato da Insomniac in esclusiva per PS4 è diretta evoluzione di quel Sunset Overdrive, o almeno di quella concezione che vuole un open world denso, dove anche lo spostarsi dal punto A al punto B sia divertente.

Questo largo giro  introduttivo, che suona tanto come una excusatio non petita, per dire che lo Spider-Man di Insomniac mi è piaciuto, ben oltre quanto fosse prevedibile, nonostante sia afflitto da piccoli e grandi difetti, questi decisamente meno prevedibili. Su tutti, la ripetitività delle missioni collaterali e e la scarsa ispirazione delle boss fight, elementi che in Sunset Overdrive brillavano invece per originalità. Certo, lì c’era la scusa dell’ambientazione folle ed originale, in cui le armi fuori di testa o le situazioni improbabili aiutavano a costruire un contesto molto più libero, in cui veniva più facile osare, ma l’aspettativa era tarata su quel livello.

Il realismo della New York di Spider-Man impone invece un’adesione ad un canone oramai doppiamente consolidato, sia da fumetti/film/serie animate, sia dalla ormai lunga tradizione di open world cittadini, costellati di missioni secondarie e piccoli eventi che contribuiscono da un lato al realismo e dall’altro alla varietà. Ma se alcuni senza dubbio partecipano al quoziente di divertimento, almeno per quanto riguarda le ricompense, come gli zaini che contengono cimeli e ricordi dalle vecchie storie di Spidey, altri si integrano in maniera meno organica nel piacevole svolazzare di qua e di là, ovvero il lato più interessante del gioco e anzi riportano alla mente spiacevoli ricordi della vecchia concezione del sandbox imposta da Ubisoft. Sì, sto parlando delle torri radio da attivare per visualizzare la mappa: per fortuna sono una manciata e una volta completato questo ingrato compito ci si può dedicare ad altro.

Il che non è del tutto vero, perché queste attività collaterali servono a raccogliere punti con cui si sbloccano nuove abilità, costumi ed altri accessori non così tanto trascurabili proseguendo nel gioco, considerando che senza accumulare nuove abilità diventa complicato gestire gli scontri via via più impegnativi. Però, per quanto i difetti piccoli o grandi si notino tutti, si finisce per valutarne il peso quasi esclusivamente a console spenta. Perché dal momento in cui si impugna il pad e si inizia ad oscillare appesi ad una ragnatela, ogni pensiero negativo viene spazzato via, quasi nascosto dietro quel cielo di un azzurro abbagliante che evoca lontani e gloriosi ricordi targati SEGA.

Una volta nei panni dell’alter ego di Peter Parker si finisce per sentirsi davvero come Spider-Man: un adolescente che chiude le preoccupazioni fuori da una maschera sgargiante e che prova gusto nel combattere il crimine newyorkese a colpi di evoluzioni acrobatiche e battute discutibili. Affidandomi a un termine non esattamente tecnico o da addetto ai lavori che mi fa sentire come in un celebre meme, giocare a Spider-Man prende incredibilmente bene. E fa niente se lì fuori è si contano diversi open world che fanno meglio del gioco di Insomniac sotto diversi punti di vista: nessuno di loro è stato in grado di distrarmi dal mondo esterno ed immergermi in uno fittizio come Spider-Man.

L’ho premesso, mi nutro a pane e Spidey da una ventina d’anni, perciò con me il gioco sfonda un portone spalancato, ma non si può negare l’abilità di Insomniac nel coglie appieno l’atmosfera e lo spirito del personaggio, a partire dal comprimario più difficile e ingombrante: New York. La Grande Mela è bellissima e solare, imponente pur nella sua estensione contenuta alla sola Manhattan, verticale e vertiginosa, brulicante di piccole figure indaffarate mentre la si osserva dall’alto.

Tra le vetrate dei grattacieli, le facciate in mattoni rosse o le cassette dei giornali agli angoli delle strade, si finisce immersi nelle vignette di un qualunque numero di Amazing Spider-Man. C’è James Johan Jameson che sbraita contro l’arrampicamuri dalle frequenze del suo podacast. Ci sono i cittadini che si stupiscono di un uomo in calzamaglia che svolazza o che lo riconoscono e lo salutano. C’è la frenesia di una città in continuo movimento, dove solo chi cammina col naso all’insù si accorge di una presenza in rosso&blu che svolazza al di sopra della vita quotidiana. E poi le bande di criminali, pallini rossi sulla mappa che richiamano all’azione.

Mezze tacche e bestioni dalla scarsa brillantezza abbondano. Certo i loro piani di attacco si fanno fin da subito fin troppo ripetitivi, ma l’aumento nel numero e nell’armamentario compensa la mancanza di intelligenza artificiale. Il bello, ancora una volta, è danzare come un ragno umano, coreografare girandole di colpi tra salti, pugni e precisi lanci di ragnatela, in un balletto che è molto più di un semplice calco della serie di Batman realizzata da Rocksteady. È piuttosto la traduzione interattiva delle sequenze d’azione lette su centinaia di pagine a colori, in una costante evoluzione stilistica basata sull’aggiunta di nuove mosse, che di colpo giustifica tutte le attività collaterali e gratifica il giocatore ricompensandolo con la semplicità con cui gli permette di mettere a segno manovre sempre più spettacolari.

Puntando tutto sulla fedeltà, Insomniac ha saputo ugualmente prendersi dei rischi ambientando il gioco in un nuovo universo alternativo, la cui trama è un collage di diverse storie celebri. Il lavoro più azzardato è però quello svolto sui personaggi. Non solo per quanto riguarda l’aspetto estetico, leggermente lontano dal canone classico e per questo forse persino più straniante di una rivoluzione totale, ma anche per ciò che riguarda la caratterizzazione psicologica e i loro legami.

Pur con tutti i suoi limiti, l’avventura messa in scena da Insomniac raggiunge un risultato insperato e in fondo mai sfiorato prima da nessun videogioco dedicato a lancia ragnatele. Marvel’s Spider-Man riesce a cogliere in pieno l’atmosfera dell’universo narrativo a cui si ispira, come forse solo Sam Raimi era riuscito a fare nelle prime due pellicole, trasmettendo la medesima sensazione di genuino stupore non solo ai lettori preparati a ciò che aspetta loro, ma anche a chi non ha mai sfogliato un fumetto in vita. Era da anni che non mi godevo così a fondo le ore passate davanti alla console. In fondo, non serve il videogioco perfetto per divertirsi, ma uno che sappia trasmettere qualcosa.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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