Anticipato da uno dei più miserabili e patetici pre-show che ricordi, ieri sera, mentre su Rai 2 Freccero introduceva Ultimo Tango a Parigi (affermando che lo stupro nel film non è un atto di violenza, ma di liberazione sessuale…) e su Italia 1 l’ineffabile Hans Landa andava a caccia della bella Shosanna, è finalmente andato in onda Adrian, il “kolossal animato” pensato da Adriano Celentano. Dopo mesi (il primo trailer venne trasmesso durante il quarto di finale disputato fra Francia e Uruguay ai Mondiali di calcio…) di pubblicità sparata a volume (letteralmente) altissimo, com’è Adrian? Prevedibilmente, un’opera poverissima sul fronte tecnico, dallo script risibile e spesso incline a derive trash (più o meno volute). Atroce, insomma.

L’aspetto più imbarazzante è relativo all’aspetto tecnico, tant’è che verrebbe da chiedersi in che mani dove siano finiti i 13 e rotti milioni di euro dichiarati da Mediaset come costo della produzione, e chi siano i 1000 e rotti animatori “sparsi in tre continenti!” assunti per produrre un’opera che sembra un anime coreano di terza fascia realizzato vent’anni fa. Se i tratti di Manara sono sempre gradevoli (solo per quanto riguarda le giovani donne, ovviamente, per il resto si dimostrano incapaci di caratterizzare a dovere gli altri personaggi), a lasciare inorriditi sono le animazioni, che sarebbero da considerare sub standard quand’anche il costo di realizzazione fosse stato un decimo di quanto speso. E’ interessante notare che con lo stesso budget, Studio Ghibli realizzò La città Incantata, tanto per avere un termine di paragone.

Lo script, cui hanno messo evidentemente mano in troppi (da Cerami a non meglio specificati “allievi della scuola Holden” di Baricco, per la quale si prevede un drastico calo di iscrizioni, se i risultati son questi…) è un micidiale pastone che mischia Minority Report, Blade Runner, una mezza dozzina di B-movie di fantascienza, The Lady (la serie culto di Lory del Santo, unica opera cui Adrian ammicca veramente, almeno quanto a resa complessiva e valori generali), musicarelli anni ’60 e thriller complottisti a caso. A dirla tutta, non è che si sia capito molto della storia o del senso generale del progetto, che appare totalmente funzionale alle abituali crociate di Celentano (l’amore, il consumismo, l’ambiente, etc.etc.) ma privo di una qualsivoglia logica o senso.

Ci sono talmente tante cose sbagliate in Adrian, a cominciare dall’essenza stessa del progetto, più simile a un delirio (animato) di onnipotenza del Molleggiato che a un percorso narrativo coerente con un inizio e una fine, che è davvero difficile trovare qualcosa che valga la pena di essere salvato. I dialoghi sono di una banalità terrificante, appiattiscono ogni concetto e il doppiaggio che Celentano fa del suo personaggio è uno dei peggiori mai sentiti (batte persino quello dei film che l’attore e cantante girava negli anni ’80), completamente scollegato com’è dalla (ridotta) mimica della sua controparte animata. L’inserimento delle canzoni durante il pilot è talmente forzato da far immaginare che Adrian sia stato concepito senza storyboard e proposto al pubblico senza montaggio.

La sensazione che si prova osservando Adrian è quello di un progetto pensato e realizzato “all’italiana”, cioè credendo che basti assemblare a caso nomi “importanti” (mettiamoci dentro anche Piovani come autore della soundtrack e pure Benny Benassi, celebre dj e produttore musicale, che ha remixato i brani di Celentano) per ovviare all’assenza di una qualsivoglia programmazione o progettualità. Non stupisce che la gestazione sia stata travagliata e complimenti a Sky per essersi sfilata dal progetto prima della catastrofe (applausi invece a Pier Silvio Berlusconi, che ha compiuto l’ennesimo passo falso di una carriera tragicomica).

Dal momento che spesso l’orrore affascina e intrattiene, a suo modo Adrian, in qualità di freak-show, è quasi divertente e risponde ad alcuni quesiti cui finora nessuno aveva dato risposta (come si bruciano 13 milioni di euro?), ma è davvero difficile pronosticare un radioso futuro per una opera pensata male e realizzata peggio: come avrebbe il buon Grucho “Ho passato una bella serata. Ma non era questa“.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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