È davvero difficile non partire in quarta con un confronto tra questo film d’animazione e Your Name, perché i punti d’incontro tra andamento al botteghino, tematiche affrontate e un certo modo d’intendere l’animazione giapponese oggi sono molteplici. Mi trattengo però e comincio dicendovi che gli esperti di cose giapponesi hanno già grande familiarità con questo spiazzante titolo: prima del lungometraggio animato infatti l’omonimo romanzo best seller di Yoru Sumino è diventato un film live action (che non ho visto) e un manga in due volumi (che ho letto e di cui vi parlerò brevemente in coda).
A visione appena conclusa Voglio mangiare il tuo pancreas mi ha proprio convinto, ma è bene contestualizzare per bene e spiegare perché. Quel che è certo è che come probabilmente  già sospettate, è bene andare al cinema armati di fazzoletti.

Discendente di Love Story e ideale risposta giapponese a The Fault in our Star & filone degli adolescenti malati nello young adult, Voglio mangiare il tuo pancreas ha per protagonista l’esuberante e chiassosa Sakura Yamauchi. Il liceale senza nome protagonista del film è nella sua stessa classe ma non le ha mai rivolto la parola: sempre sulle sue, introverso e perennemente immerso in un libro, vive in completa solitudine una vita spartana, dedicata alla letteratura.

Proprio il suo amore per i libri lo porterà a sfogliare un volume abbandonato su una sedia, nella sala d’aspetto dell’ospedale locale. Solo che sotto la copertina il tomo si rivela essere un diario di convivenza con la malattia. La proprietaria è Sakura, che rivela senza mezzi termini al ragazzo di avere una malattia seria al pancreas e di avere i giorni contati. Non si sa quando, ma presto il suo pancreas smetterà di funzionare e lei morirà.
La reazione distaccata e priva di compassione del ragazzo incuriosisce Sakura, che comincia a tampinarlo e a costringerlo ad accompagnarla a visitare posti e provare ristoranti prima del fatidico giorno. L’improvvisa vicinanza tra i due attira l’attenzione dei coetanei e dell’irruenta e scontrosa amica di Sakura. La verità sulla malattia di Sakura infatti la conosce solo il ragazzo. Prevedibilmente il film vedrà il profondo cambiamento del protagonista, toccato dalla vicinanza con Sakura, legato a lei da una connessione particolare, che evita accuratamente di tramutarsi in un risvolto amoroso vero e proprio.

Premessa necessaria: siano nel campo dell’animazione commerciale che non azzarda nulla e per giunta sulla battutissima pista degli amori&dolori del liceo. Se cercate il capolavoro SF o la shounenata, palesemente state rivolgendovi al film sbagliato.

Voglio mangiare il tuo pancreas è un prodotto con un finale già scritto e un punto di partenza piuttosto stereotipato, eppure è in grado di sorprendere. Talvolta con dei mezzi imbrogli narrativi per fregare lo spettatore e le sue aspettative, talvolta raggiungendo una profondità maggiore di quella del film sentimentale tipo tra liceali giapponesi.
Al contrario di Your Name, che ha un ottimo spunto che va a parare in un risultato convenzionale, Voglio mangiare il tuo pancreas sa trovare qualcosa di suo da dire, soprattutto in merito alla vita di Sakura, in perenne attesa della morte. In un passaggio del film, la ragazza risponde a una domanda del ragazzo sul perché non faccia cose “speciali” nei suoi ultimi giorni e lei gli spiega che ogni giorno ha il medesimo valore di tutti gli altri e non consentirà alla malattia di cambiare questa realtà, godendo delle attività quotidiane esattamente come lui, che d’altronde non conosce il giorno della sua morte. È in questi passaggi che il film dà il meglio di sé, tirando fuori riflessioni personali e non scontate, per quanto più o meno condivisibili e ispirate al vivere inteso come relazionarsi alla comunità che con uno sforzo minimo potremmo far discendere dal confucianesimo. Il punto è che si sente che questo film ha una base narrativa solida, che è basato su un romanzo ben più coerente della sceneggiatura in molti passaggi priva di soluzioni innovative di Makoto Shinkai, che è un ottimo regista ma di certo non un grande sceneggiatore.

Per questo all’uscita dalla sala ero forse più soddisfatta rispetto alla visione di Your Name, a cui va riconosciuto di essere di molto superiore a Voglio mangiare il tuo pancreas in tutto il comparto tecnico. Shinichiro Ushijima è al suo esordio alla regia di un lungometraggio e si vede: il suo lavoro lo fa bene ma manca di personalità, con il film che si dispiega senza scossoni o sorprese, reso ancor più trasparente da un character design senza personalità. D’altronde è chiaro che nemmeno i budget di partenza sono i medesimi. Una piccola nota sull’edizione italiana: il doppiaggio nel complesso mi è sembrato riuscito, con la sola importante eccezione di Giulia Franceschetti nei panni della protagonista Sakura. Un ruolo impegnativo, certo, ma ho trovato per mia sensazione personale la sua interpretazione vocale davvero troppo sopra le righe e artificioso.

Il manga di Voglio mangiare il tuo pancreas  – in Italia lo ha portato DynIt in due volumi. La storia è sostanzialmente quella e il problema sta proprio qui. Certo quando tanti media adattano e riadattano la fonte di partenza l’effetto sorpresa viene un po’ meno, è comprensibile, ma non c’è un’idea che sia una nei due volumi del manga, un guizzo, un che di memorabile. I disegni di Idumi Kirihara sono il colpo di grazia finale: l’anonimato puro, anzi, pura corrispondenza a quel tratto “da manga” universalmente associato al genere, dai meme in su. Un errore strategico grave, quando invece era proprio necessario puntare su una forte personalizzazione per differenziarsi da film animato e live action. Totalmente accessorio.


Questa recensione è stata pubblicata in origine su Gerundiopresente, il blog di Elisa.



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