Almeno cinematograficamente parlando, è stata un’ottima annata: tantissimi film d’autore di grande interesse, ottime edizioni dei Festival più celebri (Venezia, oramai diventato leader europeo a scapito di Cannes, dove però arrivano comunque i film migliori, Toronto, Berlino, etc.), anche un paio di blockbuster non sono stati male, con Black Panther che si è rivelato come l’equivalente “sociale” di Wonder Woman l’anno scorso. Unico, solito, assente ingiustificato è il cinema italiano, che produce film completamente inutili che peraltro nessuno va a vedere (fatta eccezione per l’ottimo Lazzaro Felice e per un altro film che inseriamo in top 20, che però, appunto, confermano la “regola”) . La piccola parentesi positiva di qualche anno fa si è subito richiusa e all’orizzonte non si vedono grosse novità. Per fortuna chi ama il cinema è cosmopolita, ignora le bandierine e sa dove andare a pescare i film migliori…

Summer 1993: Ragazzina già orfana di padre, perde la madre a sei anni e trascorre l’estate con gli zii, che diventeranno i suoi nuovi genitori. L’elaborazione del lutto (in una età cruciale, dove si inizia a capire e a ricordare) in un film dal passo lento ma affascinante. Ragazzina protagonista STRAORDINARIA.

La casa sul Mare: Guédiguian gira lo stesso film da trent’anni eppure riesce sempre a raccontare qualcosa di nuovo. Oramai a fare cinema civile ed etico son rimasti lui e Loach, speriamo resistano ancora un po’.

Il Prigioniero Coreano: Kafkiano, annientante, bellissimo. “Dove c’è una forte luce c’è sempre anche una grande ombra“.

First Reformed: Gigantesco Schrader, che firma uno dei migliori film del 2018 mescolando Dio, chiesa, ambiente e solitudini personali. Tutto inappuntabile, pure i difetti. Ultimi dieci minuti di pura angoscia. Ancora grandissima A24, oramai garanzia di qualità.

Girl: Lui vuole diventare a tutti una lei per poter coronare il sogno di ballare. La performance di Victor Polster (ma di tutto il cast, il padre e pure il fratellino sono eccezionali) è sbalorditiva e la storia riesce a essere educativa e appassionante. So per chi tifare per il prossimo Oscar al miglior film in lingua straniera.

Upgrade: Trent’anni dopo, il Robocop di Paul Verhoeven ha finalmente un degno erede.

Searching: Sicuramente il thriller più originale dell’anno, tesissimo e con un finale pienamente convincente. Un film figlio di questi anni, che conferma che bastano un paio di ottime idee per sopperire a budget risicati.

The Guilty: Incredibile thriller telefonico, girato in in tempo reale (tipo Locke con Tom Hardy, ma questo è molto meglio), in due stanze e un corridoio, con un protagonista pazzesco. Cinema nordico al suo meglio. Lo script è incredibile, mi aspetto a breve un remake americano con attore bravo (ma molto).

Thelma: Strepitoso psico/thriller/drama/horror norvegese, uno dei film più ansiogeni e raggelanti visti di recente. Protagonista meravigliosa, regia impeccabile, script al bacio. Onore alla Norvegia che lo ha pure candidato agli Oscar.

Private Life: Lei & Lui, entrambi over 40, vogliono un figlio a tutti i costi: le difficoltà non mancheranno. Strepitoso ritorno per Tamara Jenkins, già autrice dell’incredibile La famiglia Savage, che tira fuori dal cilindro la commedia (amarognola)  dell’anno nonostante il tema sia visto e stravisto. I dialoghi sono al livello del miglior Woody Allen, Giamatti e Hahn sono perfetti e ci sono almeno una mezza dozzina di sequenze memorabili.

Cold War: Meraviglioso:lei, lui, la musica, tutto. Pawlikowski non sbaglia un colpo.

Shoplifters: Cannes incorona giustamente un film splendido che racconta l’altra faccia del Giappone, quella degli emarginati, dei reietti e dei perdenti che però non difettano di inventiva, dignità e coraggio. Applausi a tutti. 

Roma: Non è la capitale italiana, ma un quartiere di Città del Messico, teatro della vicenda. Alfonso Cuarón, passa dallo spazio al pianeta Terra e da grandi a piccoli budget, ma funziona sempre.  Leone d’oro alla 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, disponibile su Netflix a brevissimo (ma è passato anche in sala per qualche giorno). 

Tully: Pieno di difettucci e sostanzialmente privo di senso ma BELLISSIMO. Migliore OST dell’anno, Theron da Oscar, Mackenzie Davis sempre amabile . Ed ero talmente ammaliato dalla visione che non mi sono accorto del megatwist finale nonostante i tanti indizi sparpagliati qua e là. Reitman torna grande, dopo l’inarrivabile Up in the Air, forse è il suo migliore.

Capri Revolution:Vabbè, clamoroso. É una potentissima e meravigliosa storia di emancipazione femminile, ma Martone ci aggiunge (anche in modo caotico e imperfetto, chiaro, ma sincero e impetuoso) talmente tanti temi, chiavi di lettura e sottotesti (le bizzarre relazioni tra arte e natura, l’ineluttabilita’ del destino, l’eterno conflitto tra religione e scienza) da renderlo un’opera unica e indefinibile, ambientata in una Capri de-modernizzata, selvaggia e affascinante. Marianna Fontana si conferma l’attrice italiana più talentuosa e carismatica degli ultimi vent’anni.

Blackkklansman: Capolavoro senza se e senza ma. Miglior film di sempre di Spike Lee, che usa tanta intelligenza e tantissima ironia. Subito un Oscar a Driver.

La Ballata di Buster Scruggs: Ovvero La Morte, secondo i Coen. Sei episodi per raccontare come finisce (per tutti, anche se in modi diversi) il Viaggio. Impossibile sceglierne uno migliore dell’altro, visto che sono tra loro al tempo stesso totalmente diversi e drammaticamente identici (certo che il finale di The Girl Who Got Rattled lascia il segno). Il passo breve aiuta parecchio la visione, e che paesaggi incredibili.

Spider-Man: Into the Spiderverse: Chi l’avrebbe mai detto? Il miglior Spider-Man di sempre è un film animato. C’è tutto lo spirito del personaggio, dialoghi brillanti, humour e sequenze strepitose. 

The Cakemaker: Thomas, pasticcere tedesco, intreccia una relazione con Oven, un israeliano sposato che viaggia spesso in Germania per lavoro. Quando Oren muore in un incidente, Thomas va a Gerusalemme per saperne di più sulla sua morte e conosce la moglie, Anat, che guarda caso ha un piccolo locale. Succedono cose. Un film meraviglioso su amore, religione e cibo, dove sulla carta tutto potrebbe andare storto e invece, grazie ad un script perfetto e una regia sensibile, tutto funziona alla perfezione. Protagonisti fantastici. E voglio quei biscotti!

Avengers – Infinity War: A Marvel riesce la cosa più difficile: far stare TUTTI i suoi eroi in un solo film senza sacrificarne nessuno (si fa per dire…) e creare da zero il miglior villain della storia dei blockbuster dai tempi di Darth Vader. Non poco, però adesso vogliamo vedere EndGame

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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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